Una perla medioevale nel cuore di Viterbo: la chiesa di San Sisto
La chiesa di San Sisto non richiama l’occhio dell’osservatore distratto: posta all’ingresso di Porta Romana, alla sua sinistra, si nasconde dietro una facciata semplice e anonima, quasi a voler dissimulare l’importanza che nei secoli ha ricoperto, dichiarando solo a pochi lo straordinario effetto di sorpresa, che, al contrario, si ricava non appena varcata quella soglia così poco eloquente. Purtroppo la facciata che oggi vediamo non è l’originale, così come gran parte della chiesa; gravemente danneggiata da un bombardamento della Seconda Guerra Mondiale, è stata quasi totalmente ricostruita. Il restauro fortunatamente è stato condotto con rigore filologico, attenendosi strettamente all’originaria conformazione e recuperando per quanto possibile il materiale non danneggiato. Degno di nota è che nonostante l’effetto della deflagrazione i capitelli sono rimasti integri, quindi, quelli oggi visibili, appartengono alla chiesa originaria. Se all’interno la ricostruzione ha dimostrato di rispettare pienamente l’antico assetto, riportando alla luce l’aspetto medievale dell’impianto, grazie alla progressiva eliminazione di tutte le aggiunte e le deturpazioni subite nei secoli successivi, per l’esterno non è stato rispettato lo stesso criterio. La facciata odierna è tripartita, priva di qualsiasi decorazione e con un unico oculo circolare in asse con il portale cinquecentesco.
L’interno è caratterizzato da una particolare configurazione basata sull’unione di due impianti strutturali di periodi storici differenti, ognuno dei quali si caratterizza per un linguaggio architettonico specificatamente connotato, manifestazione piena ed evidente di un passaggio epocale che si esprime attraverso la ricerca di nuove forme artistiche. La pacata successione ritmica del primo impianto a tre navate, con semplice copertura a capriata e in linea con le tendenze più tradizionali del romanico viterbese, dialoga con il forte slancio verticale del secondo, che dimostra la piena ricezione degli influssi dell’architettura cistercense; essi sono collegati attraverso una ripida gradinata; un particolare molto rilevante è che in questa seconda parte della chiesa la zona corrispondente all’abside è parte integrante della cinta muraria della città, e uno dei due campanili ne era addirittura la torre.
Ma occorre soffermare l’attenzione su quello che può essere considerato l’elemento di maggior interesse dell’intera struttura: il presbiterio. Esso è stato ricavato rompendo il muro terminale del precedente impianto, varco attraverso il quale si accede alla seconda struttura. Ancora oggi sono visibili, guardando dal presbiterio verso le navi, alcuni elementi appartenenti alla chiesa precedente: una cornice formante due tratti spioventi, le tracce di incasso delle tegole e un piccolo oculo. L’arco trionfale segna la separazione tra le due parti della chiesa. Come sottolinea il Parlato, ‘Il passaggio dalla nave al presbiterio crea così un contrasto, un rapporto « fuori scala », forse involontario ma di grande effetto scenografico’1.
Il complesso gioco di incastri che si articola nella zona posteriore manifesta una complessità strutturale che, rispetto alla precedente costruzione, si avvale di nuove e più ardite soluzioni. Le arcate del primo impianto suggeriscono allo spettatore il profilarsi di uno spazio scandito in senso prettamente bidimensionale: lo sguardo viene gradatamente accompagnato verso il fondo, senza che l’attenzione si concentri sull’estensione circostante. Diversa è la sensazione che si avverte appena pochi metri più avanti, dove, in cima alla scalinata, lo spazio sembra frantumarsi, e le volte, novità sostanziale rispetto al primo impianto, contribuiscono a rompere la rigidità degli schemi perimetrali, che sembrano dilatarsi, valicando quelle che apparivano le uniche dimensioni possibili. Tutto il sistema si basa su due monumentali pilastri cilindrici che accentuano il verticalismo della struttura e sull’innovativo sistema di copertura a volte a botte, di dimensioni e direzioni diverse: tre sono poste in direzione longitudinale e una, quella a ridosso dell’arcone trionfale, in senso opposto.
Una particolare attenzione spetta senz’altro al primo campanile, il quale, benché architettonicamente legato al corpo della seconda chiesa, situato nel punto di congiunzione tra la parte inferiore e il coro, appartiene invece alla prima costruzione. Esso, è stato nel tempo oggetto di numerose controversie, infatti, le sue particolari caratteristiche stilistiche hanno portato molti storici a ritenere che potesse appartenere all’VIII secolo. Costruito in blocchi di tufo è caratterizzato da cornici marcapiano. La prima, delimita il primo piano di calpestio e costituisce il davanzale per le due monofore che si aprono sui lati sud e ovest. Esse sono costituite da un arco monocentrico contornato da laterizi disposti di taglio. Il livello superiore è caratterizzato da una trifora per ciascun lato, scandita da colonnette con capitelli a stampella, una delle quali, sul lato verso Porta Romana, ricorda una figura umana. L’ultima cornice si distingue dalle altre per una particolare decorazione a ovuli. Materiali costruttivi, tipologia e decorazioni non risentono dei modelli romani ma trovano riscontro nei modelli locali. Infine, elemento imprescindibile nell’analisi architettonica di San Sisto è senz’altro la cripta, oggetto nel tempo di studi analitici effettuati al fine di trarre delle ipotesi valutative per la datazione dell’impianto. Essa è situata al di sotto del coro, in corrispondenza dell’abside maggiore. L’accesso è consentito attraverso un varco aperto negli anni ottanta nel muro terminale della navata sinistra. Essa si presenta come un vano rettangolare monoabsidato, suddiviso in due ambienti contigui da una fila di sei pilastri, senza capitelli, a sezione quadrangolare, sormontati da archi a sesto ribassato, tipologia che, secondo la Bonelli ‘risulta abbastanza rara nella Tuscia medievale’2. I primi due vani della cripta sono coperti da volte a botte, mentre nella zona presbiteriale è presente una volta a botte di tipo incannucciato che si unisce con la copertura a tholos dell’abside.
1 E. Parlato, Roma e il Lazio, in Italia romanica, Milano 1992, p. 429.
2 L. P. Bonelli e M. Bonelli, Chiesa di San Sisto, Betagamma, Viterbo 1995, p. 39.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento