“Tempi inquieti e altre poesie” di Wanda Lombardi e “Alcyone 2000 – Quaderni di poesia e di studi letterari”
Wanda Lombardi, Tempi inquieti e altre poesie, Guido Miano Editore, 2024
Nella collana di testi letterari Alcyone 2000, è stata pubblicata la raccolta poetica Tempi inquieti ed altre poesie (2024) della poetessa sannitica Wanda Lombardi, che si compone di due parti: “Tempi inquieti, nuove poesie” e “Perché nulla vada perduto”, antologia di poesie edite a contenuto spirituale e religioso. L’inquietudine è la cifra esatta della poetica lombardiana, una sorta di status quo esistenziale e spirituale moderno che parte dall’anima dell’autrice, si espande nel mondo, per acquisire i suoi influssi e, in ultima analisi, riverberarsi con varie valenze nell’interiorità personale (la stessa dimensione che, Lucio Anneo Seneca, agli albori del Cristianesimo propugnava come caposaldo della vita umana libera). La lirica La mia anima è l’immagine speculare di tutto ciò e va anche oltre, ovvero introduce una dinamica ossimorica reiterata in altri luoghi metrici della raccolta. Qui cogliamo già alcune dicotomie e dualismi tipici, propri dell’incedere concettuale lombardiano. Da un lato il recto della medaglia: “fragile e tormentata è la mia anima”, “una barca alla deriva / quando il dolor percuote”, “accesa ver colui / che per odio è teso a demolire”; dall’altro il verso: “Semplice qual cuore di fanciullo, / trepida quando emozion l’assale”, “una roccia che non crolla / nei tanti scossoni della vita”, “Un terso specchio che riflette amore / per chi amore e gioia sa donare”, “Un libro aperto la mia anima”.
Sempre la stessa lirica può essere presa a modello per un versante dello stile poetico di Wanda Lombardi, cioè la ricerca estetica di un adagio leggermente classicheggiante, come testimoniato anche da alcune parole tronche qui e altrove utilizzate: “dolor”, “ver”, “qual”, “emozion”. Alla stessa stregua la sua ricerca formale si concretizza negli echi di taluni riferimenti letterari del nostro Otto-Novecento classico-ermetico, come in Fragilità, il cui incipit rievoca in soli tre versi nientemeno che Leopardi e Montale: “Il mio sconforto comparando / a quello altrui” … “Comparando” è verbo leopardiano nell’Infinito e richiama pure il somigliare alla vita del passero il costume solitario e dolente del recanatese ne Il passero solitario; mentre “Il male di vivere affronto” è di assoluta derivazione dalla poesia montaliana e ben si sposa con l’inquietudine lombardiana. L’altro versante stilistico è dato dalla tendenza a una certa forma di poesia-prosa che quindi indugia, anche se con moderazione, in cadenze di tipo narrativo. Paradigmatica è Sfumature, della quale, per ragioni di spazio, riportiamo solo qualche verso:
“Nessuna cosa al mondo / uguale è all’altra, / pur nell’apparente somiglianza. / Si osserva, si rivede, si confronta / e tutto accattivante sembra / mentre nella mente si fermano le immagini / e via via esse vengono affiancate…”.
L’ispirazione proviene da regioni e dimensioni dell’esistenza che s’intrecciano e si interfacciano tra loro, creando un ventaglio aperto d’immagini ed atmosfere. Nel mosaico tematico il punto di partenza è senz’altro quell’interiorità a cui s’è già accennato, alla quale s’affiancano i vissuti autobiografici e quindi anche memoriali; un posto di rilievo nei testi è destinato al rapporto io-mondo, relazione conflittuale per le aberrazioni storiche, sociali, ambientali che stiamo vivendo ad opera di homini lupus, ma relazione armoniosa e riconciliatrice con la Natura, pur minacciata da gravi pericoli. Ne risulta un pessimismo antropologico verso l’umanità che, talvolta, produce scene apocalittiche, quando la poetessa indossa i panni di una Cassandra profetessa di sventure. Tuttavia, d’altro canto, l’apparente passatismo e il latente misoneismo di alcune liriche, in realtà non sono tali e non le appartengono ideologicamente e culturalmente, in quanto sono solo reazioni istintive agli eccessi e ai malesseri apportati dall’altra faccia del progresso e della società consumistica, che tutti condanniamo. L’idolatria tecnocratica, delle macchine, della velocità produce furti di umanità in tutti noi che, a lungo andare, metteranno a repentaglio l’essere autentico, proliferando alienazioni e dipendenze: questo è il fondo del messaggio lombardiano, molto realistico ed attuale.
Ed allora, la seconda parte del libro, che in sostanza è poesia religiosa, ristabilisce il cammino per accedere alla Luce, celebrando la spiritualità cristiana, il rapporto con Dio, il ritorno alla fede dei padri: “La serenità interiore / i disaccordi allontana, / avvia alla solidarietà, spinge ad essere migliori” (Ritrovare la pace); “Avvicìnati agli umili, / agli oppressi, agli emarginati / e felice sarai. / Vivere nella felicità di ben operare / è vivere con Dio” (Saper vivere). Queste sono le cose che non devono andar perdute e tale è il testamento ultimo della Lombardi. Enzo Concardi
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Pubblicato il volume 18 di Alcyone 2000 – Quaderni di poesia e di studi letterari; Guido Miano Editore, Milano 2024. In questo volume articoli su Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli, Padre David Maria Turoldo, Maria Angela Eugenia Storti, Don Angelo Carparelli, ecc…. Opere d’arte di Maria Teresa Vittone, Fabio Recchia, Geremia Renzi, Anna Actis Caporale, Cecilia Natale.
