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Tocco, l’amico degli umani

Febbraio 19
23:00 2015

Erasmo abitava in una casa con giardino a Monte Porzio Catone, nei pressi del ristorante ‘Il Monticello’ gestito dalla sua famiglia, e Tocco di meglio non poteva trovare, tra spazi liberi, buon cibo e coccole. Ben presto conquistò la simpatia di tutti i monteporziani e di quanti ebbero modo di accostarlo. Girava libero per le strade, fra una carezza e un boccone sfizioso, portando ovunque allegria e buonumore. Gli piacevano le feste, ma sapeva condividere anche momenti tristi e momenti solenni. Riconosceva il richiamo delle campane: quando sentiva i rintocchi della campana a morto era il primo ad accorrere per presenziare alla cerimonia, per poi mettersi in testa al corteo diretto al cimitero, dove si tratteneva a lungo dopo le esequie. Così come apriva le processioni, facendo strada alle autorità civili e religiose, cadenzando il passo con quello del gonfaloniere. Non si perdeva una messa la domenica e nelle festività, partecipando compostamente alle funzioni nei pressi dell’altare, senza farsi troppo distrarre dalle attenzioni dei parrocchiani. Amava i bambini ed era suo compito quotidiano scortare gli scolaretti fino all’ingresso della scuola e attenderli all’uscita.
Era così inserito nella vita del paese, si dice ancora di Tocco, che sulla sua presenza si poteva far conto per ogni circostanza, e così puntuale da poterci regolare l’orologio. Per questi suoi meriti si era conquistata la divisa della banda musicale, che sfoggiava durante i festeggiamenti del patrono, sant’Antonino Martire. I suoi gusti alimentari erano noti a tutti, i suoi punti di ristoro sempre gli stessi: bar, forni e osterie i suoi passaggi obbligati, accolto dai gestori e dai clienti con un affetto ampiamente ricambiato. E poi c’erano il macellaio di fiducia e l’edicolante di zona, con cui Tocco s’intratteneva in conciliaboli quotidiani. Un giorno che l’accalappiacani si provò a prendere al laccio Tocco, pensandolo un randagio da sopprimere, si armò una vera sollevazione popolare che mise in fuga il malcapitato addetto comunale.
Un cane così, in un luogo così, non poteva passare inosservato. La sua partecipazione alle processioni e a tutti i funerali, con l’affezione che mostrava per le salme tumulate, colpì la fantasia dei media, tanto che una televisione giapponese arrivò a dedicargli uno speciale. La celebrità nulla tolse e nulla aggiunse alla gioiosità di Tocco e al suo rapporto con gli umani, tutti per lui paesani brava gente, con cui condivise ogni giorno della sua vita.
Tocco se ne andò nel 1999, alla bella età di quindici anni. Nel 2002, il primo settembre, fu eretto in suo ricordo un monumento nella centralissima piazza Borghese, dirimpetto alla scuola. All’inaugurazione c’era tutta la popolazione, l’allora sindaco Urilli, e nientedimeno che il pastore tedesco de Il commissario Rex televisivo. Tanto si è detto e scritto di Tocco, ma la sua storia non finisce di stupire. La storia semplice e commovente di un bastardino adottato da un intero paese, che seppe includerlo nel contesto sociale nel rispetto della sua natura, apprezzandone ogni manifestazione affettiva. E forse Tocco, se potesse parlare, dal suo piedistallo tornerebbe a ripetere ciò che praticò in vita: a due gambe o a quattro zampe, siamo tutte creature di Dio.

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