Un messaggio negli occhi della Madonna di Guadalupe
L’Incontro mondiale delle famiglie a Città del Messico (16-18 gennaio) ha registrato una partecipazione imponente, a dimostrazione di quanto sia vivo, nel popolo cristiano, nonostante tutto, il valore famiglia anche nel nostro tempo. È il sesto incontro mondiale delle Famiglie, che si ripete ogni tre anni. Quest’anno il tema era: “La famiglia, formatrice ai valori umani e cristiani”. Gli ultimi due giorni si sono svolti presso la Basilica della Madonna di Guadalupe, il santuario mariano più frequentato, 12 milioni di pellegrini l’anno.La Madonna di Guadalupe ha una grande importanza nella vita religiosa dei cattolici dell’America Latina. Tutti i messicani sono devoti della Madonna di Guadalupe. La storia di quel santuario, che sorge alla periferia della Capitale messicana, ebbe inizio nel dicembre del 1531. Un indio, Juan Diego, un contadino di 57 anni (dichiarato santo da Giovanni Paolo II nel 2002), mentre si recava in chiesa, cominciò a incontrare una bellissima ragazza che lo salutava e gli sorrideva. Una mattina quella ragazza si presentò dicendo: “Io sono la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del Verissimo e unico Dio” e chiese che in quel luogo venisse eretta una chiesa in suo onore. L’indio riferì tutto al vescovo, Juan de Zumarraga, il quale non voleva credere. E allora quella misteriosa ragazza disse a Juan di andare sulla montagna, cogliere dei fiori e portarli al vescovo. Diego obbedì anche se pensava di non poter trovare fiori in quel periodo di freddo rigido. Invece trovò delle bellissime rose. Le raccolse, le pose nella sua tilma, una specie di rozzo grembiule che portavano i contadini messicani, e andò dal vescovo. Quando aprì la tilma, il vescovo con tutte le altre persone che erano presenti, videro formarsi su quella rozza stoffa l’immagine della Madonna. Quella che si venerà nella Basilica. Cadde in ginocchio e cominciò a credere ai racconti del povero indio. Quell’immagine venne portata nella cattedrale ed esposta alla veneraione del pubblico. La devozione si diffuse rapidamente, anche perché si verificarono subito molti prodigi. Fu eretta una cappella e in seguito un grande santuario e di recente un altro santuario ancora più grande per poter ospitare i pellegrini che ogni anno aumentano.
L’immagine rappresenta una giovane sui 15 anni, alta 143 centimetri, con carnagione un po’ scura e per questo i messicani la chiamano “Virgen Morenita”. I tratti del viso non sono né europei né indio, ma presentano una perfetta commistione di queste due razze. Si potrebbe dire che è una perfetta meticcia, ma va ricordato che, allora, i meticci, frutto appunto delle due razze, Atzeca e europea, non esistevano ancora. Quell’immagine, quindi, nella sua configurazione fisica, era profetica, rappresentava la razza meticcia che sarebbe venuta in seguito e che costituisce la popolazione messicana di oggi. E così come misteriosamente si era formata, continuò a presentare sempre più stupefacenti anomalie.
Fin dall’inizio, attrasse la curiosità dei più attenti osservatori. La tilma era di un tessuto di fibre di agave, che in genere venivano adoperate per fare corde. Una volta ritorte, quelle fibre davano dei fili aspri, duri e molto resistenti. Il tessuto che si otteneva, perciò, era rozzo, assolutamente non adatto ad essere dipinto. E molti, osservando l’immagine, si chiedevano come mai fosse stato possibile ottenere una figura così bella su una tela tanto rozza.
Cominciarono le ricerche. Prima fatte da pittori curiosi, poi da medici e scienziati e vennero così alla luce caratteristiche misteriose e assolutamente inspiegabili con le conoscenze scientifiche umane. Il mistero è andato via via, lungo i secoli, sempre più evidenziandosi e ingigantendosi, fino a diventare uno degli enigmi più sconcertanti che si conoscano. Nel 1936, il professor Richard Kuhn, direttore della sezione di chimica del Kaiser Wilhelm Institut di Heidelberg, che due anni dopo, nel 1938, avrebbe ottenuto il premio Nobel per la chimica, dimostrò in maniera scientificamente inoppugnabile che sulle fibre di quella tela non vi è traccia di coloranti di nessun tipo, né vegetali, né animali, né minerali. Quel quadro non poteva essere stato dipinto da mano umana. Ma il fenomeno più sorprendente riguarda le scoperte fatte nelle pupille della Vergine. Nel 1929, il fotografo Alfonso Marqué Gonzales, studiando alcuni negativi dell’immagine, osservò che, con l’aiuto di una grossa lente di ingrandimento, nell’occhio destro della Madonna si vedeva distintamente una figura umana. La scoperta destò scalpore. Altri fotografi cercarono di chiarire il fatto, scoprendo anche altre immagini. Se ne interessarono anche medici. È noto che nell’occhio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati. Si chiamano “immagini di Purkinje-Sanson” dai nomi dei due ricercatori che scoprirono questa caratteristica dell’occhio umano nel secolo XIX. Due di quelle immagini sono “diritte”, una sulla superficie esterna della cornea, la seconda sulla superficie esterna del cristallino. La terza, che si forma rovesciata, appare sulla superficie interna del cristallino. In teoria, tali immagini riflesse, oltre che negli occhi di una persona vivente possono essere viste anche in una fotografia della stessa, ma non potevano certo vedersi negli occhi di un volto umano “dipinto” su una tela. Eppure, nelle pupille della Vergine di Guadalupe, immagine che risale al 1531, si vedevano le sagome di alcune persone.
