Volenterose immagini del consenso
Se un giorno a qualche studioso di storia verrà la voglia o avrà il tempo di cimentarsi nella analisi del periodo che stiamo vivendo, gli ultimi trent’ anni per l’esattezza, gli offriamo per intanto un piccolo consiglio: di non prendere in considerazione solo gli atti ufficiali o i resoconti delle interrogazioni parlamentari,
i discorsi più o meno ispirati o le estenuanti e vacue dichiarazioni di voto di deputati più o meno noti. E le chiassose esegesi di saccenti neocalvinisti che, una volta entrati in Parlamento a furor di popolo, si sono accorti che il loro apriscatole era spuntato. Neanche buono per aprire un barattolo di pelati. Di non dare fiato, insomma, ad una classe dirigente che ha ammorbato l’aria per troppi, lunghi anni. Dovrà interessarsi piuttosto a ripescare vecchi scontrini del supermercato, liste della spesa sempre più corte, annunci di lavoro improbabili, bollette non pagate, buste-paga smagrite. E studiare soprattutto i ritagli di giornale, i rozzi e colorati magazine scandalistici che invadono le edicole, i titoloni sopra le righe, infine l’enorme massa di immagini anche televisive che avevano puntato tutto sul servilismo, sulla cortigianeria, sull’arroganza come stile di vita.
Si renderà conto ad esempio che molto gettonate erano, e tuttora lo sono, quelle immagini che mirano (!) a rappresentare le maschere del Potere, a tentare di scalfire, inutilmente, quei volti cerei che gestiscono direttamente il potere. Con la loro particolare mimica, i loro tic, il loro malcelato cesarismo. Come se qualcuna delle innumerevoli fotografie di Andreotti ingobbito e sornione o di un Brunetta alla maniera di Fanfani potesse avere una qualche funzione catartica, manco fosse un rito ‘voodoo’. Ma i governi non sono mai caduti per una fotografia. Ci sono cascati invece i giornalisti di ‘Libèration’, il quotidiano francese che sei mesi fa ha sbattuto in prima pagina un ritratto del nostro ex Presidente del Consiglio sotto l’inequivocabile titolo ‘Il ritorno della mummia’. Se volevano farci un piacere, non ci sono riusciti. Per tanti motivi. Uno di questi potrebbe riguardare il rinomato tratto caratteriale degli italiani, la sua originalità, la ricercata complessità mentale che tende a manifestarsi in qualsivoglia occasione. Sicuramente diverso da quello di altre popolazioni che già in tempi non sospetti avevano fatto i conti con la propria storia e la propria indipendenza. E l’Italia, cosa per niente secondaria, quei conti non li ha mai fatti essendo stata per molti secoli una terra di conquista.
Tutte queste peculiarità stanno a significare anche una predisposizione, una assuefazione a certi tipi di trattamenti, di prevaricazioni, di violenze al limite dell’immaginabile, che portano istintivamente ad una subalternità di pensiero, inevitabilmente vincolata ai modelli dominanti. E come corollario, ad una indiscutibile involuzione nei rapporti tra Stato e governati, tra chi ha il Potere e chi non lo ha, rimanendo così per sempre dei sudditi-bambini, mai cresciuti, mai promossi a rango di ‘cittadini’. Determinando così un automatico ‘serrare le fila’, legandosi sempre di più al Potere. Sembra allora che una parte cospicua del paese coltivi ancora adesso una inguaribile e caparbia ‘corrispondenza di amorosi sensi’ verso i ‘padroni del vapore’, riproducendo il caratteristico riflesso pavloviano. Quella che una volta si sarebbe definita ‘la maggioranza silenziosa’, che si abbeverava alle pagine rancorose del ‘Corriere della Sera’ o del ‘Giorno’, che ringhiavano tutto il loro disprezzo contro gli studenti o gli operai dell’autunno caldo o che puntavano sicuri il dito contro gli anarchici all’indomani di Piazza Fontana, quella maggioranza è ancora tutta qui, ben presente e abbarbicata nel cuore della Repubblica. Che si arrampica schiamazzando sulle scalinate dei tribunali, che scaricherebbe volentieri l’intero caricatore di una ‘Luger’ sui negri, che vagheggia (pure) il presidenzialismo. Che declama automaticamente l’insostenibile fuffa dell’ ‘amore che vince sull’odio’.
Le immagini dell’ex Presidente del Consiglio e delle sue volenterose appendici che in tutti questi anni sono tracimate dai giornali, dalle riviste, dalle televisioni, hanno avuto indubbiamente un ruolo. Il pensiero corre a tutta quella galassia di inarrivabili periodici mediamente ‘rosa’, ai libri fotografici che hanno celebrato lui e la sua famiglia, ai dozzinali programmi televisivi che parlano alla nostra cattiva coscienza. Gli zelanti esecutori che ogni giorno apparecchiano una tv fatta di casi umani e malsani battibecchi sul nulla hanno dato la stura ad una umanità portinaia che ciarla di corna e sospetti, veicolato e preparato il terreno giorno dopo giorno ad una certa idea di famiglia, di rapporti tra i sessi, di relazioni tra individui sostanzialmente conservatrice e oscurantista. ‘Voi siete come noi’ ci dicono le nostre ‘marie-de-filippi’ quotidiane. ‘Voi potete essere come me’ dice lui da più di vent’anni. Il risultato di tutto ciò è una collettività cinica ed esacerbata, una società involgarita ed isterica, unita da interessi puramente mercantili. Una società a sua/loro immagine e somiglianza, nella quale il motto ‘do ut des’ verrà prima o poi stampato a caratteri dorati, a mo’ di incipit, nella nostra Costituzione.
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