Uno spaccato di storie ciampinesi – 1
Uno spaccato di storie ciampinesi di ieri e di oggi – 1
In occasione del mezzo secolo di Ciampino comune autonomo
Primo Straffi, piazzista in pensione:
ditta FERVEC a Ciampino
“Sono originario del Viterbese, Capranica. Nel settembre del ’56 vengo ad abitare a Ciampino in piazza Trento e Trieste. Ero stato assunto dai Fratelli Cavazza nel deposito di alimentari a Roma concessionario della Ferrero, e per quattro mesi faccio il pendolare.
Nel 1956 apre la filiale della Ferrero a Ciampino come ditta FERVEC, e io vengo assunto come venditore di zona. All’inizio eravamo solo in quattro e presto diventiamo una ventina. Ciampino non era male, una cittadina con consumi alti, il miglior paese della zona. A quei tempi si guadagnava molto. I rapporti coi commercianti erano buoni, era tutta gente qualificata che faceva bene il proprio mestiere, piena di volontà e di cordialità.
La filiale si trasferisce poi in via Italia, in locali più ampi. Nel ’71, 72 avviene un colpo di mano: viene gente mandata da Alba, in una riunione fanno proposte allettanti e la ditta diventa Ferrero sotto ogni titolo. In seguito la sede viene inglobata dalla filiale di Roma.
Vivo a Ciampino, ho la mia casa a Ciampino. Ciampino non è come prima, è come Roma, vivibile come Roma. Non me ne andrei da qui, avrei anche casa al paese, ma non mi sposto”.
Maria Pizzuti, casalinga, abitante in via Folgarella.
Clinica del dottor De Fenu
“Sono nata a Cori. Vengo qui nel febbraio del 1945 perché mio padre, ferroviere, era stato trasferito da Velletri a Ciampino.
Sono sempre rimasta a Ciampino tranne una piccola parentesi, quando da sposata sono andata a Napoli.
Riguardo alla mia adolescenza, alla mia giovinezza qui a Ciampino, grossi ricordi non ne ho; forse il periodo di quando andavo a scuola – ho frequentato l’avviamento professionale a Frascati e ho fatto un anno di stenodattilografia a Roma – ma grandi ricordi veramente non ne ho. C’è proprio un buco, come dice qualcuno.
Ricordo quando, verso i diciotto, diciannove anni, ho conosciuto mio marito, mi sono sposata e ho avuto tre figli; due nati a Napoli e uno a Ciampino nella famosa clinica, la beata clinica del dottor De Fenu, che ora non c’è più, purtroppo.
A Ciampino è come se ci fossi nata, ci sono cresciuta, mi trovo bene, non andrei in nessun altro posto, neanche per avvicinarmi a mia figlia che vive a Genzano. Mi dispiacerebbe lasciare le abitudini che ho a Ciampino, le amicizie.
Non mi trovo bene da un po’ di tempo perché quest’aeroporto è diventato proprio un macello. Prima non ci facevo caso, ma adesso sì. Sono stata operata di cancro e chiunque incontro mi racconta la sua: qualcosa c’è nell’aria che non va.
Mi piace Ciampino anche perché è vicino ai Castelli e vicino a Roma; in una grande città non saprei vivere e qui mi trovo bene. Tranne il fatto delle polveri sottili dell’aeroporto, per me tutto va bene. Anche il comune fa tanto; non tutti magari partecipiamo, però secondo me il comune fa tante cose”.
Antonio Silvi, tecnico di produzione e post-produzione televisiva.
Ciampino, Città mediale
“I miei genitori sono arrivati a Ciampino nel ’75, prima erano stanziati nella zona vicino a Caserta dove c’è un’importante base militare NATO. Io sono nato a Capua.
Mio padre era sottufficiale dell’aeronautica ed è rimasto lì per quattordici anni, poi si è fatto trasferire a Roma. Avevano comprato casa a Ciampino negli anni Sessanta, quando c’è stato il boom edilizio, grazie a uno zio che era coinvolto nella costruzione di Ciampino; aveva detto a mio padre: “Se devi comprare casa non restare giù, vieni qui a Roma e magari ti fai trasferire, qui c’è l’aeroporto”. Quindi è stata una maniera per venire vicino alla capitale anche per far studiare i figli, cosa che ha fatto, poiché ci ha messo nelle condizioni giuste e, insomma, credo che noi figli non l’abbiamo deluso.
Nel ’75, avevo sei anni, ho iniziato a Ciampino le elementari. I miei genitori, di origine abruzzese, nonostante abbiano come tanti altri abruzzesi qui residenti una casa in Abruzzo, stanno vivendo felicemente la loro pensione a Ciampino.
Si trovano bene perché è una città di servizi che dà modo al cittadino di identificarsi, ha qualcosa di funzionante – di funzionante e di funzionale – e può migliorare, sicuramente può migliorare.
Ecco, credo che i miei genitori siano felici di essere ciampinesi; si fanno le loro passeggiate, vanno in parrocchia. Certamente non è un paese, è una città moderna, ma rispetto ad altre situazioni politicamente e geograficamente comparabili credo che Ciampino abbia una maggiore chiarezza d’idee per tante cose, e sono io il primo a beneficiarne; già da come ha affrontato il suo Trentennale, per come lo ha festeggiato coinvolgendo anche molti contesti culturali, ha saputo ritagliarsi la sua ragion d’essere. Chiaramente la strada è ancora lunga.
Personalmente, avevo lasciato Ciampino dieci anni fa per andare a vivere a Marino; volevo fare una esperienza più rurale, mi piaceva l’idea di stare in un paese che mi offrisse una situazione diversa, più simile a quella del paese in Abruzzo: la pietra, gli odori, le sensazioni… ed è stato così, è stato molto bello. Poi, ho dovuto mettere in discussione il fatto che abitassi in una casa di quaranta metri quadrati, una soluzione non sostenibile alla lunga; ho cominciato a cercare casa girandomi attorno un po’ dappertutto, a Roma e fuori Roma, e il caso ha voluto che l’occasione migliore la trovassi proprio a Ciampino. Ho avuto qualche momento di defaillance dovendo accettare il fatto di rientrare sul territorio da cui mi ero allontanato per cercare di crescere, e comunque perché avevo voglia di confrontarmi con altre realtà. Poi, una volta riapprodato, ho cercato di starci dentro nel modo migliore.
Certo, i miei riferimenti sono esterni a Ciampino. Vivo questo dualismo con Roma in un modo forse anche schizofrenico: agli amici di Roma non posso parlare di Ciampino, agli amici di Ciampino non posso parlare di Roma, perché sembrano due sfere diverse. Mi stanno bene tutte e due e cerco di integrarle, perché comunque Ciampino per gli occhi di chi abita a Roma è sempre periferia; poi quando vengono a Ciampino vedono che è e non è una periferia, che ha delle strane risonanze, che funziona in un modo diverso dalla periferia. Forse piano piano questi equivoci si chiariranno, perlomeno per me li ho chiariti.
Mi occupo di televisione, ma non disdegno di fare anche cose che riguardano il web; cerco di comunicare, di capire come far comunicare, insomma di crescere attorno al mondo della comunicazione moderna cercando attraverso questo mezzo opportunità di contatto con altri contesti sociali. Anche con le istituzioni a Ciampino cerco sempre d’inventarmi un qualcosa che possa essere condiviso con altre persone.
Sogno che attraverso i nuovi strumenti che la tecnologia ci ha messo a disposizione, ed in particolare internet, si riesca a migliorare la società anche laddove in passato non ci si era riusciti, soprattutto riguardo le disuguaglianze sociali. Con questo spirito ho fondato a Ciampino assieme ad altre persone che la pensano come me una associazione culturale chiamata “La città mediale”, e spero che davvero Ciampino lo diventi al meglio, una città mediale”.
Continua
foto: Strade di Daniele Rossi
da L’erba sotto l’asfalto – Edizioni Controluce 2007, pubblicato con il patrocinio del comune di Ciampino, in occasione del Decennale della Biblioteca comunale P. P. Pasolini
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