Terni – Dissolvenze Incrociate
Dissolvenze Incrociate
Dove: Terni
Spazio: Palazzo di Primavera
Indirizzo: Via Giordano Bruno 3
Orario: martedì/domenica 16.00/19.00; venerdì e sabato anche 10.00/13.00
Periodo: 28 ottobre – 26 novembre
Titolo: Dissolvenze Incrociate
Artisti: Angelo Accadia, Rita Albertini, Omero Angerame, Domenico Asmone, Rossella Baldecchi, Paolo Ballerani, Massimo Bardelli, Toni Bellucci, Angelisa Bertoloni, Mario Boldrini, Stefano Chiacchella, Luigi Cioli, Pippo Cosenza, Bruno Cristallini, Anna Del Vecchio, Riccardo Fioretti, Raffaella Franci, Guglielmo Girolimini, Fabio Grassi, Arnhild Kart, Chigusa Kuraishi, Antonia Leonardi, Lughia, Anna Massinissa, Massimo Melchiorri, Michela Meloni, Enrico Miglio, Maria Silvia Orlandini, Fiorella Pasquini, Rosella Passeri, Cecilia Piersigilli, Caterina Prato, Eliana Prosperi, Francesco Pujia, Achille Quadrini, Ferruccio Ramadori, Simona Salvuccelli Ranchi, Lorenzo Santoni, Veronica Severi, David Urru, Mauro Tippolotti.
Organizzazione: Associazione Sinergie in collaborazione con Spazio 121 Perugia
Curatore: Giuseppe Salerno
Testi in catalogo: Andrea Baffoni, Guido Buffoni, Giuseppe Salerno
Patrocini: Comune di Terni
Inaugurazione: sabato 28 ottobre ore 17.00
In occasione dell’inaugurazione si esibiranno, quali ospiti d’onore, i musicisti “Ensemble Talenti d’Arte” di Lucia Di Veroli
Ventuno opere in ottantaquattro tele riconducibili a quarantadue artisti sono i numeri di questa mostra che dal mondo del cinema mutua il meccanismo della dissolvenza incrociata. Dissolvenze Incrociate giunge a Terni dopo una prima esposizione a Villa Graziani di San Giustino e poi presso il complesso San Benedetto di Fabriano.
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Quando nomade viveva di caccia e guardava le stelle, l’uomo cercava attraverso l’arte il contatto con il divino. Allorché prese a coltivare le terre, l’arte fu il più efficace strumento di comunicazione al servizio dei potenti. Quando infine, sottratto all’ambiente naturale e dimentico dei ritmi dell’universo, l’uomo andò alla ricerca di se stesso, l’arte gli fu compagna. Oggi, che l’umanità intera vaga senza più riferimenti, è compito dell’arte ridare senso all’esistenza, mettere in collegamento e favorire le relazioni. Millenni di umanità in poche righe ignorano la complessità della storia nel tentativo di metterne in luce quei passaggi fondamentali che ne hanno delineato il divenire. Un divenire nel quale l’arte ha rivestito importanti funzioni che, tra loro profondamente diverse ma sempre tese a creare relazione, tutte in qualche misura oggi coesistono. Dalle vergini paleolitiche all’arte relazionale dunque, senza mai nulla perdere per strada. Quando si occupava prevalentemente di replicare il mondo reale e celebrare i potenti, l’artista, salvo rare eccezioni illuminanti, non si cimentava nella ricerca di nuove modalità espressive ed era assai lontano dal mettere in scena se stesso e la propria visione del mondo. Con l’avvento della fotografia e con la diffusione della corrente elettrica la società cambiò radicalmente e l’arte, divenuta libera espressione del libero sentire, intraprese strade nuove. Il venir meno dei vincoli e delle certezze del passato favorì la nascita di un’arte autoreferenziale, di sperimentazione e di contatto, dove l’incontro, il confronto e la collaborazione tra artisti divenne essenziale per la crescita individuale e per l’affermazione collettiva. Mutava così anche il rapporto tra l’opera ed il pubblico. Non più un committente da soddisfare, ma una moltitudine da intrigare, motivare e coinvolgere sul piano fisico e mentale, sul piano emotivo e razionale. La barriera tra opera e pubblico viene meno e in taluni casi l’opera reclama la presenza di un pubblico che relazionandosi la completi, divenendone parte integrante. Già dalla seconda metà del secolo scorso vengono a decadere molti presupposti della vecchia concezione dell’arte. Numerose sono le espressioni nelle quali, venendo meno l’oggettualità, il valore dell’opera si scollega dalla sua permanenza nel tempo. L’opera diviene azione, evento, prodotto immateriale. A volte è la risultante di processi complessi. A volte nasce dalla convergenza di più contributi che accreditano l’autore collettivo. A volte sancisce il superamento della stessa autorialità.
Si inserisce in questo divenire caratterizzato da commistioni ed attraversamenti dei linguaggi un mio progetto nel quale gli artisti intervennero su opere realizzate da altri artisti. “Sopraffactions” fu una metafora del mondo, la cui inarrestabile trasformazione è nell’incessante rimaneggiamento dell’esistente. Soltanto la piccolezza dell’uomo e la sua ambiziosa ricerca di eternità hanno concepito l’idea che l’opera d’arte fosse inviolabile e destinata a sconfiggere il tempo. Infrangendo tale “sacralità” gli artisti offrirono in tale circostanza una chiara rappresentazione di come la visione estetica ed etica altro non fossero che la risultante della proprietà trasmigrativa e cumulativa del pensiero, della sedimentazione di percorsi e intelligenze diverse.
Proseguendo nella medesima direzione, “Dissolvenze Incrociate” è la messa in scena di un processo che, mutuato dal mondo del cinema, genera opere insolite, sorprendenti, capaci di sollecitare una diversa attenzione in un pubblico chiamato a ripercorrerne mentalmente le fasi realizzative, riconoscerne meccanismi e implicazioni. Modalità del linguaggio cinematografico, la dissolvenza incrociata segna il lento passaggio da una immagine ad un’altra. Un cambio di scena che nel mentre una realtà lentamente svanisce, una nuova emerge. Un dialogo tra immagini. Un sovrapporsi momentaneo di fotogrammi, una sequenza di atmosfere che nel loro intrecciarsi creano suggestioni. Ventuno coppie di artisti hanno prodotto altrettante opere, composte ciascuna da una sequenza di quattro tele, in cui si realizza il graduale passaggio dai caratteri dell’uno a quelli dell’altro. Risultato di progettualità condivise, poetiche, tecniche, materie, forme e colori si incontrano e si fondono in lavori che aprono a scenari insoliti, carichi di prospettive e stimolanti interrogativi. Un significativo cambio di passo per artisti che, educati a rivendicare la paternità delle proprie opere, accantonano il proprio ego e mettono in mostra con forza, coscienza e collegialità le risultanti di un processo relazionale che a noi si chiede di svelare e interpretare.
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