Un rene in cambio di un lavoro
Disoccupato dal dicembre 2012, quando fu licenziato dalla cooperativa in cui lavorava come autista, da circa cinque mesi staziona a Piazza Montecitorio con un barattolo in mano e un cartellone che gli penzola sul petto, con poche agghiaccianti righe: «61 anni, disoccupato da tre. Abbandonato dalle istituzioni cedo rene in cambio di lavoro.
Non ho reddito, ma uno sfratto in corso e una famiglia da vivere». Un caso come tanti, in questa società che sforna ogni giorno nuovi disperati, che però si rende impressionante quando si incontra lo sguardo di questo signore, che si chiama Luigi, e si capisce che non scherza e non bleffa. Parla pacatamente, quel tono di voce senza inflessioni che fa venire i brividi, calma piatta che non trae in inganno, e non si perita di mettere a nudo le sue disgrazie. Per chiedere aiuto, per chiedere giustizia. Dopo il licenziamento ha provato con altri lavori, collezionando imbrogli e raggiri tra stipendi non pagati e contributi non versati; si è rivolto al Papa, a Berlusconi, a Renzi di passaggio diretto a Montecitorio, al comune di Mentana, dove risiede, per ottenere almeno i farmaci – «quelli che si pagano» – per sua moglie malata di cancro. Nulla di nulla. E lo sfratto imminente per morosità, che li getterà tutti in mezzo alla strada.
Che cosa chiede in sostanza questo padre di famiglia che non riesce a sfamare i suoi figli, di cui uno minorenne? «Chiedo di poter lavorare. Ho fame, abbiamo fame, ma preferiamo digiunare e pagare la bolletta della luce». Per non rimanere al buio in una casa senza più riscaldamenti, finché c’è ancora una casa in cui far ritorno. E Luigi si alza ogni mattina per prendere puntualmente servizio di fronte a Montecitorio, nel suo posto di lavoro, il solo che gli è concesso svolgere, in attesa forse di uno scambio crudele – un rene per un lavoro – che si spera mai si debba attuare.
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