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Vien voglia di scendere

Gennaio 10
23:00 2011

In questo periodo mi torna spesso nella mente una famosa frase: «Fermate il mondo, voglio scendere». I fantasiosi del pensiero individuano una località universale dove poter scegliere di vivere. La realtà ci colloca in una condizione di non accettazione dello sviluppo della società. Ho sempre sostenuto la necessità della libertà, del rispetto del pensiero degli individui, della moralità sociale, della capacità di modificare il proprio pensiero. L’interesse individuale è incompatibile con la rappresentanza dei cittadini nelle istituzioni.
Le vicende politiche di questi ultimi mesi sono, a dir poco, sconcertanti. Cosa che confonde, è riuscire a capire se i tuoi concittadini riescano ad interpretare le farneticazioni che i nostri politici vivono ormai come una medianicità teatrale. Tutti in cerca di un palco che li esponga come ‘primi ballerini’. Abbiamo assistito a struggenti lacerazioni del pensiero, per sacrificare il proprio “io” agli interessi della nazione. Nessuno ha interesse nella poltrona (cose da Prima Repubblica), ma nessuno da 15, 20, 30 e più anni lascia il seggio. Interessi privati? Giammai! Al massimo posti per fidanzati, familiari, amici (vedi il ministro Brambilla, Bondi e non solo), o una sonante pensione (dopo 35 mesi di Parlamento) alla faccia di quei chiacchieroni di Italiani. Questa è sicuramente ‘la Seconda Repubblica’, un grande business di interessi, affari, intrallazzi, privilegi (tutto ciò che un cittadino paga, per i politici è gratuito) e plastiche facciali. In questo gioco i politici si equivalgono, anche se, nel centro-destra, questo modo di pensiero è molto più radicato.
È diritto di ogni generazione decidere del proprio futuro, non subirne imposizioni ed estorsioni dagli organi di potere. Certo, ad ascoltare sindaci, capigruppo o ministri (Alemanno, Gasparri, La Russa) che parlano di rispetto delle regole o di ordine pubblico, vien da ridere. Sono i ragazzi del ‘boia-chi-molla’, degli scontri di piazza, del saluto fascista (anche oggi) degli anni di piombo. Nonostante ciò il «comunismo che guida l’Italia, le televisioni ed i giornali», gli hanno concesso gli oneri del potere, che democrazia corrotta.
Non voglio celarmi in un moralismo scontato, di chi dal marciapiede critica i passanti. Ho sempre agito e proposto un reale cambio generazionale, che non è solo un fattore anagrafico. Le buone idee sono sempre valide. È necessario che non si gestisca il potere istituzionale per più di due o tre mandati (possibilmente differenziati), vi è un rischio di “democrazia di interesse dittatoriale”. Ogni buon politico ha il suo partito o movimento dove esprimersi, senza condizionare le nuove generazioni nella scelta del proprio futuro. Non meno ambigua la richiesta di dialogo dei big politici. Si può esprimere liberamente un parere, se diverso dal mio sicuramente sbagliato o violento. Una richiesta di ciechi e sordi che ha allontanato le istituzioni dai cittadini nella diffidenza più assoluta, collocando le nuove generazioni al consumo delle proprie idee.
Viene voglia di scendere quando si assiste allo sbeffeggiamento della libertà. Ebbene sì, Wikileaks è colpevole di pubblicare le verità della diplomazia internazionale e dei suoi intrallazzi. Cosa, meglio delle falsità, è in grado di sostenere il buon rapporto tra stati, governi e società? Libertà, rispetto, democrazia, sono solo uno strumento immateriale da concedere ai cittadini. Stati e diplomazie alla caccia del signor Assange, che con la sua azione ha messo in pericolo i rapporti tra stati e sicurezza nazionale. Sarebbe forse più preciso dire: non essendo stati in grado di nascondere malefatte, corruzione, ed interessi nazionali, perseguiti in un contesto internazionale e carenti di protezioni sociali ed informatiche, chi ne è entrato in possesso lo ha comunicato ai cittadini, mettendo alla berlina e nel ridicolo politici e diplomatici che credono di camminare su un piedistallo posto sulla testa dei cittadini.
In questi periodi abbiamo ascoltato giornalisti è politici che dichiaravano: «Wikileaks ha pubblicato …»; «Wikileaks ha scritto …»; come se quello pubblicato sia supposizione o interpretazione dell’organizzazione, e non – al contrario – documenti di chi li ha prodotti. Chiaramente in assenza della cattura di Bin Laden (grande imprenditore che permette lo sviluppo di armi intelligenti delle nazioni evolute), ci accontenteremo di Assange per garantire la sicurezza internazionale. Certo in un mondo dove falsità ed interessi sono alla guida delle nazioni, dove l’esposizione della verità è sinonimo di pericolo internazionale, forse è il caso di scendere.

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