Tradimenti, di Harold Pinter
Quanti sono i tradimenti raccontati, vissuti, taciuti, ipotizzati, immaginati? Infiniti, e tutti, anche quelli non consumati rimasti inesplorati, restano comunque piccoli tradimenti che allontanano chi lo pratica dal concetto di fedeltà, e che portano con sé intrigo e disgusto al tempo stesso. Il teatro Politeama Brancaccio di Roma, dal 6 marzo al 1 aprile, ha proposto al pubblico la commedia “Tradimenti” di Harold Pinter – per la regia di Riccardo Cavallo – come omaggio al grande drammaturgo e sceneggiatore inglese, premio Nobel per la letteratura nel 2005. L’autore, racconta la vicenda, ripercorrendo a ritroso i nove anni di inganni ed omissioni dei tre protagonisti che compongono un audace triangolo amoroso, in un divenire di dialoghi asciutti, quasi sempre due a due. Si parte quindi da una trama capovolta, quella della fine del matrimonio di Emma e Robert, fino a giungere all’inizio della relazione fra la donna e Jerry il migliore amico del marito, passando per Judith moglie di Jerry che forse se la intende con un medico suo collega, e Casey un letterato attuale amante di Emma, a cui Robert ha pubblicato il suo primo romanzo. Una pièce dunque, in cui tutti tradiscono tutti al limite del grottesco, in fughe scomposte, per indifferenza, per l’incapacità di lasciarsi andare ad un singolo legame d’amore vero, puro.
Il tradimento come menzogna in amore, ma inteso anche verso se stessi, non ripugna assolutamente i protagonisti di quello che con Pinter possiamo definire il teatro dell’assurdo, in cui tutto sembra essere senza anima, congelato, o sul punto di esplodere. I dialoghi sono brevi, scarni, i protagonisti sembrano giocare una partita a tennis in cui velocemente si scambiano battute brevi, o all’opposto si assiste a lunghi ed ingombranti silenzi che hanno lo stesso valore delle battute, che creano un imbarazzo claustrofobico.
Pinter nel suo diario del tradimento, mette in scena l’alienazione dell’uomo contemporaneo, la solitudine, l’angoscia esistenziale, l’incomunicabilità, la falsità dei rapporti spinti fino al più spietato e tagliente cinismo.
L’attenta e minuziosa elaborazione di questo dramma borghese tragi-comico al contempo, segue una narrazione che si fa sempre più incerta e sfuggente, un teatro in cui si scavano abissi di dolore sempre più profondi, e dove l’inganno ed il sarcasmo si fanno largo, insieme al senso di inquietudine, di fronte all’assurdità della vita umana, in cui l’esistenza sembra sfuggire portando tutti i personaggi ad uno stato di totale immobilismo, animato solo dal costante tentativo di ricercare una propria identità.
“Tradimenti” è tutto giocato sul non detto, su dialoghi che non possono o non vogliono andare alla sostanza delle cose, su frasi vacue, prive di sostanza, ma sempre animate da una lucida ironia e da quella subdola crudeltà, che inquina la fine di un rapporto.
Ma, infedeli si nasce o si diventa? L’impulso all’adulterio può avere sì, un fondamento genetico, ma chi tradisce, rivela sostanzialmente un fallimento esistenziale, poiché non essendo in grado di cambiare la propria situazione di coppia, tradisce perché non ha il coraggio di mutarla, e così l’adulterio diventa uno stile di vita, e quella che può essere considerata una mera attrattiva fuggevole, viene scambiata per una intensa passione d’amore.
Attenzione quindi a chi tradisce, perché un momento giocoso si può trasformare in un vero dramma, dove la battuta: “Amo solo te, l’ho capito soltanto adesso!”, può rivelarsi un ennesimo fallimento!!!!!!
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento