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UN POMERIGGIO CON IL CINGHIALE. IL PARCO DICE LA SUA

UN POMERIGGIO CON IL CINGHIALE. IL PARCO DICE LA SUA
Gennaio 08
10:51 2020

Si è svolto venerdì 25 ottobre 2019, dalle ore 15.00, presso Palazzo Chigi di Ariccia, “l’Incontro informativo/operativo sulla convivenza con il cinghiale nel territorio dei Castelli Romani.” Organizzato dal Parco Regionale Castelli Romani, Regione Lazio e Comune di Ariccia, alla presenza degli amministratori dei Comuni rientranti nel Parco, della Direzione Regionale Capitale Naturale, Parchi e aree protette, della Direzione Regionale Agricoltura, Promozione della filiera e della cultura del cibo, Caccia e Pesca e dell’ASL Roma 6, per presentare e commentare: <<-Del. Commissario Straordinario del Parco n. 27/2016 “Piano di riduzione degli impatti del Cinghiale nel Parco Regionale dei Castelli Romani”, Del.R.L.n. 306/2019 “Azioni di prevenzione e gestione per il contenimento dell’eccessiva presenza di cinghiali sul territorio regionale. Approvazione dello schema di protocollo d’intesa.”, Del.R.L. n.9/2019 “Approvazione schema Protocollo d’Intesa tra Regione Lazio, Roma Capitale e Città metropolitana di Roma capitale per la gestione del cinghiale nel territorio di Roma Capitale”>>. Affermato che si è cercato di fare un “passo in avanti”, per quanto riguarda non solo i danni che crea il cinghiale, ma anche il pericolo che può creare all’uomo, anche se la problematica è stata affrontata con una certa perplessità, per via dell’interazione col territorio di questa specie animale. Le parole chiave sono state: “CONOSCENZA, PREVENZIONE, CONVIVENZA.” Vigilanza e gestione del territorio, il Parco come istituzione volta alla tutela e conservazione della natura, scevro da pregiudizi contro la fauna selvatica, con azioni dirette non contro la percezione ma ad affrontare una problematica effettiva, materiale. Il Parco si occupa del cinghiale e della sua emergenza da diverso tempo. Intorno a quest’animale, alcuni luoghi comuni si sono creati: il cinghiale non è stato introdotto dal Parco; nel Parco ci sono troppi cinghiali (percezione?); non è noto il loro numero e pertanto non si può intervenire (bastano pochi esemplari per devastare un campo coltivato); sono aggressivi, soprattutto la femmina in presenza di cuccioli; partoriscono circa due volte l’anno; il prelievo; creano danni all’agricoltura; sono causa d’incidenti automobilistici. Il Parco indennizza i danni da fauna selvatica come stabilito dalla l.n. 394/91, dove l’art.15 del Titolo II “Aree naturali protette nazionali”, stabilisce che “L’Ente parco è tenuto ad indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco. “ (Art. 34 L.R. N.29/97). Le maggiori richieste d’indennizzo sono pervenute dai comuni di Rocca di Papa (Vivaro), Nemi (Conca del Lago), Velletri (Vivaro). Il Parco per ridurre questi danni adotta il “Piano di Riduzione degli impatti del cinghiale” tramite strumenti quali indennizzi, recinzioni elettriche (basso voltaggio), reti elettrosaldate (rinforzano la base delle recinzioni private dove i cinghiali non riescono a piegare tale maglia per entrare nelle recinzioni), dialogo (tra Parco e istituzioni quali Comuni, Enti, Asl, Regione)… Ai danni ufficiali comunque si deve aggiungere “un sommerso” di mancata denuncia di risarcimento. Sono risarciti anche i danni da sinistri stradali provocati da fauna selvatica sulle strade del Parco, una volta espletata la procedura di risarcimento. Dopo circa quindici anni, “poco si è fatto” per affrontare la problematica. E’ emerso che nel Comune di Nemi le aziende agricole sono diminuite anche per la presenza del cinghiale e per l’esiguità dell’indennizzo. Nel passato, diverse iniziative sono state intraprese per affrontare la questione, le quali hanno riguardato anche i cacciatori, ma con scarsi risultati, ma c’è l’interesse del Parco nel ricostruire una fiducia col privato, i cui tecnici hanno sempre svolto la loro funzione e mai fatto mancare l’approccio umano. I cittadini si aspettano dei risultati apprezzabili ma è da evitare l’accanimento contro gli animali, dove la prevenzione è l’unica via per approcciare alla problematica. La Regione Lazio nella delibera d’indirizzo n. 428/2017, ha analizzato la problematica e fornito risposte. Il Parco comunque da solo non può risolverla: concertazione per risolvere la questione. Di recente ha aderito a due Protocolli d’intesa (generalmente ha funzione d’indirizzo politico-amministrativo) tra Regione Lazio, Roma Capitale e Città Metropolitana di Roma Capitale (riguarda il centro urbano) e con Federparchi Lazio, Legambiente Lazio e Coldiretti Lazio (riguarda le aree protette). Quest’ultimo, il n.306/2019, sancisce il mondo agricolo come interlocutore delle aree protette al contrasto del cinghiale: l’agricoltore e il guardiaparco, rispettando le norme vigenti, si adoperano al contrasto della specie. Evitare il controllo numerico ma di certo va affrontata una politica che riguarda gli ambientalisti, i cacciatori e gli agricoltori. Presentato un sistema di dissuasore