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Teatro Vascello – STAGIONE 2019 2020

Teatro Vascello – STAGIONE 2019 2020
Settembre 19
06:45 2019

STAGIONE 2019 2020

MAI PIU’ SOLI

Una stagione ricca di novità quella del Teatro Vascello, frutto di un lavoro appassionato

alla ricerca non solo di grandi titoli e grandi interpreti ma di sempre motivate e mai casuali scelte programmatiche. Un disegno di ampio respiro, con proposte diverse tra loro ma tutte riconducibili a un progetto culturale unitario sotto il segno della qualità.

Mai più soli è lo slogan della Stagione 2019 – 2020 che individua nel teatro il luogo ideale e privilegiato per incontrarsi, riflettere e confrontarsi con la realtà e la contemporaneità che ci circondano.

Si rinnovano relazioni già collaudate e si concretizza una nuova e inedita collaborazione con la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo, oggi guidata da Carolina Rosi con la quale il Teatro Vascello condivide ideali e futuri progetti.

 

Per una più immediata leggibilità gli spettacoli sono stati raggruppati in diverse sezioni.

Il nuovo abbonamento di prosa è composto da 9 proposte di artisti diversi per sensibilità, ma accomunati dal loro indiscusso talento.

Drammaturgia contemporanea con Stefano Massini, Spiro Scimone, Enzo Moscato:

– Alessandro Preziosi è l’intenso protagonista di Vincent Van Gogh L’odore assordante del bianco, uno spettacolo prodotto da Khora.teatro con la regia di Alessandro Maggi e la drammaturgia di Massini – asciutta ma ricca di spunti poetici – che riflette sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea (26 novembre – 1° dicembre).

– Scimone e Sframeli si misurano per la prima volta con Pirandello e con i Sei personaggi in una versione calorosamente festeggiata che, dopo una lunga tournée, arriva finalmente a Roma; uno spettacolo in perfetto equilibrio tra comicità e feroce ironia diretto da Francesco Sframeli, anche in scena con un nutrito cast di giovani attori (3-8 dicembre).

– Una sanguigna e tenerissima Imma Villa diretta da Carlo Cerciello, dà voce e corpo a Scannasurice di Enzo Moscato, uno spettacolo emozionante pluripremiato che torna a Roma dopo gli unanimi consensi ottenuti dal pubblico e dalla critica e che è ormai diventato un apprezzato piccolo “cult” (10-15 marzo).

Due i classici: La tempesta di Shakespeare e La locandiera di Goldoni.

Quella che arriva dal Teatro Biondo Palermo, a firma di Roberto Andò è una Tempesta ricca di spunti visionari, di elegante fattura e densa di suggestioni; nel ruolo di Prospero un attore di talento come Renato Carpentieri affiancato, tra gli altri, da Vincenzo Pirrotta, Filippo Luna, Gaetano Bruno e Giulia Andò (10-19 gennaio).

Sorprende e fa sorridere La locandiera, nella versione della Compagnia Proxima Res di Tindaro Granata: una brillante edizione, diretta da Andrea Chiodi, fedele all’originale, ma non priva di trovate che la rendono piacevolmente attuale (28 gennaio-2 febbraio).

Teatro musicale con Moni Ovadia, artista ironico, narratore dotato di straordinaria lucidità: a 25 anni dal primo Oylem Goylem, mette in scena un nuovo spettacolo con nuove storie, umorismo yiddish, canzoni, barzellette, musica klezmer (4-9 febbraio).

Dopo aver lavorato sui testi pubblici e privati di Gadda e Pasolini Fabrizio Gifuni continua la sua lacerante antibiografia di una nazione; in Con il vostro irridente silenzio (18-23 febbraio) si confronta con alcuni degli scritti più scabri della storia d’Italia: le lettere dalla prigionia e il memoriale di Aldo Moro. Gifuni dedica inoltre con Fatalità della rima una serata a Giorgio Caproni, poeta livornese che visse una parte importante della sua vita a Monteverde, a due passi dal Teatro Vascello (17 febbraio).

Atteso ritorno a Roma è quello di Marco Paolini, straordinario affabulatore, con Filo filò, il suo più recente lavoro prodotto da Jolefilm che riflette sui cambiamenti determinati dalle nuove tecnologie sulla nostra vita quotidiana (24-29 marzo).

