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Tre tragedie classiche al Teatro del Tuscolo

Settembre 14
14:37 2009

Edipo conclude la sua vita a Colono lontano dalla sua terra, Medea, maga della Colchide, vive a Corinto e le Supplici sono le cinquanta figlie di Danao fuggite dall’Egitto ed esuli in Grecia. La ministagione è stata chiusa il 13 agosto con un concerto di musica classica dedicato ad Antonio Vivaldi organizzato dall’Associazione Musicale Castelli Romani.
L’apertura della stagione ha visto l’enorme successo di Giorgio Albertazzi nei panni di Edipo. Proprio Giorgio Albertazzi inaugurò di nuovo questo teatro, dopo 2000 anni, con la lettura di “Le Memorie di Adriano” sette anni fa.
Nella seconda serata è andata in scena Elisabetta Pozzi, per la regia di Krysztof Zanussi, che ha interpretato magistralmente la barbara Medea. La storia, pur essendo stata scritta circa 2400 anni fa, risulta estremamente moderna anche grazie alla traduzione del testo di Maria Grazia Ciani. Il dramma si svolge a Corinto dove la maga Medea, Giasone (interpretato da un bravissimo Maurizio Donadoni) e i loro figli sono giunti dopo che le arti magiche e il delitto da lei commesso hanno permesso a Giasone di impadronirsi del vello d’oro. Il re di Corinto Creonte propone a Giasone di sposare sua figlia in modo da poter avere un erede maschio, Giasone, assetato di ricchezza e potere, accetta non solo di tradire Medea, ma anche la decisione del re di esiliare Medea e i suoi figli. Medea, dopo essersi assicurata di avere asilo ad Atene, mette in atto la sua tremenda vendetta: fa recapitare alla futura sposa dei doni che in realtà sono intrisi di un potente veleno che farà morire di morte atroce sia il re che la figlia. Infine Medea uccide i suoi stessi figli e fugge sul carro del Sole, lasciando Giasone da solo con la sua disperazione.
Tutto il dramma è incentrato sulla figura di Medea, un personaggio assolutamente moderno che dimostra anche quanto emancipata fosse la donna in quei tempi. Medea vive di un odio che investe tutto ciò che la circonda, è intelligente, furba, sarcastica e decisa. Ha un orgoglio e una dignità spinti all’eccesso che le fanno temere più di ogni altra cosa la derisione, la sua è una follia lucida. L’audacia e l’amore per Giasone l’ha portata a tradire la sua stessa patria e i suoi cari e questo vuoto, ora che Giasone l’ha abbandonata, le si ripresenta davanti. L’unico momento in cui mostra debolezza è quando, dopo aver deciso di uccidere i figli, comincia una lotta con se stessa per superare il suo stesso senso materno, riuscendo infine a trovare la forza nel preferire che muoiano di mano propria piuttosto che per mano degli odiati nemici. La figura di Medea appare tanto forte e affascinante anche grazie alla figura scialba di Giasone che sembra avere una certa aridità di sentimenti fino al momento in cui comprende l’atrocità della vendetta di Medea. Giasone permette al pubblico di non odiare Medea e di preferirla a lui nonostante le azioni terribili che commette. Lo stesso Euripide sembra parteggiare per lei visto che, tramite il carro del Sole, trova il modo per non farla punire, ma, anzi, darle una vita di agi ad Atene.

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