Un passo avanti
Da mesi non si sente parlare che di ‘passo indietro’. La locuzione è venuta a noia anche perché, nella migliore delle ipotesi, si iscrive nel lungo elenco di specchietti per le allodole (avete presente le manette agli evasori? Scomparse, magari succede che …). Non è che la richiesta non sia fondata per diversi motivi; tutti sanno perfettamente, però, che non avverrà mai, per diversi altri motivi anch’essi conosciutissimi. Perciò conviene cambiare subito registro e sostenere la necessità improrogabile di un ‘passo avanti’. D’altra parte il passo indietro evoca situazioni negative; si fa (magari mezzo) quando dalla posizione vigile e deferente di ‘attenti’ si passa al ‘riposo’. Il riposo poi è facile che richieda uno sprofondamento, ed un attaccamento, in una poltrona; e siamo daccapo. L’inversione di tendenza deve essere totale: mentre il passo indietro si richiede a qualcuno o a pochi, quello avanti lo devono fare tutti, tutti gli altri, ed anche quei pochi. Invero la banalità insegna, e non c’è adagio più veritiero di quello che dichiara che ogni popolo ha i governanti che si merita. Qui seguirebbe facilmente una tiritera pseudo moralistica di lastroni di buone intenzioni. Ci limiteremo, nel solco di un minimo di originalità, ad una analisi, anche se umanamente partigiana, lasciando aperto lo spazio a idee ed eventuali conclusioni. La nostra società, civile o politica, ristretta nell’ambito familiare o allargata alle comunità più vaste, è permeata da un volano di comportamenti schizoidi o quanto meno contraddittori, ed ha come linea guida la frammentazione, la dispersione. C’è un’attività frenetica in tutti i campi; pullulano associazioni, comitati, convegni, premi, commemorazioni, feste, ricorrenze e celebrazioni più o meno inventate, incontri al vertice ed incontri di sottobosco, tutto senza un attimo di respiro e sotto i riflettori dei mezzi di comunicazione, grandi o piccoli, commisurati agli eventi. Non è che l’associazionismo, l’attivismo, l’impegno non abbiano pregi, tutt’altro, ma forse ci vuole misura, coscienza dei limiti e degli obiettivi. Bisogna vedere se c’è sostanza in questa sarabanda. Probabilmente no, lo scopo principale è coltivare migliaia di ego che sopravvivono, materialmente e psicologicamente, solo aggrappati a queste passerelle. Per altri versi sulla ‘rete’, che resta uno strumento utilissimo se usato a dovere, una quantità di persone si mette in mostra senza sosta o ritegno, mentre si vuole impedire alla giustizia di adoperare il mezzo delle intercettazioni per arginare reati ormai diffusissimi e di grande allarme sociale. La voglia preminente è quella della quantità, di uno stordimento collettivo che assomiglia ad una droga, per evadere da una realtà che non piace e spaventa. Circola una sorta di edonismo del finto impegno cultural-civile e della comunicazione fine a se stessa che tranquillizza (superficialmente) la coscienza ed esenta dal confronto col toro che andrebbe preso per le corna. Dunque occorre fare un passo in avanti, ma in un senso affatto particolare. Fermarsi, uscire dal frastuono diversificante e dispersivo, selezionare mete e risorse, le più importanti e le migliori, per concentrare su e con esse tutti gli sforzi. Con chiarezza di idee, umiltà e coerenza le cose cambieranno, rapidamente. Il passo avanti deve servire ad uscire dal vortice nel quale siamo, più o meno consapevolmente o ‘adagiatamente’, risucchiati. Di più, forse occorre un balzo, di tutti, allacciati per mano come bambini per un tuffo tremante ma, dopo, gioioso e appagante.
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