al cinghiale, e in generale agli ungulati, basato sugli ultrasuoni. Segnalato il fatto che tale problematica, estesa agli ungulati (animali “provvisti di unghie, ossia zoccoli”) in generale, riguarda l’Italia, dove è stato rilevato che in Toscana, nel 2015, gli ungulati hanno provocato ingenti danni economici e, in generale, l’Europa. Affrontare la problematica tramite ricerche, strumenti a tutela della proprietà, contenimento, tipologie di dissuasori e loro impatto con l’ambiente… Per quanto riguarda l’aspetto sanitario, l’eccessiva prolificazione potrebbe fungere da veicolo per malattie e allora si dovrà parlare di abbattimento e non più di dissuasione. Gli aspetti da considerare pertanto sono tanti e spesso in conflitto. Il protocollo dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) prevede modalità di controllo e rimozione degli animali (aree urbane e aree protette). Tutela della fauna selvatica ma anche dell’uomo. Pertanto aspetti sanitari, impatto ecologico, piani di contenimento delle aree protette,  rapporto tra il bosco e la città, pubblico e privato. Una politica idonea da adottare è di limitarsi a tutelare un appezzamento di terreno, di evitare di abbandonare i rifiuti e fornire l’alimento alla fauna selvatica? Il Protocollo d’Intesa tra Regione Lazio, Roma Capitale e Città metropolitana di Roma capitale all’art. 2 stabilisce che la “Gestione del cinghiale in ambito urbano e periurbano finalizzata alla riduzione dei rischi per la pubblica incolumità e la salute dei cittadini” dove all’art. 4 la Regione Lazio si impegna a “predisporre e attuare piano di gestione del cinghiale che prevedano anche l’utilizzo del controllo numerico…all’interno delle aree protette regionali ricadenti nel territorio di Roma Capitale”, la Città Metropolitana a “effettuare gli interventi di cattura in teleanestesia” e collaborare “alla gestione degli interventi di cattura tramite recinti o gabbie-trappola al di fuori delle aree protette regionali ricadenti nel territorio di Roma Capitale” e Roma Capitale a porre in atto misure per “evitare la presenza di rifiuti” fonti attrattive per i cinghiali, la “pulizia delle aree pubbliche di propria competenza” e la “prevenzione delle collisioni stradali”… Tale protocollo ha durata triennale ed è previsto il Protocollo Tecnico. Per quanto riguarda il protocollo d’intesa contenuto nella Deliberazione di giunta n. 306/2019 tra Regione Lazio, Federparchi Lazio, Federazione Regionale Coldiretti Lazio e Legambiente Lazio invece,  all’art.1 definisce gli “interventi di contenimento dell’eccessiva presenza di cinghiali sul territorio regionale, assicurando la conservazione delle specie e prevedendo e limitando rischi e danni per la biodiversità, la popolazione e le imprese agricole” tramite interventi di prevenzione e controllo (controllo numerico e “altre forme di prelievo”) “nell’ambito del sistema delle aree protette regionali”. L’art. 3 stabilisce che “Fermo restando quanto previsto dalla delibera della giunta regionale 27 novembre 2015, n.676, i capi catturati o abbattuti, in qualità di coadiutori ai piani di controllo, dai proprietari, affittuari o conduttori (o dai loro dipendenti) dei terreni agricoli situati nelle aree interessate dalle attività di cui al presente protocollo e che gestiscono una o più trappole sui propri terreni, restano, a titolo gratuito, come compensazione per la collaborazione prestata, nella disponibilità e responsabilità degli stessi, che se ne fanno carico nel rispetto delle normative vigenti in materia sanitaria, faunistica e contabile.” Sempre tale articolo disciplina le carni dell’animale che possono essere destinate “alla cessione”, “alla macellazione per commercializzazione o autoconsumo”, “all’allevamento”, “ceduti come carcasse” per uso privato o “donate” a organismi senza fini di lucro. Se macellati o abbattuti devono essere “conferiti presso un centro di lavorazione della selvaggina autorizzato.” Naturalmente il tutto sotto  “diretta responsabilità e sorveglianza dell’organismo di gestione del parco”. Il presente protocollo ha una durata triennale. Comunque la fauna è “patrimonio indisponibile dello Stato” dove “nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l’attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici” e “nel regolamento del parco sono previsti eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall’Ente parco.” Pertanto “difesa del territorio, delle attività agricole e della sicurezza ed incolumità pubblica”. E’ l’uomo che invade il “mondo” del cinghiale o viceversa? L.n. 4/2015, densità per ettaro, controllo, contenimento, abbattimento, risarcimento, pericolosità, recinzione, brutte abitudini (es. fornire il cibo alla fauna selvatica), convivenza, interventi differenziati. Il cinghiale si sposta per trovare il cibo ma i loro spostamenti sono contenuti, spesso usufruendo dei sottopassi non più idonei. Come ogni animale, anche il cinghiale ha un ruolo nell’ambiente: tolleranza e problematica; convivenza e interessi diversi.

 

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