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Uno spaccato di storie ciampinesi di ieri e di oggi ‒ 6

Uno spaccato di storie ciampinesi di ieri e di oggi ‒ 6
Settembre 24
14:17 2024

Uno spaccato di storie ciampinesi  ‒ 6

Uno spaccato di storie ciampinesi di ieri e di oggi ‒ 6

In occasione del mezzo secolo di Ciampino comune autonomo

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Natale Sciara, poeta e scrittore, operatore culturale

Jesi, Ministero dell’Aeronautica, I martedì della Pro Loco

 

“Vengo da Jesi. Lavoravo a Roma al Ministero dell’Aeronautica e abitavo a Cinecittà, poi nel ’70 comprai casa a Ciampino. Venni qui per il basso costo delle abitazioni e per la comodità del treno.

Ciampino è comodo per la posizione strategica; c’è il problema dell’inquinamento, che a me pesa molto. Ci vivo tutto sommato bene, soprattutto perché abitando al centro di questa città a forte concentramento, si ha tutto a portata di mano: le sedi istituzionali, il centro anziani, la biblioteca, eccetera; per me è fondamentale, perché mi piace vivere le realtà culturali, artistiche e sociali, la vita comunitaria nei suoi aspetti più rappresentativi.

Culturalmente e artisticamente parlando penso di aver dato molto e di aver ricevuto gratificazioni rispondenti a certe esigenze di carattere comunitario.

‘I martedì della Pro Loco ‒ Colloqui con la contemporaneità’ sono un punto di riferimento per tante persone che amano vivere la cultura in rapporto agli altri. Una maniera quindi di sentirsi meno isolati in questo mondo che sembra divenire sempre più refrattario alla comunicazione profonda.

Frequento quotidianamente la biblioteca e ne seguo tutti gli eventi; funziona benissimo, anche se per le mie esigenze – e mi rendo conto di essere una persona in questo senso troppo esigente – desidererei che tutti i pomeriggi vi si tenessero incontri culturali.

Sono essenzialmente poeta e lo si evince dalla mia espressione lirica, ma anche dai miei scritti in prosa. Fra i miei libri ‘Vivere altrove (frammenti di un discorso comunitario)’ e ‘Esserci’ sono i due lavori più legati alla città.”

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Rita Corrado, da Via Col di Lana a Singapore

1968, Londra dei Beatles, Hyde Park, Villa Borghese, Lago di Albano

 

“Provavo curiosità per la Londra dei Beatles, delle minigonne, della rivoluzione giovanile che smuoveva l’Inghilterra grigia e severa, delle stiliste che imponevano mode in contrasto all’austerità.

Attraversavo un periodo di stasi, non accadeva nulla nella mia vita; un vuoto, una ripetizione, il lavoro solo come modo di guadagnare. Una decisione non maturata, poi dici perché no? e quel giorno decidi il tuo destino.

Organizzai il viaggio in treno. Prima di partire feci una grande festa in casa mia, in via Col di Lana, inondata di persone affascinate da questa notizia. Partii con mia madre incredula: prendevo decisioni e informavo. Pensavo di restare fuori sei mesi. In treno incontro un ragazzo che va per lavoro in un Hotel a contratto stagionale. Il viaggio non mi sembrò lungo; il ragazzo mi parlò, mi rassicurò, mi dette informazioni.

Andai a lavorare au pair in casa di una musicista, ex ballerina, con tre bambini; una situazione malvista fino agli anni Ottanta, l’europea considerata come la filippina di oggi. Nel tempo libero perfezionavo il mio inglese.

Un’invasione di ragazzi italiani, spagnoli, scandinavi, tutta europea; l’Inghilterra presa d’assalto perché paese alla moda, dove tutto accadeva. Musica moderna, film psichedelici, hippy, marijuana, società permissiva, lotta contro il perbenismo, autostop.

L’impatto con la famiglia londinese; non sapevo cucinare come si aspettavano da un’italiana. Per la prima volta sentii la solitudine, e non ebbi poi questo gran coraggio; la famiglia abitava nella zona residenziale di Londra e incontravo solo ragazze dello stesso quartiere. Patricia, la signora che mi ospitava, m’incoraggiava a uscire e un giorno mi spinse in una metropolitana, a Londra già in funzione dall’epoca della Regina Vittoria. Uscii impaurita dalla sotterranea e vidi Hyde Park, un parco fantastico contro i giardini italiani con l’erba secca, sporca, come a Villa Borghese.

Al sole di febbraio Londra è magnifica. La vedo illuminata, case bifamiliari bianche coi mattoni rossi, tanto verde e roseti, il clima favorisce le piantagioni.

Vidi il biancore, il sole luminoso ma non accecante, i parchi vissuti, laghetti con le anatre, ragazzi che prendevano il sole stesi sull’erba.

Cominciai a conoscere il teatro in piccionaia. Poi in un parco a seguire Cechov, Shakespeare. Non ci capivo molto ma ero incantata… Sogno di una notte di mezza estate…

Spinta da questa famiglia andai a scuola d’inglese alla British Council per studenti stranieri. L’Inghilterra conosciuta per le sue bellissime università, le migliori del mondo; la cultura anglosassone, un misto di asiatici. Scoprii la grande democrazia e la grande civiltà dell’Inghilterra.

