Teologia nell’Arte – Il Mosaico nella Basilica di Santa Maria Maggiore
Il Mosaico nella Basilica di Santa Maria Maggiore
A Roma si trova il mosaico realizzato dal francescano Jacopo Torriti. Si tratta di un’opera di grande pregio artistico, sia per la sua preziosità, poiché è realizzata con tessere d’oro, sia per il suo profondo significato spirituale. È stato incastonato dall’artista nell’ Abside della Basilica di Santa Maria Maggiore. Osservato nella giusta prospettiva si presenta a forma di occhio: una pupilla che guarda il bene. Ogni sua parte, comprese le cromature, convergono verso il punto centrale che raffigura l’incoronazione della Vergine da parte di Cristo. I due personaggi sono seduti su un trono a forma di tàlamo. Il letto romano incornicia il sodalizio spirituale tra Cristo e la Vergine. La sposa di JHWH incarna il popolo di Dio, che, ha risposto positivamente, alla chiamata dell’alleanza con lui. La scena si svolge dentro un grande cerchio stellato di colore blu intenso nel quale Cristo è il protagonista indiscusso della scena, raffigurato come l’onnipotente seduto in trono e abbigliato come un imperatore in oro e porpora. Egli si trova nell’atto di porre sul capo della Vergine una corona regale ricca di gemme. Il suo volto è giovane come quello delle divinità greco-romane per rimarcare che non morirà più. Cristo non presenta i tradizionali segni della passione, tuttavia è riconoscibile attraverso alcuni particolari. L’aureola crucisignata, ricorda la sua tragica morte e la sigla X/P (Χριστός’) posta sull’abito, compone l’iniziale del suo nome in greco. Egli è il Messia, il Salvatore morto e risorto, le due lettere alludono per l’appunto, alla sua divinità. Il Signore dell’Universo è nell’atto di pronunciare un passo della Bibbia, che reca in mano, aperta nel libro del Cantico dei Cantici: Veni electa mea, et ponam in te thronum meum. È il suo richiamo per tutta l’umanità a partecipare alla vita divina, un invito a occupare la stessa posizione di supremazia e immortalità di Dio. Quel desiderio impronunciabile dell’uomo è fissato in questa scena solenne. La condizione per ottenere questo privilegio è rappresentato dall’amore totale e fedele a Dio. Nell’incontro con Dio la creazione è ricondotta alla bontà e allo splendore del giardino delle origini. La generosa concessione divina del suo potere regale è la sorgente di una vita nuova. Nella scena non è stata dimenticato nessuna forma vivente. Ai lati ci sono le nove schiere celesti, personificazione di coloro che compiono la volontà di Dio: Cherubini Serafini, Troni, Dominazioni, Principati, Potestà, Virtù, Arcangeli, Angeli. Dagli angoli estremi dell’ Abside fioriscono due vigorosi cespi di acanto che si sviluppano verso l’alto in girali. Le loro fioriture sono ricolme di animali: aquila- airone- colomba- pernice- pavone. L’acanto simboleggiava prestigio e benessere, per questo era usato per ornare le dimore dei ricchi romani. Adesso è qui per impreziosire la cornice divina. La scena riproduce la vittoria del bene e il suo potere di ricostruire il disegno iniziale della creazione. L’Amore di Dio è l’artefice di questa magnificenza. Ai lati c’è una scena fluviale dove sono collocati alcune rappresentanze di santi, ovvero, gli uomini che hanno imparato ad amare: a sinistra san Pietro, san Paolo, san Francesco, sulla destra san Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e sant’Antonio. Infine, in basso è riprodotta una miniatura dei benefattori dell’opera artistica: papa Nicolò IV e il card. Colonna. Negli spazi ricavati nelle 4 finestre sottostanti sono raffigurati i momenti più significativi della vita di Maria: Annunciazione, Natività, Adorazione dei Magi, Presentazione al Tempio, Dormitio Verginis. Il mosaico è un’opera che fissa in una sola scena cosa attende coloro che hanno deciso di seguire Cristo e il suo amore. Diventare “Dio” questo è il messaggio della narrazione figurativa; qualcosa di alquanto sorprendente, se si pensa che, la causa della separazione tra Dio e gli uomini nel giardino primordiale era stato l’albero della conoscenza del bene e del male (Gn 3, 4-5). Quell’albero piantato nel mezzo del cuore umano, simboleggia il desiderio di essere come Dio per sostituirsi a lui. Qui viene racconta una storia diversa, nella quale Dio esaudisce il desiderio di immortalità e di divinità in un modo del tutto sorprendente. Il banco di prova non è una dimostrazione di forza ma la capacità di amare. Maria incarna il destino di tutti coloro che sanno amare. Questa capacità è in grado, secondo la teologia cristiana, di rendere ogni uomo il “Signore” dell’Universo.
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