Unica vera risposta, la formazione
È un susseguirsi di episodi tragici, con l’impronta della minore età a fare da balzello per un mondo adulto sempre più somigliante a un impiastro da rieducare. Adolescenti prese a botte e violentate, ragazzini rapinati e percossi, professori umiliati e qualche volta feriti, studenti-combattenti in marcia verso obiettivi da allagare, distruggere, in quella violenza che il più delle volte si ritorce contro senza preavviso. Ci muoviamo “disturbati” dentro una società ridotta a ballerina di terza e quarta fila, esperti e stregoni, tutti bene intruppati su poltrone comode, visibili, snocciolano dati, aggettivi e avverbi di rara bellezza, programmi che però a fatica vengono compresi e condivisi dagli adulti, le cui tensioni riforniscono di carburante le corazzate dei bulli in attesa. È in atto una strage della ragione, un vero e proprio annientamento della coscienza, attraverso la composizione sistematica di significati sempre più moderni e sempre meno attendibili, quando invece occorrerebbe semplicemente fare di più e bene. Di fronte a un tredicenne che bastona a morte un compagno, o improvvisamente perde contatto con i suoi domani, quando una giovanissima prende a ceffoni un insegnante, brucia i capelli a una prof, sono davvero importanti le frasi a effetto, di alto registro?
È difficile dismettere i panni dei trasgressivi per assumere quelli di un ritrovato equilibrio, quando parti importanti di questa generazione fuma spinelli pesanti, sniffa cocaina a basso prezzo, ingurgita pasticche dai mille colori e ketamina senza essere cavalli di nessuna scommessa. È grottesca e vergognosa la prassi comportamentale corrente, qualcuno definisce questo spostamento delle assi di coordinamento sociale come il “percorso inevitabile verso il punto di non ritorno”. Forse è il risultato di tutte quelle deformazioni dell’anima che conducono fuori strada fin da piccoli e via via diventano forme inaccettabili delle esistenze, a minare le fondamenta di una intera società. Forse è nella formazione la vera risposta a quell’immersione di benessere che rafforza l’urlo “voglio avere tutto e subito”.
Formazione e non sbrigativa repressione che incide poco o nulla, formazione al di là delle interviste svolte all’uscita dei pub, delle discoteche. A questi potenziali lupi dagli occhi dolci, a questi mostri come vengono declinati sbrigativamente oggi, occorrerebbe far prendere visione di quanto dolore e quanta fatica c’è negli spazi di una comunità di servizio e terapeutica come la Casa del Giovane, attraversando senza scappatoie le storie anonime e blindate di tanti coetanei. Potrebbe essere importante varcare i cancelli di una prigione, sentire sbattere il portone blindato dietro le spalle, fare i conti con il rumore dei chiavistelli, degli scarponi chiodati, con il frastuono del silenzio e della solitudine di tanti uomini soli. Potrebbe davvero risultare importante.
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