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Velletri2030 News – SPAZZATOUR

Novembre 23
22:24 2018

Ai Partecipanti Velletri2030,


Trasporti e mobilità, gestione idrica, gestione dei rifiuti: andamento troppo lento nelle performance ambientali delle città italiane. Con alcune sorprese, anche inaspettate.

È in sintesi la fotografia scattata da Ecosistema Urbano 2018, l’annuale rapporto di Legambiente, presentato a Milano lo scorso 29 ottobre e realizzato con il contributo scientifico di Ambiente Italia, la collaborazione editoriale de Il Sole 24 ore e con un contributo di ISPRA sui corpi idrici. Veramente un bel Rapporto, pieno zeppo di dati, con una infografica che da una visione immediata della situazione,  scaricabile da:

https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/dossier_ecosistema_urbano_2018.pdf

Quella urbana è una grande questione nazionale. E non si può lasciare solo alla capacità e alla buona volontà di questo o quel sindaco la scelta se affrontare o meno – e con efficacia – criticità, inefficienze, emergenze. Dalle amministrazioni locali si deve certamente pretendere molto più coraggio, molta più discontinuità e capacità di innovazione, ma nello stesso tempo è il Paese che deve fare un investimento politico ed economico e mettere tra le priorità di governo un piano per traghettare le città, tutte insieme e non una alla volta, al di là delle secche in cui sono finite.

Su alcuni fronti le politiche ambientali nelle città italiane migliorano anche in modo inaspettato, come nel caso dei rifiuti e dell’economia circolare, su altri, ancora troppi, c’è molto da lavorare. Spesso è stata l’Europa a costringerci a darci da fare e a spingerci verso buone politiche ambientali. Se Milano ha inaugurato il suo primo depuratore 15 anni fa è grazie alla condanna europea. Se Roma 5 anni fa ha chiuso finalmente la discarica di Malagrotta, lo si deve alla pressione delle multe comunitarie. L’auspicio è che nel futuro non ci sia più bisogno di condanne alla Corte di giustizia europea ma che si possa contare su una strategia nazionale all’avanguardia, come fatto ad esempio sulle leggi italiane per la lotta all’inquinamento da plastica.

I temi della sostenibilità urbana sono finalmente affrontati tenendo ben presente il profondo intreccio che li lega, e guardando ai goal fissati dall’Agenda 2030. Che è poi quello che da qualche anno propone Velletri 2030. L’idea di una città accessibile, la valorizzazione del patrimonio culturale antico e moderno, la rigenerazione di spazi periferici marginali e degradati, la valorizzazione di alcune aree naturali, la promozione di nuovi stili di mobilità, dell’intermodalità, della sicurezza stradale. Elementi di una scommessa contemporanea decisiva che non può più rinviare azioni sinergiche per riequilibrare il rapporto tra aree verdi e ambiente costruito, riprogettare i servizi di mobilità, il ciclo delle acque e dei rifiuti mirando a efficienza e circolarità delle risorse, modernizzare le reti infrastrutturali, ridisegnare lo spazio urbano in funzione della soddisfazione dei cittadini e insieme della mitigazione e dell’adattamento al rischio clima e ai fenomeni naturali estremi, del benessere, dell’inclusione sociale, dell’accessibilità, della salute e della qualità della vita e considerare tutti questi aspetti interdipendenti e non isolatamente, integrando verticalmente i diversi livelli di governo e orizzontalmente le diverse competenze settoriali. La città vista come un “sistema di sistemi” per usare una terminologia tanto cara a fisici e matematici che si occupano di teorie dei sistemi complessi.

Novità del Rapporto di quest’anno è l’analisi della capacità dei Comuni di smaltire i propri rifiuti nel proprio territorio, che sarà oggetto di un approfondimento completo il prossimo anno. Per ora il Rapporto pubblica un’anticipazione dello spazzatour – il viaggio dei rifiuti verso luoghi lontani da quello dove sono stati prodotti. Interessante lo spazzatour dei rifiuti prodotti dalla città di Roma, che fa fare ai propri rifiuti un vero e proprio giro turistico in Italia e all’estero: ad esempio i resti di un’insalata consumata vicino al Colosseo possono arrivare a centinaia di chilometri di distanza e complessivamente decine di migliaia di Tir e convogli ferroviari nel 2017 hanno trasportato scarti romani verso la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Puglia, il Veneto o addirittura oltre confine, nella città di Vienna che ghiottamente li usa per alimentare il loro termovalorizzatore sito nel centro della città. Elaborando i dati Ama è stato stimato che su 100 sacchetti di spazzatura gettati dai romani ben 44 vengano portati a spasso verso altre province e regioni.

E Velletri che ne fa dei propri rifiuti? Consultando il sito web di Volsca Ambiente e Servizi SpA si possono trovare dati molto confortanti sul fronte della percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti, circa il 76%, nettamente superiore alla media nazionale, con circa il 100% di cittadini raggiunti dal servizio di raccolta dei rifiuti porta a porta. La raccolta differenziata delle frazioni di singoli rifiuti è una delle azioni preliminari per favorire un riciclaggio di alta qualità e con percentuali elevate. La percentuale di materiali riciclati aumenta considerevolmente quando i Comuni introducono sistemi di raccolta porta a porta – che forniscono maggiori livelli di riciclaggio e una migliore qualità dei materiali riciclabili – e un sistema di tariffazione puntuale calibrato sull’effettivo rifiuto prodotto, che speriamo venga introdotto anche a Velletri.Ma dove vanno a finire i rifiuti raccolti a Velletri? Su questo fronte mancano i dati sulla loro destinazione finale, e quindi sullo spazzatour. Coloro che sono affetti dalla sindrome NIMBY (Not In My Back Yard – Non nel mio cortile) sono soddisfatti, per loro lo sviluppo sostenibile e l’impatto ambientale si fermano sull’uscio di casa. Il calcolo delle esternalità conseguenti allo spazzatour, traffico generato dai mezzi di trasporto, CO2 rilasciato in atmosfera, consumi energetici, etc., non hanno valore. Basta credere che sono spariti nel nulla.

Forse quello di cui abbiamo bisogno è la valutazione su basi scientifiche, non ideologiche, della sostenibilità ambientale delle diverse soluzioni proposte per il trattamento delle diverse tipologie di rifiuti, integrata nel territorio e capace di generare e distribuire valore. Bisognerebbe  superare l’incoerenza in base alla quale si vuole realizzare l’economia circolare ma non si vogliono gli impianti di trattamento e riciclo dei rifiuti, di qualsiesi natura.

Il pacchetto sull’economia circolare stabilito dall’Unione europea si fonda su riuso, riciclo, recupero energetico. La transizione verso l’economia circolare può creare nuove opportunità occupazionali sia per lavoratori con una bassa o media specializzazione, sia per professionalità ad elevata qualificazione. La realizzazione del concetto di economia circolare richiede degli interlocutori istituzionali scrupolosi e combattivi nelle richieste ma lungimiranti e con una visione di futuro per la Comunità che sono chiamati ad amministrare. L’innovazione tecnologica non riguarda soltanto la corsa all’ultimo modello di smartphone.

“Il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare”. (Papa Francesco, Enciclica Laudato Sì, paragrafo 22)

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