Volevo vedere l’Africa
È stato editato dalla casa editrice piemontese, L’Araba Fenice Edizioni, nata nel 1991 con lo scopo di “di far rinascere libri importanti, ingiustamente dimenticati dall’editoria di largo consumo”. È un volume elegante nella grafica ed estremamente agile nella lettura, nonostante la ben visibile corposità. Ricorda, altresì, l’accuratezza dei testi di una volta che venivano sfogliati con mano esile e delicata per non arrecar loro danno alcuno. L’autore si chiama Teresio Asola, classe 1960 in quel di Alba (tra merci, venditori, contadini, nonni, nomi, cognomi e memorie ormai perse nelle nebbie medievali), laureato in lingue e manager aziendale. Nonché padre di un’ottima famiglia, la sua, in quel di Torino. Ma più di tutti ed importante assai, scrittore di bella penna e foglio, narratore della miglior tradizione italiana ed italica che nulla ha da invidiare alle letterature degli altri mondi ma da far loro, invece ed assolutamente, invidia. Il titolo, Volevo vedere l’Africa, prelude ed introduce al viaggio “vero” di azioni e parole, con un protagonista “reale” di respiri e gesti ma ed anche “viandante” in un narrativo di norma ir-reale e di ampio respiro. “Swing, cannoni, cammelli e musette. Storia di un giovane, oltre il mare di Alboràn” che posson bastare al lettore ma che non sono sufficienti a rendere la fluidità della lettura e la profondità di sentimento del protagonista che è, al contempo, uno e più di uno ma anche nessuno ed insieme tutti. Eternamente ascrivibile al tempo im-perituro della scrittura che passa, resta e corre già nell’altrove di un tempo indefinito nella sua indefinibilità. Ed è così che il protagonista, Primo, ci rivolge da una foto sbiadita d’oro luccicante uno sguardo dai ritmi d’essenza impenetrabile. Di quell’essenza di colui che sa perché ha visto, sentito, respirato, toccato… Nei ritmi del tempo e delle epoche…. Un romanzo del romanzo e nel romanzo che merita di essere letto perché “semplicemente” di bella scrittura e narrazione. Il che non è poco, assolutamente.
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