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TERRESTRISMO. Il turbinio primoniano della materia

Agosto 30
15:21 2015

 

Avviene spessissimo che Primon si affidi, per comporre le sue opere, ad elementi e ad oggetti trovati in natura, sia pure là pervenuti da una lunga e consumata consuetudine con la storia dell’uomo. Egli è letteralmente affascinato dalle culture che vivono di questa osmosi, di questa rete di scambi con la natura… Ed è qui che nasce il desiderio di amalgamare, nelle sue opere, reperti archeologici e reliquie fossili con prodotti e scarti della moderna cultura industria-le. Lo scultore è anche pittore materico, ma la sua opera pittorica non è fondata sul colore, bensì sull’assemblaggio e sul collage, dove entra di tutto: cassette della frutta, cartoni pressati, plastica arroto-lata, dipinta e poi bruciata. Una tecnica che non deriva dalla pittura, ma dalla lavorazione della ceramica. È materiale povero, il suo. I tubetti li ha usati in passato, oggi non più. Gli acrilici pure. Predilige i colori lavabili, e poi ama molto bruciare. Utilizza di tutto. La pietra gli piace, ed anche il legno, soprattutto quando, prima di lui, l’ha già lavorato la natura, il fulmine.
Franco Campegiani

Primon sente, soffre i grandi guasti del mondo, sente il degrado della realtà e del mondo e anche l’allontanarsi dell’arte dal mondo, l’hegeliana morte dell’arte (estinzione dell’arte e sua diaspora nella “prosa del mondo” a cui attingono tutte le avanguardie, le neoavan-guardie, le sperimentazioni) e vive una sorta di permeante (o perva-sivo) umore nero, ma leggero, facile da vincere quando egli senta dentro fiducia e comprensione anche per quella irrinunciabile certezza che egli ha nelle possibilità dell’uomo e dell’artista in special modo. Ed è appunto questa che lo spinge a lacerare, a rompere, a deformare, a schiacciare come se la forma si sgonfi asse, perdesse di pneuma , di anima delle cose, in quanto ne coglie l’aspetto propositivo piuttosto che quello destrutturante o distrutti-vo, ne evidenzia la possibilità ed eventualità di metamorfosi e dunque di cambiamento, di superamento dei vincoli che ormai sclerotizzano le forme, le irrigidiscono in canoni abusati, ripetitivi, e le svuotano tanto nella funzione quanto nell’armonia.”
Giorgio Segato

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