Utopie elettriche | Gulia e Karolina Lusikova
12 APR – 6 MAG 2016
Utopie elettriche: l’accostamento di parole, a orecchio, sembra uscire dalle pagine di un taccuino di Filippo Tommaso Marinetti. Non è così. L’orecchio a volte inganna. E l’occhio? Proviamo a dirigerlo su uno degli acquerelli “scientifici” di Gulia e Karolina Lusikova: un diagramma di linee eleganti, sulle quali sono posati simboli di equazioni matematiche è al centro di una frastagliata nebulosa di colori, dal blu cosmico al viola profondo – si sarebbe tentati di dire ultravioletto se non fosse che questo non è percepibile dall’occhio umano. Il tutto è colto in una lenta esplosione; una frammentazione caleidoscopica. Forse causata da una supernova.
Le linee, dalle curve che fanno pensare a una fantastica voliera, sono la rappresentazione grafica di una delle equazioni di Maxwell sull’elettromagnetismo. In fisica, queste equazioni sono considerate un capolavoro di sintesi. Spiegano, in una formula unificata, l’elettricità e il magnetismo. Ispirarono Hertz, Righi, Marconi e Einstein. Furono il primo passo per capire la natura della luce. E aprirono a una nuova concezione dello spazio. E qui la connessione tra scienza e arte si fa più stretta. Più stringente.
Le equazioni di Maxwell sono del 1865, anche se la loro influenza perdura fino alla meccanica quantistica e al terzo millennio. Nel dipinto su carta, le due autrici, madre e figlia, hanno ritagliato spazi vuoti, segmentato i contorni, tracciato nervature linfatiche, tendini colorati che assomigliano molto ad alcune rappresentazioni dell’iperspazio viste nei film di fantascienza. È un mondo strano. Le loro composizioni fanno pensare a dei cristalli che contengono mondi. E ne suggeriscono altri. Siamo lontani anni luce dalla fiducia progressiva nella scienza dei futuristi. È vero che le equazioni precedono il manifesto di Marinetti & Co. e che proprio nei primi anni del ‘900 rilasciavano i loro cerchi concentrici nella ricerca scientifica e nell’applicazione tecnologica. In altre opere, i grafici, i diagrammi che Gulia (madre) e Karolina (figlia) mettono all’interno delle loro opere come centri di gravità impermanente, sono ancora più vecchi. Addirittura antichi, come nel caso di un acrobatico ricciolo di Albrecht Durer, una misurazione, attorno a cui il colore si addensa. Ma il punto, ancora una volta, è nella percezione. Dalla pubblicazione del manifesto futurista – pieno di passione per elettricità, utopie e distopie – è passato più di un secolo. In questi 107 anni c’è una quantità di cose: la teoria della relatività generale di Einstein e il principio di indeterminazione di Heisenberg, la bandiera americana sulla luna e il monolite fluttuante nella celluloide di Stanley Kubrick. Ci sono i buchi neri, i mondi subatomici dove tutto pare possibile, i telescopi spaziali. I raggi B che balenano nel buio vicino alle porte di Tannhauser visti da un replicante, tanto per citare un altro capolavoro della fantascienza. Le onde gravitazionali, appena scoperte. L’elettricità è diventata – o meglio è tornata – misteriosa. E l’avventura dell’arte nello spazio è un salto nell’ignoto.
Non si tratta solamente di spazi esterni, cosmici. Negli acquerelli dipinti a quattro mani da madre e figlia – e molto parlati, discussi durante l’esecuzione – ci sono spazi interiori. Anche questa volta scaturiti da suggestioni scientifiche. Così troviamo un altro diagramma, immerso nel verde e nel viola – un verde linfatico, un viola da valigia di trucchi di una fata dei boschi. Stavolta non ci parla di leggi fisiche, ma vuole disegnare l’inconscio. Il tentativo è reale, anche questo risale alla fine del 1800. È stato fatto da uno psicologo neozelandese, Benjamin Betts, che si misurò con lo stravagante esercizio di dare una forma esatta e matematica allo stream of consciuosness della psiche umana. Il risultato ricorda la stilizzazione di fiori e piante, una di queste fa venire in mente una grande installazione a forma di tromba dell’artista indiano Anish Kapoor in mostra permanente al Maxxi di Roma. Un esercizio utopico, senza dubbio. Come i tentativi dei maghi, degli artisti rinascimentali, degli alchimisti, dei fisici teorici di formulare una rappresentazione del tutto. Di un mondo senza smagliature. Dell’uomo perfetto. Le utopie quasi sempre sono un fallimento nel mondo reale, è vero. Dopotutto, il termine significa in “nessun luogo”. Un mondo immobile e ideale, verso il quale si può tendere, come a sfiorarlo. L’elettricità, invece, è movimento per definizione. Energia. Karolina e Gulia sono due artiste ispirate dall’utopia, forse più che dalla scienza. O meglio dalla tensione verso l’utopia. Dall’energia che l’utopia mette in moto. Per questo ho chiuso l’aggettivo scientifico tra virgolette in apertura. La loro scienza è densa di misteri. Di particelle in movimento. Come deve essere la scienza per gli artisti. Non a caso, tra i diagrammi inseriti nelle loro carte-cristallo c’è quello tracciato da un mago ottocentesco, Eliphas Lévi, al secolo Alphonse Louis Constant. È uno dei più evocativi, ricorda i disegni astrologici dei manoscritti alchemici e astrologici del Rinascimento. Questa volta i colori sono compatti, come un forziere. Evocano il tempo che scorre. Il tempo che cambia il punto di vista.
Se nella penna di Marinetti l’utopia elettrica poteva suonare come uno slogan provocatorio, le opere delle Lusikova in mostra allo spazio Menexa hanno il brivido dell’ossimoro: significati contrari che sprigionano illuminazioni. O almeno fanno scintille. Come è appunto il caso dell’elettricità. E per chiudere con un accenno a un altro spazio in voga, quello digitale, nessuna ricerca su Google con le parole Marinetti e utopia elettrica ha dato risultati.
Fabio Sindici
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Gulia e Karolina Lusikova
Gulia e Karolina Lusikova sono un duo artistico di origine tartara che vive e lavora a Roma. Dopo un’intensa attività artistica nell’ex Unione Sovietica, dove Gulia fa parte del gruppo d’avanguardia BLO di Minsk ed espone plurime volte alla galleria di San Pietroburgo Pushkinskaja 10, partecipa a esposizioni in Francia e in Germania. Si trasferisce a Roma nel 1993 e comincia a collaborare con le Gallerie Pio Monti, Nuova Pesa, Matteo Boetti e con vari critici. Contemporaneamente si crea un connubio con sua figlia Karolina , il lavoro diventa a quattro mani. Insieme partecipano a numerose mostre tra le quali la XIV Quadriennale di Roma, le loro opere sono presenti nelle importanti collezioni di Bulgari, Jacorossi, Franchetti e Odescalchi.
L’interconnessione tra varie discipline, come arte, fisica, geologia e astronomia caratterizza la poetica delle loro ultime opere. La loro ricerca esplora parallelamente la fenomenologia dello spirito e le nuove realtà scientifiche, creando un collegamento attraverso il linguaggio unificatore dell’Arte.
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Salto_nel_buio
È la condizione che l’individuo si trova ad affrontare oggigiorno, è la sensazione che ci dà la situazione mondiale di una totale incertezza nel futuro, si procede per tentativi e si fanno piccoli passi, eppure i più temerari si buttano senza avere una previsione possibile di ciò che possa essere la reazione esterna, che il più delle volte è sorprendente sia dal punto di vista positivo che negativo. Le tendenze sono infinite, le mode cambiano velocemente, le persone si stancano facilmente, c’è un bisogno esagerato di cambiamenti, di rinnovamento, questo è il mondo fluido in cui ci troviamo in continuo mutamento e la sua velocità è in accelerazione.
Da questo concetto muove il nuovo ciclo di Spazio Menexa che vuole indagare sul coraggio di mostrare il divenire di un mondo in mutamento, e gli sviluppi che i suoi effetti hanno nell’intimo delle persone. Infatti il buio, che non vuol dire sia mancanza di luce, fa parte di ognuno di noi ed è un fattore fondante che ci caratterizza. Tutti hanno un proprio buio che essendo una delle sfaccettature del carattere a volte emerge ma sovente rimane nascosto.
Accostandosi a Ventinovegiorni, Salto_nel_buio si colloca nella parte buia del cielo, quando la luna lascia spazio alla luce delle stelle e l’oscurità del cielo lascia libera l’immaginazione di vagare ed indagare gli spazi più nascosti e misteriosi dell’Io, perché l’apparire o il non apparire spesso cela la verità di noi stessi. Il coraggio di buttarsi nell’ignoto è tutto ciò che contraddistingue gli animi più arditi e risoluti, che si pongono come esploratori di nuovi orizzonti, e che spesso nei periodi di crisi, come quello che stiamo vivendo, emergono a testimonianza di nuove opportunità. Gli artisti che interverranno nel ciclo andranno ad esplorare ed a svelare tutte le strade che il coraggio di osare ci potrà concedere oppure le limitazioni che ci imporrà.
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Spazio Menexa | Via di Montoro, 3 | Roma
Vernissage: Martedì 12 aprile 2016 ore 19:00
Esposizione: Lun-Ven ore 10:00-19:00 | Sabato su appuntamento
[t] 0621128870 | [w] www.spaziomenexa.it
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