Velletri2030 News – ISTRUZIONE E FORMAZIONE
In Italia, la quota di ragazzi iscritti al terzo anno delle scuole secondarie di primo grado (terza media) che non raggiungono la sufficienza nelle competenze alfabetiche è il 34,4%, in matematica del 40,1%. Tra gli studenti delle seconde classi delle scuole superiori di secondo grado (licei), il 33,5% non raggiunge un livello sufficiente nelle competenze alfabetiche e il 41,6% in quelle numeriche. Le differenze regionali sono ampie.
E’ quanto si legge a pagina 84 dell’ultimo aggiornamento ISTAT “Rapporto SDGs 2019 – Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia” presentato il 17 Aprile 2019 e liberamente scaricabile da:
https://www.istat.it/it/archivio/229565
Sapevamo dall’indagine OCSE 2013 “Programme for the International Assessment of Adult Competencies”(PIAAC) sulle competenze degli adulti, che l’Italia era agli ultimi posti tra i Paesi più sviluppati: solo il 30% circa degli italiani tra i 16 e i 65 anni raggiunge un livello accettabile nella capacità di comprendere un testo, mentre un altro 30% non è in grado di sintetizzare un’informazione scritta, può solo svolgere compiti semplici e ripetitivi. Speravamo che la situazione cambiasse, con l’aumento della scolarizzazione, ma ISTAT ci dice che non è così, nonostante l’impegno di tanti docenti anche di fronte alle difficoltà dell’integrazione: un terzo dei giovani tra i 13 e i 15 anni (la metà in alcune regioni del Sud) non capisce quello che legge e meno ancora sono quelli in grado di risolvere semplici problemi matematici.
Una fotografia impietosa della realtà che favorisce le diseguaglianze sociali e il riflusso all’interno di categorie sociali definite dalla nascita, abolendo di fatto le possibilità che dovrebbero essere offerte da quello che si usa chiamare “ascensore sociale”, uno strumento che dovrebbe permettere ai figli delle classi meno abbienti di poter studiare per entrare a far parte delle classi più abbienti. La realtà è che una vasta parte delle nuove generazioni per carenze scolastiche, povertà, mancanza di opportunità, è condannata a rimanere ai margini e non è attrezzata per affrontare le sfide del domani. Da questa allarmante constatazione bisogna partire per trasformare i giovani in costruttori di futuro e magari anche per riuscire a richiamare i tanti che hanno cercato migliori prospettive all’estero. E’ una sfida per la politica, per l’Italia e per l’Europa mettere al centro il tema dell’istruzione e della formazione, rimettendo in moto la scuola e gli ascensori sociali. Purtroppo se ne parla poco.
Lo scorso 2 Maggio, la Camera dei Deputati ha approvato quasi all’unanimità, senza nessun voto contrario ed in prima lettura, una proposta di legge dal titolo “Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’Educazione Civica”. Il voto unanime della Camera segue la presentazione nei mesi scorsi di provvedimenti aventi per oggetto l’educazione civica da parte di parlamentari di tutti gli schieramenti politici.
Particolarmente rilevante è l’articolo 3 della proposta di legge che contiene una delega al Ministero dell’Istruzione per definire le linee guida per l’insegnamento dell’Educazione Civica, tenendo come riferimento alcune tematiche tra cui la Costituzione, il funzionamento delle Istituzioni italiane, europee e internazionali, l’educazione alla cittadinanza digitale, ambientale e allo sviluppo ecosostenibile, alla legalità e al contrasto delle mafie, alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni e un focus sulla formazione di base in materia di protezione civile. La proposta di legge sulla introduzione dellaEducazione Civica vincola il Ministero dell’Istruzione ad inserire l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile tra le tematiche che il Ministero deve considerare nell’adozione delle linee guida per l’educazione civica. Con l’auspicio che già per il prossimo anno scolastico l’educazione civica sia materia d’insegnamento, parliamone e prepariamoci leggendo il disegno di legge, liberamente scaricabile da:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/DDLPRES/0/1108181/index.html?part=ddlpres_ddlpres1
