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Un (mai) vecchio messaggio d’amore per l’albero

Un (mai) vecchio messaggio d’amore per l’albero
Dicembre 29
10:16 2020

«Poco prima dell’imbrunire i boscaioli smettevano il lavoro e riprendevano la via di casa. I tagliatori nascondevano l’accetta sotto le foglie, – a volte sbucava una famiglia di colorati sorici mascaruóli, i moscardini dalle lunghe code, raramente un riccio -, mentre la lama seghettata de’ ‘u stronchinu veniva staccata dal suo manico e messa a tracolla con un pezzo di spago perché all’aperto poteva arrugginire. Sotto le foglie restava solo l’arco di legno. Le copelle e i tascapani vuoti non pesavano ora sulle spalle, ma era la stanchezza a rallentare il passo, che tuttavia restava cadenzato fino al paese.» Da Boscaioli e carbonai nei Castelli Romani M.P Santangeli  

 (Serena Grizi) – Preoccupazioni e oggetti diversi da oggi per i boscaioli e i carbonai dei Castelli Romani del secolo scorso. Linguaggi e memorie da ritrovare, oggi. Perché esiste la cultura del bosco e dell’albero, e resiste. Perché non possiamo non parlarne, fare finta che non ci sia stata. Perché il nostro territorio ne porta ancora forti tracce, nonostante tutto, nonostante la ‘gomma da cancellare’ della ricostruzione del dopoguerra. Nonostante il finto progresso. Leggendo il territorio e le sue storie, in tutta Italia, si trovano spunti per presenti e futuri altri.

Di seguito la prefazione scritta da Franco Tassi per l’edizione 1996 del libro L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono piccolo grande, prezioso, long seller.  A quel tempo Tassi, che era direttore e sovrintendente dell’Ente Autonomo Parco Nazionale d’Abruzzo e Centro Parchi, scriveva con un minimo di speranza in più guardando poco indietro e molto avanti perché quasi un quarto di secolo fa sembrava che la strada della ecologia e dei parchi stesse riprendendo forza in memoria di tragedie passate da poco e per un rinato amore per l’ambiente circostante. Il messaggio, a distanza di anni, non si ripresenta con meno forza. Nel 2020, specialmente, anno in cui si sono inverate le previsioni di pandemie lanciate già da almeno vent’anni da esperti e studiosi che, analizzando le velocissime trasformazioni che l’uomo imprime all’ambiente circostante, individuarono ed individuano quale vittima principe la natura, soprattutto quella selvatica che ha sempre meno territori per sé, ampi e distanti dall’uomo; e molti hanno raccontato quanto questa distruzione, come la deforestazione incontrastata, sarebbe presto tornata al mittente in maniera complessa e dolorosa. La storia narrata da Giono, la quale tocca la bellezza delle alte vette della favola, torna ad essere un valido esempio da seguire.

«Scoprii la storia semplice e toccante dell’uomo che piantava gli alberi per puro caso, molti anni fa. A quell’epoca Jean Giono era uno scrittore poco noto in Italia e i messaggi d’amore per la natura, nella letteratura che andava per la maggiore, non erano troppo frequenti. Questa vicenda d’un pastore che, con molta fatica e nessun tornaconto personale, si dedicava tenacemente a piantar querce in una landa desolata avrebbe potuto apparire allora, tuttalpiù, come un’innocua stravaganza. Meritevole di suscitare, al massimo, un sorrisetto di compiacimento.

Dietro a questa insolita storia positiva, persino ingenua, si cela invece un messaggio profondo. Capace di propagarsi nell’animo e nella cultura umana come le radici, i rami, le foglie e i frutti dell’albero sul terreno circostante. È un messaggio di riconciliazione dell’uomo con madre natura, è un messaggio di rinascita della foresta e della vita là dove erano state incoscientemente annientate.

Perché l’albero rappresenta, fin dai tempi più antichi, il simbolo e l’espressione della vita, dell’equilibrio e della saggezza. L’albero del paradiso terrestre era la fonte della conoscenza del bene e del male; spesso nell’antichità, colossali patriarchi arborei millenari furono venerati come sacri; e i tronchi diritti e giganteschi della foresta formarono le colonne dei primi templi, in cui l’uomo esprimeva la sua stupefatta religiosità di fronte alla grandezza della natura e del cosmo.

Ogni albero è la dimora segreta di mille creature appariscenti o sconosciute, sorprendenti o sfuggenti, in quella rete fittissima di rapporti che forma le fondamenta e la vitalità stessa dell’equilibrio ecologico. Ogni albero sprigiona colori inarrivabili, suoni indecifrabili e profumi sconosciuti in ogni ora del giorno e della notte e delle varie stagioni. Ed anche dopo la morte, i rami caduti, i tronchi in disfacimento e i ceppi marcescenti offrono asilo e nutrimento alla più varia, ricca e preziosa comunità vivente. La natura rinasce senza fine, rinnovandosi continuamente; sempre diversa, eppure sempre uguale a se stessa.

Ogni albero racchiude una storia, un mistero, una memoria del passato. E offre ispirazione e creatività a quanti sappiano guardarlo con occhio giovane, libero e aperto.

E il prodigio dell’albero si riflette nella stessa mente e nel cuore dell’uomo. «Ogni giorno quell’albero mi dà pensieri di gioia» cantava un antico poeta cinese. Mentre uno dei santi Padri della chiesa ammoniva: «Troverai più nei boschi che nei libri». Due messaggi forse lontani dalla nostra frenetica vita di tutti i giorni, ma su cui varrebbe la pena di riflettere un attimo. L’albero ha dato moltissimo all’umanità, nel corso della sua lunga storia: forse è giunto il tempo di contraccambiarlo con affetto e generosità. Come fece nella sua pacifica vita l’indimenticabile Elzéard Bouffier, l’uomo che piantava gli alberi.

«Qualsiasi stupido è capace di distruggere gli alberi» scriveva nel secolo scorso John Muir, pioniere americano della conservazione della natura. Ancora troppo pochi hanno invece il cuore, l’intelligenza e la dedizione necessarie per salvarli, custodirli e piantarli. Ma è ancora possibile un ritorno alla cultura, all’amore, alla fede dell’albero e della foresta: con la forza, la verità e l’ispirazione che solo la natura può dare.»

Davvero un grande augurio per il 2021, ed anche per il futuro che per sua natura è incerto, ma che possiamo (dobbiamo) pensare, e per il quale dobbiamo operare, in maniera completamente diversa da ciò che vediamo ora.

Bibliografia minima:

  • Il pino domestico – Giulia Caneva, Editori Laterza
  • Amico albero – Ruoli e benefici del verde nelle nostre città (e non solo) – Francesco Ferrini e Alessio Fini, ETS edizioni
  • La terra salvata dagli alberi – Francesco Ferrini, elliot
  • L’uomo che piantava gli alberi – J. Giono, ed. Salani
  • Alberi a Roma – Paola Lanzara, Lucia Rivosecchi, iacobelli editore
  • Germogli – Lucio Montecchio, Cleup edizioni
  • L’albero – Vita e morte di un immortale – Sergio Mutto Accordi, edizioni Altavista
  • Arboreto salvatico – Mario Rigoni Stern, ed. Einaudi
  • Boscaioli e carbonai nei Castelli Romani – Maria Pia Santangeli, Edilazio (seconda edizione, 2020)
  • La resilienza del bosco, Giorgio Vacchiano, Mondadori

Il Platano dei Cento Bersaglieri – Caprino Veronese – immagine web

L’articolo appare anche su Variazioni 

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