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Un Nobel per la pace coraggioso

Novembre 13
15:41 2010

«Il Comitato norvegese per il Nobel ha deciso di assegnare il premio Nobel per la pace 2010 a Liu Xiaobo per la sua lunga e non violenta battaglia in favore dei diritti umani fondamentali in Cina. Il Comitato norvegese per il Nobel ritiene da tempo che ci sia uno stretto legame tra i diritti umani e la pace. Tali diritti sono un prerequisito per la “fratellanza tra le nazioni” della quale Alfred Nobel scrisse nel suo testamento. Nei decenni passati, la  Cina ha raggiunto risultati economici difficilmente eguagliabili nella storia. Il Paese è oggi la seconda economia più grande del mondo; centinaia di milioni di persone sono state sottratte alla povertà. Anche le possibilità di partecipazione politica sono state ampliate. Il nuovo status della Cina deve comportare una maggiore responsabilità. La Cina viola diversi accordi internazionali dei quali è firmataria, così come la sua stessa legislazione in merito ai diritti umani. L’articolo 35 della Costituzione cinese sancisce che “i cittadini della Repubblica popolare cinese godono della libertà di espressione, di stampa, di assemblea, di associazione, di corteo e di manifestazione”. In pratica, è dimostrato che queste libertà sono chiaramente limitate per i cittadini cinesi. Da oltre due decenni, Liu Xiaobo è un forte portavoce della battaglia per l’applicazione dei diritti umani fondamentali anche in Cina. Prese parte alle proteste di Tienanmen nel 1989; è stato uno degli autori promotori della Carta08, il manifesto di tali diritti in Cina che è stato pubblicato nel 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti umani, il 10 dicembre 2008. L’anno successivo, Liu è stato condannato a undici anni di prigione e a due anni di privazione di diritti politici per “aver incitato alla sovversione contro lo Stato”. Liu ha ripetutamente sostenuto che questa sentenza viola sia la Costituzione cinese che i diritti umani fondamentali. La campagna per promuovere i diritti umani universali anche in Cina è stata intrapresa da molti cinesi, sia nella stessa Cina che all’estero. Attraverso le severe punizioni inflittegli, Liu è diventato il principale simbolo dell’intera battaglia per i diritti umani in Cina».

Questo è il testo integrale della motivazione con cui il Comitato norvegese per il  Nobel ha assegnato il premio per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo accolto con grande gioia dalla  comunità cinese degli attivisti democratici e dei dissidenti. E anche se la polizia oscura le televisioni e imbavaglia la moglie di Liu, il premio Nobel per la pace allo scrittore, sono un conforto per tutti coloro che con lui hanno avuto il coraggio di lottare e firmare il documento Carta08, che ha determinato la sua condanna a 11 anni di prigione per  “sovversione contro il potere dello Stato”. Una scelta coraggiosa, come altre volte in passato, quella del Comitato per il Nobel; ricordiamo solo alcuni nomi scomodi insigniti del premio: 1958 Boris Pasternak, 1964 Martin Luther King, 1970 Aleksandr Solgenitsin; 1975 Andreij Sakharov, 1989 il Dalai Lama, Mikhail Gorbaciov nel 1990; 1991 Aung San Suu Kyi, Lech Walesa nel 1993.Un atto coraggioso, la premiazione di Liu Xiaobo in un momento in cui tutta la comunità internazionale si prostra davanti alla Cina super-ricca, super-potente, il più grande mercato al mondo, ecc…Il punto è che senza i diritti umani la Cina forse potrà “modernizzarsi” dal punto di vista economico, ma questa modernizzazione sarà “folle”, portatrice di catastrofi già percepibili nella situazione attuale. Carta08 ne cita alcune: “corruzione governativa, la mancanza di uno stato di diritto, deboli diritti umani, corruzione dell’etica pubblica, crasso capitalismo, crescente disuguaglianza fra ricchi e poveri, sfruttamento sfrenato dell’ambiente naturale, umano e storico, l’acuirsi di una lunga lista di conflitti sociali, e… una netta animosità fra rappresentanti del governo e la gente comune”. Frenando i diritti umani e la democrazia, il Partito comunista cinese diviene responsabile in toto del disastro umano verso cui si sta dirigendo la Cina. Del resto, va detto che fra i firmatari di Carta08 vi sono anche membri del Partito comunista e che le riforme politiche invocate dal documento, sono una stringente necessità da almeno 40 anni, da quando Deng ha proposto le “quattro modernizzazioni” (esercito, agricoltura, industria, tecnologia), ma non ha proposto “la quinta modernizzazione”, la democrazia. Un altro elemento importante nel dare il premio Nobel a Liu sta nel fatto che Carta08 mette in primo piano la libertà religiosa. È sempre più chiaro che non si può difendere l’uomo (cinese o di qualunque altra cultura) senza guardarlo come un valore assoluto e perciò non come una proprietà dello Stato. Proprio per questo – e forse per la prima volta nella storia della dissidenza cinese – nel documento sui diritti umani si chiede la libertà religiosa, l’eliminazione delle differenze fra attività religiose “legali” e “illegali”, ufficiali e sotterranee. Questo passo – un fondamento religioso dei diritti umani – è frutto della sofferenza e del carcere di molti dissidenti, fra cui anche Liu, che sono venuti a contatto con il meglio della civiltà occidentale. Il premio Nobel e la sottolineatura religiosa della proposta di Liu Xiaobo e di Carta08 sono un monito anche all’occidente. Europa e Stati Uniti devono scegliere se continuare ad usare la Cina come un asino che ci tira fuori dalla crisi economica, senza considerare i diritti degli operai e quelli dell’ambiente, sfruttando la manodopera a basso costo e basta, oppure se potenziare non solo i rapporti di tipo materiale, ma anche i diritti umani e religiosi, essenziali allo sviluppo di un popolo. Il monito di Liu e di Carta08 è che se non si compie questo passo di rispetto per l’uomo e per la sua dimensione religiosa, la Cina (e il suo supersviluppo economico) è destinata al fallimento. E il suo, sarebbe anche quello dell’occidente. (fonte asianews)

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