Vite appese ai fili
Questa è la storia di una famiglia, di un mestiere e dell’Italia che cambia a cavallo di due secoli. Questa è la storia di una famiglia che poi UNA non è: tutto ha inizio a metà del 1700 con Gaetano Burzio… Questa è la storia di quattro tra le più stimate famiglie di marionettisti italiani che tra la fine dell’800 e la metà del 1900 si sono legate, ingarbugliate e intrecciate mettendo al mondo figli con lo stesso amore con il quale rappresentavano i propri spettacoli. Questa è la storia dei Burzio, Marengo, Garda e Gambarutti, tutte “Vite appese ai fili”. Tante storie che spesso assomigliano ad un’avventura romanzata dove solo chi è di carne cambia, perché chi è di legno resta intatto e fedele nell’accompagnarci in questo viaggio tra storia, realtà e fantasie ciarlatane.
“Vite appese ai fili” è il titolo di questa mostra, che rimanda al libro scritto da Franco Gambarutti “Una vita appesa ai fili” (ed. Sarina), scomparso a maggio del 2012. Franco Gambarutti è stato uno degli ultimi marionettisti dell’antica tradizione italiana. I fili menzionati sono quelli dei legami familiari e delle marionette, quelle meraviglie di legno che hanno dato vita alla magia del suo teatro dall’800 e che continuano ai giorni nostri con suo figlio Massimo, erede della famiglia d’arte Gambarutti che ai nostri giorni continua a calcare le scene con le proprie marionette.
Una mostra per raccontare sia una tradizione spettacolare che da secoli incanta il pubblico, sia momenti di vite trascorse tra piazze, teatri e set cinematografici, tra gioie e dolori, sempre accompagnate dai fili delle marionette.
L’idea è quella di far entrare bambini e adulti nel mondo delle marionette d’inizio secolo, spiegando l’importanza di questo mestiere che serviva a comunicare in un mondo dove i computer, telefoni e televisioni non esistevano. Quell’andare di paese in paese per portare la cultura “alta” che si respirava in città, ma anche per raccontare gli avvenimenti della cronaca quotidiana, come accadde con il Brigante Musolino… e sullo sfondo un’Italia che cambia tra guerre e tecnologia.
La mostra-spettacolo prende spunto dagli aneddoti raccontati dai protagonisti di questa saga familiare mantenendo inalterata la “maniera” di racconto che, meglio di qualsiasi analisi storico-artistica, descrive questo Mestiere, il modo di rappresentare gli spettacoli e lo stile di vita di questi artisti. Protagoniste saranno le parole del libro di Franco Gambarutti, i ricordi di Massimo Gambarutti, gli appunti scollegati di nonno Nino, ma anche le lettere tra lo zio Giuseppe e il giornalista Cristofori riguardo la situazione italiana dei marionettisti e la biografia di zio Ugo in forma epistolare indirizzata sempre al Cristofori (n.d.r. materiale del Museo Castello dei Burattini di Parma).
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