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“Una Scelta”, di Massimo Marcheggiani

“Una Scelta”, di Massimo Marcheggiani
Aprile 01
02:00 2008

Che modo strano di parlare di un alpinista. Perché mai affidare ad un’altra persona il racconto del proprio vissuto. Come si può raccontare a voce alta il dolore la gioia. Nella storia della letteratura alpinistica italiana, non è facile imbattersi in questa modalità: sentimenti ed emozioni appartengono ad un modo da tenere ben nascosto, da non esternare. C’è pudore. Nella prima parte di questo libro invece, la sensibilità di donna, riesce a scavare nelle viscere più profonde dell’intimità, trasformando in parole dense il racconto intimo, vissuto negli anni che si vorrebbero dimenticare. Quelli nei quali non sei né carne né pesce, perennemente davanti allo specchio a rimirarti i brufoli; gli anni nei quali pur volendo esistere, non ti piaci neppure un po’ e stai seduto sul molo, in attesa che si levi il vento migliore per salpare verso il tuo grande oceano. Gli anni nei quali si matura la grande scelta “…anche per lui che non riusciva ad imparare le divisioni a due cifre ci sarebbe stata una vita che valeva la pene essere vissuta…”. Come una lunga gestazione, le prime pagine di questo libro curate da Loretta Spaccatosi, scavano e affondano l’analisi nella sfera più privata ed intima di Massimo Marcheggiani, l’alpinista, rendendo il racconto della sua vita comprensibile. Accessibile. Una sorta di scrittura analitica. Un “discorso indiretto”, utilizzato allo scopo di tirare fuori l’anima vera del personaggio. La sua essenza. Massimo dice che da solo non poteva (voleva?) riuscirci. Loretta invece, riesce a farlo molto bene tirando fuori dal racconto di Massimo “L’anima femminile” analizzandola, esponendola. Quella che si legge è una storia vera, dove la debolezza, di tanto in tanto, fa capolino riuscendo a spezzare l’ordine “virile” delle cose alpinistiche. Siamo così stufi di continuare a sentire parlare di strapiombi, freddi polari e valanghe che niente riesce più ad emozionarci e a coinvolgerci. Leggendo questo libro osserviamo che di storia di uomini si tratta e ci basterà relegare, almeno per un attimo, gli eroi alla mitologia. Gli alpinisti sono da sempre “conquistatori dell’inutile” e ciascuna loro impresa, prima di diventare storia collettiva da archiviare sui libri, costituisce un piccolo passo verso la crescita individuale e per molti, forse la maggioranza, vorrebbe rimanere nient’altro che questa. Qualcosa da custodire gelosamente conservare per il resto dell’esistenza.
Ho letto tanti libri sulla montagna e l’alpinismo. Una domanda mi insegue da sempre senza riuscire ad avere una risposta e ogni volta che ho chiuso l’ultimo libro letto, ha continuato implacabile a rimbombare nelle mie orecchie: ma perché mai l’alpinismo?
Quando ho finito di leggere questo libro, la solita domanda non ha suonato. Mi sono commosso invece. La scrittura di Loretta e Massimo è sgorbia su legno di pioppo e incide nel profondo, scava nell’essenza. I perché alla fine non te li poni. Questo libro ha il grande pregio di farci capire cosa c’è sotto. Fa uno sforzo in più. Oltre i crepacci, gli strapiombi, la cresta che conduce sulla cima è allagata di sole, ci permette di assaporare meglio la gioia della vetta. E non ci costringe a ridiscendere velocemente. Il prezzo pagato è stato salato. L’io è stato esposto ai quattro venti. E questo il rude alpinista rotto a tutte le intemperie non se lo può permettere. Ma la letteratura alpinistica ha codificato nel tempo giganti di pietra dai piedi d’argilla. Loretta e Massimo con la loro scrittura hanno edificato invece un gigante di porcellana. Dai piedi di granito, però.

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