“Uno, nessuno e centomila” di L. Pirandello
Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila, Milano, Mondadori 1986, p. 224.
Il romanzo del drammaturgo, scrittore, poeta Pirandello è da considerarsi formativo data la sua nota passione per la psiche umana. Viene presentato come un lungo monologo incentrato sul dramma di Vitangelo Moscarda, che dopo aver notato un’imperfezione nel suo naso, messa in evidenza da sua moglie, si rende conto che la visione che ha di se stesso è diversa da quella degli altri. Inizia così la sua pazzia, fino ad arrivare ad una vera e propria morte civile.
Possiamo individuare diversi protagonisti personificati in Vitangelo Moscarda, quali il Gengè di Dida, sua moglie, il caro Vitangelo di Quantorzo, l’usuraio per Marco di Dio, nessuno per se stesso e tanti altri per altrettante persone.
Questo dramma che opprime Moscarda, rispecchia pienamente il nostro stato d’animo quando una persona ci vede diversamente da come vediamo noi stessi iniziando a dubitare di quello che siamo, senza riuscire ad accettare che un’altra persona non ci percepirà mai come ci conosciamo noi.
Anche se a volte è ripetitivo e prolisso, è un libro davvero interessante, educativo e anche ” spronante”. Un insegnamento che ricorre spesso è quello di analizzare sempre tutto sotto tutti i punti di vista, andare oltre il proprio naso.
Diversi punti enfatizzano maggiormente il dolore del protagonista rispetto ad altri ed uno di questi è quando inizia a dialogare con Bibì, la cagnolina; la frase << Io non posso più vedermi guardato. >> ad esempio, mi è rimasta impressa perchè oltre alla pazzia, se così vogliamo dire, si riesce a percepire la sua sofferenza, causata soprattutto da sua moglie Dida che ama ‘ Gengè’ uno dei centomila che in realtà non è nessuno.
Il libro può essere diviso in tre momenti, che formano il titolo del romanzo: ‘ Uno’ che credeva di essere Moscarda all’inizio della storia, accorgendosi di essere in realtà ‘ Centomila’ persone differenti, finendo col divenire ‘ Nessuno’, decidendo di vivere senza identità.
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