Alla scuola organizzavano viaggi. Andai in Irlanda, Belfast. Fra gli studenti stranieri e inglesi c’erano tanti asiatici, e lì incontrai il ragazzo che sarebbe diventato mio marito.

Torna l’estate. Io con i capelli lunghi, abbronzata, rientro in Italia. I miei si erano trasferiti, avevano venduto la vecchia villa malandata e vivevano in un bell’appartamento. Ero contenta di essere a casa, andavo a ballare al lago di Albano con gli amici, felice di raccontare l’avventura iniziata che continuava. Niente nostalgia, niente urti con l’Italia; vivevo ormai nel mio pallone, mi ero sganciata.

Restai due settimane. La famiglia sembrava rinnovata, mia madre soddisfatta. Io totalmente estraniata da Ciampino.

A ottobre riparto per l’Inghilterra, divido la casa con altri occupanti. Mancava la mano d’opera; lavori umili, ristoranti, alberghi. L’amico incontrato sul treno alla mia prima partenza lavorava  al Savoy Hotel e mi indirizza a un ristorante italiano.

È il 1968. Manifestazioni continue, le grandi marce contro la guerra del Vietnam; gruppi di manifestanti che si tenevano per mano, ali di poliziotti col manganello, ma non ricordo episodi di violenza. Hippies ovunque, pacifisti stesi ovunque. Poi, il dilagare della droga. Allora chiedevano gentilmente da fumare; bivaccavano nei parchi, nelle piazze, nei posti più affollati.

Affittai una stanza in una zona derelitta di Londra e andai a vivere da sola.  C’erano ragazzi in metropolitana stesi a terra, chi morto per overdose, schivati. Il passatempo degli hippies era male per tanta gente. Umanità diversa, gran movimento, vita culturale. Teatro classico, musica rock. I Beatles sempre in sottofondo, i Rolling Stones più estremisti dei Beatles, Jimi Hendrix protesta contro l’establishment.

La sera si usciva. Piccoli locali, brulichio, grande ricerca. Tanti giovani venivano a vivere a Londra per lavoro o per studio.

Decido di tornare in Italia; ero andata per imparare la lingua ed ero rimasta più del previsto. Parentesi conclusa.

Tornai a casa e trovai la famiglia cambiata; fratelli sposati, cognate, nipoti.

Anch’io ero cambiata, mi sentivo sempre più distaccata.

Da spettatrice vedevo Ciampino crescere soltanto materialmente e in maniera disordinata, e tante cose erano rimaste statiche.

Quel movimento partito dall’America attraversando l’Europa arrivava in Italia, ma solo per i cambiamenti nella moda – la minigonna, maggiore pretesa di libertà, musica moderna, più vita notturna – e non per una maggiore presa di coscienza. Tutto sommato qui da noi c’era ancora molto perbenismo.

Restai sei mesi per prepararmi a partire per Singapore, lavorando in una agenzia di Roma come interprete e traduttrice; la Grecia aveva ricevuto l’embargo dagli Usa e l’agenzia faceva da tramite per il rifornimento delle armi.

In quegli anni Ciampino appariva un luogo dove tutti pensavano a vendere il pezzetto di terra per avere la casa, un dilagare di costruzioni, il tenore di vita più alto nei bei appartamenti addossati l’uno all’altro.

Prima ci si conosceva, le famiglie si conoscevano, si aveva l’impressione di conoscere un poco di tutti. Ora ci si incontrava solo per caso, e per molti che non avevano conosciuto la realtà di Ciampino questo era il luogo dei pendolari.

I primi venuti avevano portato un poco delle loro abitudini, vivendo non nel piccolo guscio ognuno per sé, isolati, e col rispetto l’uno per l’altro. Invece, questo diventava solo un posto comodo perché ben collegato.”

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Angelo Baggiossi,  chiesetta in via Leoncavallo

Giovanni Colella, Francesco Pisani, Don Cesare

 

“Abitavo a Roma a San Lorenzo. Comprai a Ciampino un lotto di terreno nel 1951.

Via Leoncavallo era tutto prato, pascolo per le pecore. Siamo venuti ad abitare qui un anno dopo, appena finito il pianoterra di questa casa, e in seguito abbiamo fatto la soprelevazione. La casetta di fronte è di mio cognato Giovanni Colella; l’acquistò da Francesco Pisani, che partì per l’America con tutta la famiglia. Restò solo il figlio Raffaele, che andò ad abitare vicino a Lattanina. Poi mio cognato affittò la casetta alla Parrocchia nei primi anni Sessanta. Quando la chiesetta cominciò a funzionare bene volevano toglierla, ma non ci fu verso…

Don Cesare non gradiva!”

                                                                                          Continua

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Foto: archivio Maria Lanciotti

 da L’erba sotto l’asfalto – Edizioni Controluce 2007, pubblicato con il patrocinio del comune di Ciampino, in occasione del Decennale della Biblioteca comunale P. P. Pasolini

 

 

 

 

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