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“Testimone l’orizzonte”   –  recensione di Natale Sciara

“Testimone l’orizzonte”   –  recensione di Natale Sciara
Settembre 10
22:37 2016

“Testimone l’orizzonte “ è il romanzo storico che Rita Gatta, poetessa e autrice di Rocca di Papa e Lina Furfaro calabrese, ma da diversi anni residente a Ciampino e con l’attivo altri due romanzi – uno dei quali in particolare di carattere storico- legati alla sua terra di origine, ci hanno voluto regalare, impreziosendo la biblioteca di un romanzo importante nel quadro della letteratura legata ai Colli Albani.

Un romanzo poderoso di ben 450 pagine, corredato di appendice, ambientato a Rocca di Papa, ma che ha come scenario i Castelli Romani con i loro riflessi culturali.

Il lungo racconto abbraccia un arco di tempo di ben 130 anni pieno di fermenti sociali e storici, sia a livello locale, come ho detto, ma anche nazionale.

È il costume di vita della gente comune, le loro abitudini legate al contesto ambientale che vengono descritti, e con essi, i luoghi che condizionano la vita delle persone, il loro carattere, i loro comportamenti, la loro lingua.

In un tempo come il nostro nel quale la tecnica ci ha spinto a vivere in una dimensione interplanetaria, gli echi del mondo di ieri ci permettono di riflettere sulla natura umana ponendoci inquietanti interrogativi sul nostro futuro legato all’intreccio di culture. Un romanzo davvero notevole questo delle due maestre che hanno voluto suggellare la loro amicizia nata tra le mura di una scuola e proseguita attraverso i loro interessi culturali.

Un’opera preziosa non soltanto per l’area dei Colli Albani, perché il suo respiro varca i confini del locale per investire la sfera nazionale.

Per chi come me vive a Ciampino ormai da molti decenni venendo da altre parti d’Italia ed avendo vissuto in diverse città ed in contesti ambientali di diverso tipo e perlopiù in decenni di grandi trasformazioni sociali e che nel tempo ha assorbito gli echi della cultura dei Castelli Romani – che tra l’altro ho frequentato molto, ed avendo anche letto molti libri di autori legati al territorio dei Colli Albani – è stata una lettura di grande importanza, direi per tanti versi fondamentale, perché in qualche modo riassuntiva di tutta una cultura castellana almeno in certi aspetti fondamentali. Quella che si propone infatti, è una riflessione di carattere antropologico sulla natura umana e le sue esigenze in rapporto ai luoghi nei quali ogni essere umano è chiamato a realizzare un proprio destino esistenziale.

Il tempo tutto trascina con sé e trasforma luoghi e persone in un destino storico che trascende ogni avvenimento al di sopra dell’operare umano espressione di singole volontà. È la vita che scorre nella sua imprevedibilità che si sente pulsare in quest’opera di grande respiro storico, un’opera in qualche modo nostalgica di un tempo per così dire pre-pasoliniano, prima dell’avvento della società dei consumi e delle pervasività  della tecnologia esasperata. Infatti la narrazione si ferma agli inizi degli anni ’60.  E c’è da riflettere paragonando quella società e quel modo di vivere con ciò che è avvenuto successivamente  investendo anche l’attualità con gli interrogativi che porta con sé intorno al futuro.

È l’Italia di ieri statica, arcaica e agreste che viene rappresentata, le abitudini di vita derivate dal forte legame con il territorio il quale è fonte di sostentamento.

È la vita di un paese dei Colli Albani che viene descritta, un paese posto in un contesto geografico dove il bosco lo caratterizza offrendo la possibilità di provvedere al sostentamento di molte persone. Boscaioli, carbonai, vignaioli sono le attività più diffuse, ma poi nel borgo sono presenti anche gli artigiani che praticano mestieri tradizionali, quali il falegname, il barbiere, il maniscalco, l’alimentarista ecc. come pure spiccano le figure del sindaco, del prete, il farmacista, il maresciallo dei carabinieri. E sullo sfondo la presenza della famiglia aristocratica dei Colonna padroni dei terreni.

Molti coltivano l’orto, e le mucche, l’asino e il cavallo sono gli animali che alleviano le fatiche degli essere umani. Nella zona è molto diffusa anche la caccia, come pure le raccolte dei funghi e castagne. La vita dei più si svolge nei campi e nei boschi e poi la sera, dopo una dura giornata di lavoro all’osteria, dove si alza il gomito ed alcuni divengono anche rissosi.

È una vita grama quella che si conduce nel paese, una vita che scorre di generazione in generazione anche con fatti delittuosi e contrassegnata da nascite, malattie e morti che portano con sé gioie e dolori, e con essi il senso della precarietà del vivere.

La carità e la solidarietà di gruppo, però, sono molto sentite, come pure il senso religioso, alimentato dalla casualità degli eventi drammatici che investono il destino dei singoli individui. E poi ci sono le calamità naturali come i terremoti, come pure le guerre e i mutamenti politici che coinvolgono anche i luoghi periferici.

Nella descrizione delle abitudini di vita della comunità non vengono trascurati neppure i giochi più diffusi quali le carte, la morra, la passatella, il carachè, il gioco del cacio.

Un’opera, “Testimone l’orizzonte”, che ricostruisce minuziosamente l’esistenza di una comunità umana con tutte le istanze ed esigenze di vario ordine umano.

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