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Tra rancore e buonumore

Tra rancore e buonumore
Novembre 19
12:12 2018

Tra rancore e buonumore

Già nel rapporto Censis dell’anno scorso, che fotografava la situazione socio-economica italiana, la nostra società risultava insoddisfatta, ‘rancorosa’, nella quale quasi i tre quarti degli italiani non aveva fiducia nei partiti, nelle istituzioni anche locali e nello stesso funzionamento della democrazia. Con una economia ferma e un tasso di natalità sotto zero, l’Italia si confermava non solo un Paese invecchiato (e non sempre la vecchiaia è considerata ‘saggezza’), e senza spazio e sostegno concreto da protagonisti ai giovani, cosicché, il Paese, avvoltolato nell’individualismo esasperato sembra non aver più fiducia nel futuro. Da qui l’espandersi del populismo e del sovranismo (e del solito auspicio di un ‘salvatore’ terreno), per cui l’immigrazione fa da capro espiatorio con l’evocazione di sentimenti negativi soprattutto nelle classi più basse della popolazione. Ma, oltre la ‘fotografia’ del rapporto Censis (che, quest’anno già constata un certo deflusso dell’onda lunga dei populismi), noi tutti nel nostro vivere quotidiano, possiamo rilevare da tempo quel diffuso linguaggio volgare e astioso con la guerra di tutti contro tutti e tutto, che straripa dai social network e più in generale da internet, ma soprattutto dai canali televisivi pubblici e privati, anche nei programmi di maggior ascolto, dove il turpiloquio e anche la satira farcita di battute grossolane soddisfano quei tanti palati che ingurgitano acriticamente di tutto con grande tranquillità. E non va certo ignorato l’involgarimento del linguaggio di certi politici di ‘ultima’ (speriamo veramente tale!) generazione.
Anche se obiettivamente si è portati a constatare una profluvie di insulsaggini, oltre ad una inondazione di inglesismi che per lo più mascherano una carente padronanza della lingua italiana (o addirittura la sua completa ignoranza), non ci si può abbandonare al pessimismo o alla rassegnazione, in quanto esempi per non andare completamente alla deriva nel mare magnum dell’insignificanza, della volgarità e dell’oscenità, ormai si può dire che non siano più tanto pochi, purché siamo in grado di saperli individuare e valutare. Uno di questi esempi ci viene dall’ultranovantenne ma ancora in gamba, Domenico(‘Menico’)Volpi, ‘mitico’ direttore de ‘Il Vittorioso’ (1937-1966), giornalista, scrittore per ragazzi (ha pubblicato decine di racconti e libri anche per le scuole), il quale, in una sua recente pubblicazione – ‘Didattica dell’umorismo’ (Festina Lente Edizioni, euro,2 0) – conduce il lettore (scolari, famiglie, singoli, giovani o/e adulti) a percorrere le strade per sorridere (o imparare di nuovo a sorridere) attraverso i percorsi delle battute, dei giochi di parole, dei vari fumetti e strips (strisce) e dei vari generi umoristici, e imparando anche a individuare ed usare quei meccanismi che sottostanno ad una barzelletta, un fumetto, una storiella, una scena teatrale anche utilizzando (e questa potrebbe essere considerata una ‘rarità’ nel mondo italico nostrano!) con fluidità e grande opportunità – ma guarda un po’! – proprio la lingua italiana!

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