«Carducci nell’ultimo ottocento simboleggia il passato redivivo nell’atto di espandere nel cuore di tutti il seme della grandezza; e della giustizia, del lavoro e della pace. Egli è il “Santo Maestro” che educava i giovani ad anteporre nella vita, spogliando i vecchi abiti di una società guasta, l’essere al parere, il dovere al piacere, conservare, alimentare, dissotterrare la grande tradizione nazionale, “il poeta-vate della terza Italia”, la cui poesia sarà come “un assillo che la pungerà a procedere sempre, un fuoco inestinguibile che la costringerà a sempre più purificarsi: l’anima che la rapirà sempre più verso l’ideale che solo è vero”. La fede, l’ansia, la trepidazione, l’ebbrezza del martirio dei protagonisti del Risorgimento, nulla perdettero del primitivo slancio nell’animo del poeta maremmano, il quale le trasfuse, ‘bagnate’ dei problemi sociali nuovi, nei suoi discepoli. E Pascoli fece suo il messaggio del venerato maestro, il quale, nel discorso pronunciato in occasione dello Scoprimento del busto di G. Leopardi così si esprime: “Signori, io non sono di quelli che stoltamente o scelleratamente sognano che la miseria e il dolore abbiano da finire, ma sono di quelli che fermamente credono e vogliono che la miseria debba essere alleviata e il dolore sollevato”…». Giorgio Battaglia
«Ho due motivi per scrivere di padre David Maria Turoldo su “Alcyone 2000”, che nel volume 16 (2022) ospitò la ristampa di un suo scritto, Mia madre, pubblicato per la prima volta sul n°1-2 (gennaio-aprile 1957) di “Davide, rivista sociale di lettere e arti”, fondata nel 1951 da Alessandro Miano, fratello maggiore di Guido. Padre Turoldo era in rapporti amichevoli con i fratelli Miano; oltre a partecipare a vari eventi culturali, ha tenuto varie lezioni straordinarie al “Corso Biennale di Orientamento Professionale di Giornalismo” di Milano, presso il “Centro Sperimentale italiano di giornalismo”, di Guido Miano. E siccome si suol dire “gli amici degli amici sono amici”, ho aderito volentieri all’invito di scrivere su di lui. Non ho conosciuto personalmente padre Turoldo, ma l’ho incrociato due volte. La prima da ragazzino, dopo la morte di papa Giovanni XXIII, quando mio papà, che lo conosceva personalmente e lo apprezzava molto, portò la famiglia a Sotto il Monte (BG) per partecipare a una Messa celebrata da padre Turoldo. Una seconda volta lo incrociai da studente universitario nei primi anni ‘70 ad un’iniziativa del “Tribunale Russel” contro la repressione in Brasile. Devo dire che non mi entusiasmò. Ma quando mio papà morì, nel 2006, trovai nel suo computer un file intitolato “Pregare” coi nomi dei vivi e dei defunti a lui cari – e per i defunti c’era scritto (c’è scritto, lo conservo ancora): “per P. Davide Turoldo, Requiem”. Ciò me lo ha reso più vicino di quanto abbia potuto fare la sua multiforme attività pubblica, ricchissima…» Marco Zelioli
«Il salotto culturale di “Palazzo del Poeta” a Palermo, riapre le porte, con un nuovo cartellone ed un itinerario dedicato al mondo femminile. Dodici donne si raccontano attraverso la letteratura, il cinema l’arte, insieme al punto di vista di due autori, il cui sguardo completerà la rassegna letteraria “Un tè con l’autore”, ideata dalla giornalista Rosa Di Stefano. Ad inaugurare il quarto cartellone della stagione, venerdì 29 settembre, è stata la scrittrice Maria Angela Eugenia Storti con il saggio Itinerari di letteratura del Novecento tra tradizione ed innovazione introdotto dall’accurata prefazione di Lea Di Salvo. Un sentiero di riflessione sulla letteratura del Novecento, attraverso il confronto di alcuni degli autori ritenuti dall’autrice più significativi nell’ambito della cultura tedesca, anglosassone ed italiana. Percorsi di memoria per ragionare sul romanzo, la poesia ed il teatro e riflettere anche sul contemporaneo…». Marisa Di Simone
«Figlia d’arte, in quanto anche il padre e il fratello pittori, Anna Actis Caporale ha avuto una vita avventurosa. Innumerevoli viaggi in paesi orientali, attratta da civiltà misteriose e cariche di simbologie e misteri, ha maturato un linguaggio unico e personalissimo che non dissolve la struttura e lo spessore della realtà naturale, ma ne coglie tutti gli elementi essenziali attraverso pennellate leggere e rapide che trasfigurano i paesaggi assorti e incantati. Temi ricorrenti dei suoi dipinti: il viaggio, i deserti, la mongolfiera che racchiude tutto l’anelito umano a quel senso di libertà cui tutti tendiamo. La sua è una pittura che nasce da una sofferta meditazione interiore, da una ricerca introspettiva, ma soprattutto dall’attimo, da quell’ “attimo che è il centro di ogni cosa” (dall’intervista rilasciata ad Andrea Domenico Taricco in Periodico d’arte) ….». Michele Miano
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