Lo scorso 10 Maggio, un mare di studenti ha riempito piazza del Campidoglio, a Roma, per partecipare al primo “Villaggio per l’educazione ambientale“, un’iniziativa promossa dal Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e il Comune di Roma. E’ una giornata importante ed emozionante, ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa. “L’entusiasmo e la partecipazione dei ragazzi presenti oggi ci dimostra che un nuovo modo di concepire il nostro stile di vita, mettendo al centro il rispetto per l’ambiente, adottando comportamenti sostenibili nella quotidianità, è oggi possibile ed è l’unnica speranza che abbiamo per salvare il pianeta terra. Da rappresentante delle Istituzioni, come anche da privato cittadino, avverto forte questa urgenza, e consapevole che ogni rivoluzione non può che partire dai piccoli gesti quotidiani, credo sia importante promuovere il più possibile, nelle scuole di ogni ordine e grado, l’educazione ambientale”
“In Italia solo circa il 3,5% del nostro PIL è dedicato all’istruzione. La formazione deve tornare al centro dell’agenda del Paese. Il tema è in secondo piano da troppo tempo ma è qui che ci giochiamo il futuro. Il nostro obiettivo non è condividere ricette o soluzioni, ma farci le giuste domande per inaugurare un percorso che porti a risultati concreti”. Lo ha detto Giovanni Brugnoli, vicepresidente di Confindustria agli Stati Generali Education. Ci sono Paesi come USA e Germania, che sono i nostri principali competitori – ha spiegato – che sono al 5%. Mentre India e Cina hanno sviluppato programmi nazionali di ampio respiro per formare le competenze manifatturiere. Per questo vogliamo lanciare una sfida al Paese per un obiettivo concreto. Proviamo ad aumentare dell’1% le risorse da destinare all’istruzione entro i prossimi 5 anni, in modo progressivo. Dobbiamo colmare il gap – ha detto Brugnoli – per essere pronti perché la quarta rivoluzione industriale sta trasformando il mondo e dobbiamo prepararci con le conoscenze e le competenze. Siamo ancora indietro: il 3,2% dei giovani italiani tra i 16 e 29 anni ha zero capacità digitali di base, percentuale doppia rispetto ai Paesi avanzati. E il 75%. dei docenti ha urgente bisogno di formazione in materia ICT. Sul fronte della nostra formazione terziaria: soltanto l’1% dei nostri studenti terziari (Istituti Tecnici) fa percorsi di formazione professionalizzante, che sono fondamentali per trovare un lavoro e mantenerlo nel tempo. Non sono sufficienti 2600 diplomati ITS all’anno. Ne servono almeno 20mila. E ancora pochi sono i laureati, e pochissimi i laureati STEM, specie tra le giovani donne. Molti si chiedono: che possiamo fare? Almeno dibatterne per creare una consapevolezza fondata sui dati.
L’economia della conoscenza ha bisogno di persone che siano in possesso della giusta combinazione di competenze: competenze trasversali, competenze digitali per l’era digitale, creatività e adattabilità unite ad una alta specializzazione e conoscenza di settore. Le statistiche dell’OECD dimostrano con grande nettezza che il tasso di occupazione è influenzato dall’organizzazione stessa delle filiere dell’educazione superiore (o terziaria) e che, se le percentuali di impiego (relativamente positive) dei laureati tradizionali risultano simili fra i Paesi più avanzati (così, ad esempio, Italia, Svizzera, USA e Germania), l’assenza di segmenti intermedi nei settori della tecnologia più avanzata impatta sulla disoccupazione giovanile. Le diverse analisi concordano nell’affermare che una delle principali cause di tale preoccupante gap sia la struttura dell’offerta formativa che sconta la “storicamente” scarsa presenza di percorsi brevi e immediatamente professionalizzanti, strettamente integrati con il mondo economico e produttivo, volti a valorizzare tanto il capitale umano quanto il sistema produttivo dei territori. I dati ufficiali delle iscrizioni 2018 – 2019 parlano chiaro: il 55,3% delle ragazze e dei ragazzi ha optato per un indirizzo liceale, il 30,7% ha scelto un Istituto tecnico, il 14% un Istituto professionale. Il Lazio si conferma la regione con la maggiore percentuale di iscritti ai Licei, con il 68,1%.
Sia l’OCSE che la Commissione europea, in due distinti Rapporti – OCSE “Skills Outlook 2019” ed EC “The Future of Work? Work of the Future!” – avvertono: bisogna investire nella formazione dei lavoratori e creare infrastrutture condivise. Il 54% delle mansioni subirà cambiamenti e l’Italia è tra i Paesi in ritardo. Per raccogliere pienamente i benefici generati dalla trasformazione digitale e per contrastare la crescita delledisuguaglianze ad opera dell’automazione servono politiche basate su formazione e istruzione dei lavoratori.
Sono tutti dati noti e certificati. Basta prenderne atto e decidere consapevolmente.
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