Versi inutili e altre inutilità
Il libricino, in copie numerate, comprende appena tre poesie, ma è prezioso anche per la veste grafica elegantissima e le illustrazioni raffinate di Marco Vagnini. Tortorici, professore e studioso di letteratura italiana con importanti pubblicazioni, è giunto alla poesia inseguendo un distillato di vissuto letterario. La presentazione del libro (che, si noti, non ha prefazioni o postfazioni) è stata in carattere con la novità dell’opera; lo stesso poeta ha letto con vibrante passione le tre poesie che hanno il ritmo musicale ed incalzante di una ballata, però dai toni tragici o provocatori, come a scuotere coscienze in sonno. Lo spunto è il golpe cileno di Pinochet e la notte della democrazia, antesignana di tante altre notti sempre più vicine a noi «ed era una notte – lo so – diversa da questa. Ma ciò / non toglie che adesso / il buio dilata, torbido / com’è, le nostre pupille e non sappiamo se quando / sarà tornata la luce vedremo davvero di più o se saremo / ciechi ancora.» Il pubblico, troppo stretto nella stanzetta, pendeva, affascinato e colpito dalla narrazione densa, fino a scoprire una speranza in «testardi versi inutili», «Parole, che bella scoperta! Parole, / però, che l’hanno durata e alla fine / saranno, che lo facciano apposta o no, testimoni / di questa notte dove ora siamo, di questo buio che il tempo avrà fatto / passare, prima o poi.». Con questo piccolo gioiello, che sorprende per novità e leggerezza, pur nella dolorosa tematica, la poetica di Tortorici, dopo La mente irretita e I segnalibri di Berlino, si affina ancora, fino a raggiungere la meta: un approdo ad una sorta di filosofia della poesia, ad una teoria tutta particolare della ‘inutilità’ di essa poesia come arma, apparentemente assurda, ma l’unica efficace, per sconfiggere la notte che (nella quale) stiamo vivendo. Novità assoluta anche nella presentazione fuori canone; senza relazioni superflue e convenevoli di circostanza, rimane un’intima commozione e la sensazione di aver partecipato davvero. Anche il cronista ha respirato l’aria nuova; tanto che il resoconto, per trasporto, è diventato quasi recensione.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento