Uno spaccato di storie ciampinesi ‒ 4
Uno spaccato di storie ciampinesi di ieri e di oggi ‒ 4
In occasione del mezzo secolo di Ciampino comune autonomo
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Angela moglie di Benito, casalinga
Galline e vigne, Maria Lattanina, Raffele Pisani, Bar di Cesira, Vittoria Casalinghi
“Abitavo sulla Tiburtina, vengo qui nel 1964. Mio marito lavorava a Cinecittà come macchinista e scelse Ciampino per comodità; compra questa casettina in una traversa di via Pirzio Biroli e la risistema prima di sposarci.
Vengo e mi piglia un colpo. Nata e cresciuta a Roma arrivo qui e trovo niente. Solo galline, una desolazione, la sera alle cinque non giravano più nemmeno le galline. Galline e vigne.
Maria Lattanina e il marito Carmine abitavano nella casa vicina sul fronte stradale da prima della guerra. Non avendo figli adottarono la nipote Elda. Venivano dalla Campania. Anche i Pisani venivano dalla Campania. Raffaele morì nel 1986; c’erano i mondiali, cominciarono mi pare il 31 maggio. Raffaele va a comprare il televisore da Contenti, torna a casa, monta l’antenna e gli prende un infarto secco. Non si vede nemmeno la prima partita. Lorenzina, la moglie, era di Ceccano; è morta a maggio del 2003. Le nostre famiglie erano molto unite.
Appena arrivata non mi sono subito ambientata. Voglio tornare a Roma, dicevo a mio marito. E Benito diceva: “Quando avremo i bambini qui potranno giocare in giardino.” E poi tante amicizie, Vittoria che aprì il negozio di casalinghi nel 1966, Cesira e Antonio che aprirono il bar, e questa chiesetta carina vicino casa.
A Roma ancora ci penso, ma oggi non ci andrei più a vivere; non la sento più mia, la sento straniera. Quando ci capito, dico: ma questa è Roma? Quando venni qui non riuscivo a capire il linguaggio misto, non sapevi se era barese, siciliano, napoletano, di ogni parte. Adesso mi sembra strana la gente di Roma. Non ci sono più romani, sono rimasti solo mì fratelli.
Questa è casa mia, anche se ho voluto far nascere mia figlia a Roma e non a Marino. Anche il mio romano si è imbastardito: c’è la calata romana mischiata col ciampinese, che è una somma di lingue.”
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Augusto Salera, titolare di un negozio di alimentari
Orti e pascoli, Ugo Togna, Ras l’americano, il generale Pirzio Biroli, Peppe Pace
“I miei genitori Giovanni e Savina vengono da Sondrio nella Valtellina nel dopoguerra. A quei tempi qui non c’era niente, orti e pascoli. Mio padre fa il commesso all’alimentare di Togna Ugo. Prima aveva lavorato in una torrefazione al Quadraro. Rileva l’attività di Ugo, che si trasferisce in via Giuseppe Verdi, nei locali di Diana.
Io e mia sorella Milena siamo nati a Sondrio, mia madre vi andava a partorire per scelta, e anche per avere l’assistenza della famiglia; mia sorella è cresciuta in una cassetta delle uova nel magazzino del negozio.
Ho conosciuto il generale Pirzio Biroli… il più vecchio d’Italia. Aveva una Balilla e l’attendente che gli faceva da autista; come vedeva gruppetti di ragazzini si fermava, tirava fuori manciate di caramelle e le distribuiva.
C’era Ras, americano con cittadinanza italiana; Peppe Pace e il Vitellaro avevano la macchina a camioncino che serviva per lavoro e da pronto soccorso per chi si sentiva male, per chi doveva partorire.
Poi il negozio di alimentari si sposta in via Leoncavallo vicino alla macelleria di Di Salvo, e in seguito qui, in via Pirzio Biroli.”
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Mario Maggio, Papillon bar
Nonno Lorenzo, Mivar diciotto pollici, Arturo del bar dello Sport, cena ai Castelli
“Vengo da Avellino. Mi trovo qui per desiderio di uno zio che dal dopoguerra abitava in via Col di Lana, dove aveva un negozio di frutta e verdura.
Io lavoravo in Svizzera come tecnico, avevo già preparato casa per portarvi mia moglie. Quando torno ad Avellino e mi sposo, già pronti a partire, mia suocera viene a trovare il fratello a Ciampino e insieme decidono di comprare la licenza del bar di Simone (“Venite a Roma, che volete fare?”). Restare o partire. In Svizzera ci aspetta un sicuro avvenire, io col mio mestiere e mia moglie Anna Maria con una specializzazione nel campo farmaceutico, e qui ci sono gli affetti. Assecondiamo gli affetti.
Con il luogo ho avuto un approccio affettuoso. L’ho visto nascere. Ci sono tante persone che mi vogliono bene. In quel buchetto di bar organizzavamo gare di briscola e tressette, gare di bocce nel prato qui vicino, dove ora c’è il Centro anziani. In palio mettevamo il prosciutto al primo posto, una lonza al secondo e salamini al terzo. Le forniture le facevamo in zona, o per risparmiare andavamo al Pork’s House.
Sempre in questo prato organizzavamo partitelle fra scapoli e ammogliati. Veniva Benito con la ruspa e preparava il terreno, che era comunale ma libero; gli ammogliati con le corna in testa e gli scapoli con il seghetto a ferro in mano.
Si giocava a carte non per soldi; con le vincite veniva fatto un fondo per una cena ai Castelli, o una pizza, nella serata di chiusura il mercoledì pomeriggio. La chiusura settimanale arrivò nel ’70.
Nonno Lorenzo era la mascotte del bar. Accumulammo i soldini per comprare la televisione a nonno Lorenzo, un Mivar diciotto pollici.
Facevamo i tornei di calcio nel campo comunale di Morena: bar Mario contro bar dello Sport di Arturo. Una volta con due numeri undici la riserva entra in campo: si vince a tre a uno. I nostri avversari non se ne erano accorti, e noi facemmo annullare la partita. Scherzando e ridendo, ci si divertiva con niente.”
Continua
Foto: archivio Maria Lanciotti
da L’erba sotto l’asfalto – Edizioni Controluce 2007, pubblicato con il patrocinio del comune di Ciampino, in occasione del Decennale della Biblioteca comunale P. P. Pasolini
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