Nel 1979 arrivò in Messico un ingegnere peruviano, José Aste Tonsmann. Uno scienziato ad alto livello, che alcuni anni fa ho intervistato. Laureato in Ingegneria Civile all’Università Nazionale di Ingegneria del Perù, aveva conseguito una seconda laurea in Filosofia e, passato all’Università Cornell, negli Stati Uniti, si era specializzato in Ingegneria dei Sistemi di ricerca attraverso il computer. Aveva lavorato poi con grandi aziende e tenuto corsi nelle più prestigiose università americane. Era insomma uno dei ricercatori moderni più qualificati. Rimase colpito dagli studi già fatti sugli occhi della Madonna e volle interessarsene. Da allora ha dedicato tutta la sua vita agli studi sugli occhi della Madonna di Guadalupe. Servendosi di strumenti elettronici d’avanguardia, di quelli, per intenderci, adoperati anche dalla Nasa per decifrare le foto inviate dai satelliti nello spazio. Ha studiato il fenomeno in tutti i suoi aspetti ed ha scoperto che negli occhi dell’immagine della Madonna di Guadalupe sono presenti le sagome di diverse persone e si vede ben distinta una scena specifica: quella descritta nei documenti del tempo, che raccontano come si sia formata l’immagine della Vergine sulla tilma di Juan Diego. Negli occhi dell’immagine della Vergine di Guadalupe, il professor José Aste Tonsmann ha evidenziato nettamente un indio seduto, nudo, con la gamba sinistra appoggiata al suolo e quella destra piegata sopra l’altra, con i capelli lunghi, legati all’altezza delle orecchie, orecchino e anello al dito. Accanto a lui, un uomo anziano, con la calvizie notevolmente avanzata, la barba bianca, il naso dritto, le sopracciglia sporgenti, e si vede che una lacrima gli scende lungo la guancia destra: in questo personaggio è stato identificato il vescovo Juan de Zumarraga. Alla sua sinistra, un uomo abbastanza giovane, e si suppone che si tratti di Juan Gonzales, che fungeva da interprete per il vescovo de Zumarraga. Più avanti, appare il profilo di un uomo in età matura, con barba e baffi aderenti alle guance, naso grande e marcatamente aquilino, zigomi sporgenti, occhi incavati e labbra socchiuse, che sembra indossare un cappuccio a punta: è un indio, colto mentre sta per aprire il proprio mantello. Egli è rivolto in direzione dell’anziano calvo. È la scena di quando Juan Diego portò le rose al vescovo. La Madonna era presente, la scena che vedeva era nei suoi occhi e rimase fissata nelle pupille dell’immagine che misteriosamente in quel momento si impresse sulla tilma di Juan.
Nella descrizione dei vari personaggi osservati negli occhi della Madonna, l’ingegnere José Aste ha individuato anche una giovane negra. Questo particolare mise in allarme gli studiosi in quanto al tempo dell’apparizione, in Messico, non c’erano negri. Ma successive ricerche hanno chiarito il piccolo giallo. Dal testamento del vescovo Juan de Zumarraga si è appreso che egli aveva al suo servizio una schiava negra, alla quale, prima di morire, volle concedere la libertà per i preziosi servizi che aveva avuto.
Accanto ai personaggi “storici”, José Aste ha individuato anche una seconda scena, staccata dalla prima, quasi in secondo piano, con un gruppo di persone anonime, che potrebbero rappresentare una famiglia atzeca composta da padre, madre, nonni e tre bambini.
Riflettendo sulle sue straordinarie scoperte scientifiche, il dottor José Aste avanza, da credente, un’ipotesi suggestiva. Dice che le scene scoperte nelle pupille dall’immagine potrebbero costituire un “messaggio” della Madonna di Guadalupe. «Un messaggio destinato proprio al nostro tempo», dice l’ingegnere «perché la Vergine sapeva che solo con la tecnologia moderna si poteva evidenziare il segreto racchiuso negli occhi di quella sua immagine. La scena delle figure anonime potrebbe indicarci l’importanza dell’unione della famiglia e dei suoi valori; la presenza nello sguardo della Madonna di persone di razze diverse, potrebbe essere un monito antirazzista; la tilma che, per gli atzechi, era più uno strumento di lavoro che un indumento vero e proprio, potrebbe essere un invito a servirci della tecnologia per diffondere la parola di Cristo».
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