VIVIAMO A SCROCCO DEI NOSTRI NIPOTI SENZA RIMORSI
In questi giorni quasi tutti i media parlano di “Earth Overshoot Day” del Pianeta Terra. Tanti sono i siti web specializzati nel calcolo della data esatta per ogni singolo Paese. Mediamente, alla data del 28 luglio abbiamo divorato tutte le nuove risorse naturali generate dal Pianeta Terra, e da quella data fino alla fine dell’anno 2022 consumiamo a scrocco dei nostri nipoti senza rimorsi, almeno la maggioranza della popolazione mondiale, i così detti Paesi Sviluppati del mondo occidentale. A ricordarcelo è l’Earth Overshoot Day 2022, la giornata simbolo del sovrasfruttamento della Terra. La data è calcolata annualmente dal Global Footprint Network a partire dai dati ufficiali, forniti dalle Nazioni Unite, su impronta ecologica e biocapacità dei vari Paesi.
Non bisogna scomodare i due polli di Trilussa per capire che questa è una data media, calcolata partendo dai diversi Paesi che vanno a costituire il Pianeta Terra. Per l’Italia l’Earth Overshoot Day l’abbiamo passato già da qualche mese, è stato il 15 Maggio, a dimostrazione di quanto rapidamente consumiamo le risorse che dovrebbero bastarci per l’intero anno. In altre parole, per rigenerare tutto quello che l’umanità consumerà quest’anno ci vorrebbe la biocapacità di 1,75 Terre. Circa 3 miliardi di persone – secondo il Global Footprint Network – vivono in Stati che mangiano più cibo di quello che riescono a produrre. Tra questi l’Italia.
Nell’anno 1972, anno di pubblicazione del celebre Rapporto commissionato dal Club di Roma al MIT di Boston dal titolo “The Limits to Growth“, malamente tradotto in italiano con “I Limiti dello Sviluppo“, l’Earth Overshoot Day era caduto il 10 dicembre. Non serve fare calcoli sofisticati per capire quanto danno abbiamo fatto al Pianeta Terra in soli cinquanta anni, in termini di consumo di risorse primarie accumulate in milioni di anni. Questo nostante il clamore suscitato dal fomoso libro “I Limiti dello Sviluppo”, trattato ampiamente da Velletri 2030 nelle News del 28 Febbraio, 2022. La pubblicazione ebbe un gran riscontro, ma con un consenso notevolmente contrastato perché fu diversamente considerato e accettato il ricorso al concetto di limiti alla crescita e, tanto meno, allo sviluppo. Tra i primi a riconoscere la validità delle tesi del Rapporto furono i movimenti ambientalisti, figli abbastanza diretti del 1968.
Nonostante tutti i danni arrecati al Pianeta Terra, si continua a identificare il progresso dell’umanità con la quantificazione monetaria della crescita economica, l’indicatore PIL (Prodotto Interno Lordo). In Italia il PIL cresce più che altrove, peccato che i poveri aumentano. E’ l’effetto paradossale di crescita e inflazione galoppante: aumenta il PIL e aumentano le diseguaglianze fra ricchi e poveri. Velletri 2030 nel suo piccolo ha proposto con diverse pubblicazioni l’introduzione degli indicatori BES (Benessere Equo e Sostenibile) per misurare il benessere percepito dai cittadini, adattati alla realtà locale. Un famoso aforisma di Sir David Attenborough, naturalista e divulgatore scientifico, recita: “Chiunque creda nella crescita illimitata su un pianeta finito, fisicamente limitato, o è pazzo o è un economista”. A monte ci sono scelte politiche ed abitudini alimentari che avanzano da decenni: ad esempio si è passati dalla produzione di frumento per la produzione di farina, pane e pasta ad uso umano a quella di mais per la produzione di mangimi per allevamenti animali, quando il mais necessita di consumi d’acqua molto maggiori; si sono introdotte coltivazioni non autoctone come il kiwi – del quale siamo tra i primi produttori al mondo – quando questa frutta necessita di grandi quantitativi di acqua; al tempo stesso in molte zone agricole non si è provveduto ad ammodernare i sistemi di irrigazione per puntare al risparmio idrico.
In un recente Post su un Blog molto diffuso, l’economista e saggista Loretta Napoleoni dice: “All’elettorato si continua a offrire l’ossicino del tasso d’interesse mentre tutt’intorno il mondo brucia. La stampa ignora il tema del clima e si focalizza sulle promesse monetarie dei contendenti. Si parla sempre e solo di soldi, vuoi sotto forma di accesso al credito, tassazione o investimenti. Ma il denaro è solo un mezzo di scambio, non ha valore da solo e presto ce ne renderemo conto quando il clima ridisegnerà la mappa alimentare del mondo. Ai giovani che in questa estate torrida scendono in piazza domandando giustizia climatica viene voglia di dire che manifestare non basta, c’è bisogno di una rivoluzione culturale che coinvolga tutti, anche i genitori e i nonni, c’è bisogno dello “shaming”, la messa alla gogna del consumismo, di chi guida i suv, di chi viaggia in jet privato, di chi fa i video su TikTok incitando al consumo, e così via. Bisogna reinventare i modelli di vita e bisogna farlo secondo i criteri della giustizia climatica“.
Come salvarsi da una situazione di sovra sfruttamento delle risorse? Innanzitutto abbandonando un modello consumistico di società: possiamo farlo ogni giorno adottando delle scelte sostenibili di vita. Pensiamoci quando ci soffermiamo di fronte ai banchi della frutta che ci offrono frutti provenienti da ogni angolo del Pianeta Terra, pronti a comprarli a scapito dei prodotti locali, senza renderci conto dell’inquinamento prodotto per portarli a noi dai Paesi di produzione, distanti diverse migliaia di chilometri. In secondo luogo parlandone e dibattendone, magari organizzando un ciclo di dibattiti a livello locale, che vadano oltre le tesi preconfezionate per affrontare il tema dello Sviluppo Sostenibile, con una visione sistemica e con l’obiettivo di creare una consapevolezza del soggetto. Per questo secondo punto, aspettiamo fiduciosi che anche la politica ne promuova qualcuno, magari dopo le tante sagre estive organizzate a testimonianza di un modello di sviluppo al quale non vogliamo rinunciare.
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