Verità per il Guatemala
L’ex presidente del Guatemala Ríos Montt nonché ideatore dell’operazione tierra arrasada che portò alla distruzione dei villaggi e allo sterminio delle popolazioni indigene, sarà processato insieme all’ex generale Rodríguez Sánchez per genocidio. Dal 1960 al 1996 il Guatemala è stato il teatro di un pesante conflitto interno che ha visto l’uccisione e la scomparsa di 200.000 persone che, secondo la Commissione per la verità e la riconciliazione, sono avvenuti quasi totalmente sotto la presidenza di Ríos Montt (in carica dal marzo 1982 all’agosto 1983).
Negli anni ’70 e ’80, in piena guerra fredda, le popolazioni indios, accusate di difendere i guerriglieri e di collaborare con i movimenti rivoluzionari, sono state attaccate violentemente per ordine del potere militare, sostenuto dal mondo industriale e borghese dell’epoca e soprattutto appoggiato in nome dell’anticomunismo dagli USA e dall’amministrazione Reagan. Il rapporto finale pubblicato nel 1999 dalla Commissione per la Chiarificazione Storica, intitolato Guatemala la memoria del silenzio, ha documentato la brutalità e la violenza perpetrate ai danni delle popolazioni maya, che costituiscono l’83 per cento delle vittime della guerra, di cui il 25 per cento donne e il 18 per cento bambini. Il 93 per cento delle atrocità commesse durante la guerra civile sono opera diretta delle forze armate governative ma, nonostante ciò, l’accordo di pace stipulato il 29 dicembre 1996 ha proclamato un’amnistia generale che riguarda anche i militari responsabili del 97 per cento delle uccisioni. Coloro che si sono macchiati di questi crimini non solo sono rimasti impuniti ma l’esercito guatemalteco si rifiuta di mettere a disposizione documenti e archivi che potrebbero essere utili ad aprire ulteriori indagini. L’anno precedente alla pubblicazione del rapporto, precisamente il 26 aprile 1998, in un clima pesante di minacce e intimidazioni, monsignor Juan Gerardi è stato ucciso due giorni dopo la pubblicazione del suo volume Guatemala: Nunca más, un rapporto su 55 mila casi di violazione dei diritti umani compiuti durante i 36 anni di guerra civile, che indicava come responsabili del 90 per cento dei crimini gli stessi militari. L’ex dittatore Ríos Montt, ora obbligato agli arresti domiciliari, forse sperava nell’amnistia prevista dalla Ley de Reconciliación Nacional che presume l’estinzione della responsabilità penale per i delitti politici commessi durante gli anni del conflitto armato. L’accusa, mossa dal procuratore Manuel Vazques e supportata da una grossa documentazione, è di essere il diretto responsabile, poiché a capo del comando militare, di almeno 100 massacri in cui hanno perso la vita quasi 1800 persone mentre altre 29 mila sono state obbligate ad abbandonare le proprie terre. Ríos Montt, tramite il suo avvocato Danilo Rodríguez (ex militante delle Far) si difende affermando di non aver mai ordinato lo sterminio dei maya e di non essere a conoscenza dei massacri compiuti dalle Pac (Patrullas de Autodefensa Civil). Questo processo, così come le condanne (del 2 agosto 2011 e del 21 marzo 2012) di 9 soldati per la strage di Dos Erres (6 dicembre 1982) in cui sono stati uccise 201 persone e quella ordinata dal Plan de Sanchez (luglio 1982) che ha visto come vittime 268 nativi Maya-Achí, costituiscono un chiaro messaggio per i colpevoli di questo olocausto che fino ad oggi hanno goduto dell’impunità e per il presidente in carica Otto Pérez Molina, direttamente coinvolto nello sterminio e il cui nome compare in due piani militari (Plan Victoria 82 e Plan Sofía) orditi per l’eccidio della popolazione del Triangulo Ixil. Per il Guatemala questo è in assoluto il primo processo per genocidio che rievocherà un passato terribilmente penoso ed angosciante e porterà alla luce le spregevoli responsabilità di mandanti ed esecutori, il tutto per un bene ultimo e indispensabile: la verità.
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