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Un invito aperto  alla convivenza pacifica

Giugno 12
08:06 2024

In questi giorni in cui gli italiani sono scossi e senza parole per la crisi economica, le guerre in corso e le differenze politiche, ideologiche  e culturali, stanno ritornando in auge discorsi corrosivi della comune appartenenza. Nord contro sud, est contro ovest… Mentre  in Europa stenta ad affermarsi una visione di comune  appartenenza identitaria,  anche nel piccolo  la separazione e lo scollamento sociale divengono più evidenti… mentre la comunità sembra aver  perso la capacità di esprimere solidarietà  e collaborazione.  

Ciò avviene persino fra compaesani, l’un contro l’altro armati,  e pronti all’antagonismo distruttivo.  Gli “altri” sono oggi inequivocabilmente percepiti alieni   e questo comporta uno scontro continuo fra le parti. Come si può in tal modo costruire una società umana decente? 

Ne ho avuto conferma, ad esempio, nella lotta  che si è venuta a creare in una piccola città come Treia, in seguito alle recenti elezioni amministrative  comunali, invece di operare con raziocinio per il bene comune la rivalità si è spinta in una lotta  senza quartiere, degna della più deteriore società metropolitana,  abbassando la qualità della vita. 

Viviamo in un mondo  di nemici e noi stessi siamo nemici in questo mondo. Eppure la  comune appartenenza al luogo ed alla comunità in cui si vive è una realtà inoppugnabile, un dato di fatto. Purtroppo non ne siamo coscienti e la mancanza di coesione e reciproca accettazione  ci rende  sempre più  “estranei”.
La conseguenza è la mancanza di solidarietà interna nella collettività. Dove non vi sono valori comuni  di reciproco rispetto immediatamente subentrano interessi speculativi che cancellano ogni umanità e fratellanza. 

Ecco il contesto così detto  “civile” nel quale ci siamo smarriti  ma  ora dobbiamo ritrovare la strada verso “casa”. La Casa di Tutti.
In fondo quanto possiamo separarci da noi stessi senza perire? Ecco allora  che l’allontanamento deve trasformarsi in  avvicinamento… la vita è  elastica e non può andare in una sola direzione. Ora  sorge la necessità di nuove forme di equilibrio, più radicate nella coscienza della comune appartenenza.  Infatti il senso di comune appartenenza porta alla condivisione,  ad atteggiamenti simbiotici e ad uno  stato di coscienza inclusivo.

 L’evoluzione spirituale richiede  che le persone non si riconoscano più nelle fazioni,  religioni o ideologie, etc.  Acuendo la separazione  e  giustificando  quegli “indirizzi” personalistici ed egoici.  

Il diritto di coabitare pacificamente si realizza nella capacità di rapportarsi al luogo in cui si vive in  sintonia con l’esistente. Perciò il passo primo da compiere, per il “Ritorno alla Casa Comune”,  è  l’accettazione delle differenze, viste come fatti caratteriali che, in caso di persistenza,  possono essere ‘curate’ allo stesso modo di una idiosincrasia/malattia organica o psichica.

 L’uomo ha bisogno di riconoscersi ‘unico’  nella sua individualità, che assomiglia ad un cristallo di neve nella massa di neve, nella coscienza di appartenere all’unica sostanza: l’umanità!  

Non passerà molto tempo -mi auguro- che le divisioni artificiali operate dalla mente speculativa scompariranno completamente ed al loro posto subentrerà un nuovo spirito di fratellanza, partendo dal presupposto delle reali somiglianze e della coesistenza pacifica. Questi riconoscimenti, in una società sempre più prossima,  renderanno l’uomo capace di capire il suo prossimo, in piena libertà, e di amarlo come realmente merita. Tutti coabitanti dello stesso pianeta, tutti a casa!

Paolo D’Arpini – Rete Bioregionale Italiana

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