Velletri, 92° Festa dell’uva e del vino
Velletri, 92° Festa dell’uva e dei vini, Convegno nella Casa delle culture e della musica. In precedenza Convento del Carmine, la sala conferenze è stata ricavata in un’ex chiesa risalente al periodo medievale. Tradizione veliterna la coltivazione dell’uva, presente il mondo del settore, le istituzioni e il mondo dell’informazione, sono stati affrontati temi quali l’adattamento, i cambiamenti climatici e l’approfondimento della questione. In generale, le cantine vitivinicole hanno subito il disagio climatico ma la questione si estende anche alla moria del kiwi e ai danni provocati dalla peronospora. La perdita del prodotto sul territorio è stata di circa il 50% ma le annate comunque non sono mai uguali a se stesse, dove il clima influisce anche sul grado alcolico. Il terreno vulcanico, l’unicità del territorio comunque è da valorizzare adottando un principio d’identità del territorio come “bere il territorio”. In generale, 140 milioni di ettari nel mondo sono di origine vulcanica e il territorio vulcanico ha un livello chimico-minerale (fosforo, potassio, magnesio, etc.) che rende unico il vino e proprio la tipologia del terreno fa soffrire meno la siccità. Come proposta, fare sistema di mercato e non rispondere solo di ristori. Alcuni marchi tirano moltissimo mentre altri marchi tirano di meno e poi è stato fatto un accenno alla questione dell’estensione delle denominazioni protette nonché il rapporto della qualità e della quantità: produrre il vino migliore con un occhio al biologico (es. le coccinelle, l’estratto di arancia dolce come “fertilizzante”) ma quantità e qualità sono condizionate dal meteo. Un accenno anche al supporto degli Enti (es. Agenzie) per l’attività vitivinicola. Affermato che l’Italia è il più grande produttore di vino al mondo. Un’altra questione accennata è il fattore giacenza del vino prodotto e alla tecnica di produzione: innovazione delle vendite, meccanizzazione, valorizzazione qualitativa, finanziamenti concreti, riordino fondiario, mutui a tassi favorevoli. Il settore è primario, miliardi di euro l’export, quindi è essenziale il fare sistema e connessione con il territorio, dove la ricerca deve essere utile, il GAL dovrebbe individuare prodotti e realizzare filiere (1/3 delle spese del turista riguarda il settore dell’enogastronomia), la burocrazia dovrebbe essere snella, il territorio del Lazio da valorizzare e monitorare la globalizzazione e la deglobalizzazione. Comunque, in Italia è presente una varietà ricca di prodotti (DOC, DOCG, etc.) e l’agricoltura corrisponde a circa il 18% del PIL; mentre il Lazio ha perso negli ultimi 30 anni circa 1/3 del territorio (attualmente presenti oltre 30 milioni di barbatelle circa) ma attualmente la domanda d’impianti di nuovi vigneti supera l’offerta e sono presenti oltre decine di tipologie di uva. Affermato che novecento milioni di euro il Lazio investirà nei prossimi 5 anni in agricoltura (es. innovazione dei frantoi). E’ stato anche proposto di costruire un marchio: “Vulcano Laziale”. Essenziale fare rete sulla promozione del territorio che ha delle potenzialità grandi. Nel mondo molti prodotti italiani sono copiati.
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