Rezza & Mastrella, Leone d’Oro alla carriera alla Biennale Teatro di Venezia 2018, sono di casa al Vascello che dedica quest’anno ai due artisti una piccola “personale”. Sarà l’occasione per vedere (o rivedere) Fotofinish, uno dei cavalli di battaglia della coppia, un classico della loro graffiante e surreale comicità (17-22 dicembre), Bahamuth, scatenato e spassosissimo montaggio dadaista (26-31 dicembre); Anelante (3-5 gennaio) storia di un uomo alla continua ricerca della sua dimensione.

 

Accanto alle proposte in abbonamento un’ampia sezione è quella dedicata ai progetti di teatro, alla danza, alla musica, al circo.

 

Inaugura i progetti teatrali The night writer Giornale notturno di Jan Fabre. Lo interpreta Lino Musella che diventa Fabre in questa opera autobiografica dell’artista belga in cui emergono le intriganti sfaccettature e gli affascinanti pensieri di uno dei maggiori esponenti dell’arte e del teatro contemporaneo (11-13 ottobre in collaborazione con Romaeuropa Festival).

Un focus è dedicato a Roberto Latini, regista, attore e performer di originale personalità: La delicatezza del poco e del niente è un concerto poetico di parole su alcune delle composizioni più intense di Mariangela Gualtieri (14 ottobre); Il cantico dei Cantici è un poema antico al quale Latini sa infondere nuove energie (16-17 ottobre); Sei. E dunque, perché si fa meraviglia di noi? è una rielaborazione drammaturgica del capolavoro pirandelliano interpretato da PierGiuseppe Di Tanno che, solo in scena, dà voce a tutti i personaggi (18-20 ottobre).

Una novità è Venezia a Roma, un progetto che nasce in collaborazione con la Biennale Teatro di Venezia con l’intento di sostenere il lavoro di giovani artisti. Ospite quest’anno è Giovanni Ortoleva, regista under 30, menzione speciale alla Biennale 2018 che presenta Saul liberamente tratto dall’Antico Testamento e ispirato al testo di André Gide, drammaturgia dello stesso regista e di Riccardo Favaro (24-27 ottobre).

 

 

Quattro sono gli appuntamenti con la danza:

– Il Balletto di Roma arriva con due lavori inediti: Hu_Robot su coreografie di Ariella Vidach (4-6 ottobre) e Sogno, una notte di mezza estate firmato da Davide Valrosso (25 febbraio -1 marzo).

– Ricky Bonavita con la Compagnia Excursus presenta in prima nazionale Alma Tadema  (13-15 novembre);

Dancing partners (27-28 aprile) è un progetto europeo in rete che vede coinvolti artisti di diverse nazionalità (Italia, Spagna, Svezia, Inghilterra);

Vivaldiana è infine il titolo del nuovo lavoro della Spellbound di Mauro Astolfi ispirato al musicista veneziano (5-10 maggio).

– È uno “spettacolo per tutti” – tra danza e circo – L’uomo calamita del Circo El Grito in programma dal 12 al 15 dicembre.

 

Spaziano dal classico al popolare le proposte musicali:

Tre gli appuntamenti di Calendario Civile (programma che trae ispirazione dal libro di Alessandro Portelli, per non dimenticare i grandi avvenimenti che hanno segnato la storia dell’Italia e dell’umanità) realizzati in collaborazione con il Circolo Gianni Bosio:

– Moni Ovadia rilegge i grandi poeti greci in Romeosini Grecità (16 settembre);

– Dario Marconcini anche in scena con Giovanna Daddi e Emanuele Carucci Viterbi propone – in occasione della Giornata della Memoria – La mamma sta tornando, povero orfanello di Jean Claude Grumberg (27 gennaio);

– dedicato al ricordo del disastro di Chernobyl è Bob Dylan, pioggia e veleno con Alessandro Portelli, Piero Brega, Susanna Buffa, Sara Modigliani (20 aprile).

– La Scuola Popolare di musica Donna Olimpia e l’Orchestra di Villa Pamphilj arriva (dal 6 all’8 marzo) con Lucignolo e gli altri singspiel originale per soli, cori e orchestra diretto da Fabrizio Cardosa;

Di voce in voce è la proposta di Nando Citarella, un viaggio tra musica e parola con ospiti diversi ogni sera (1-5 aprile);

Ovidio Heroides Metamorphosis è l’incontro artistico tra Manuela Kustermann, interprete di alcune pagine del poeta latino Ovidio e Cinzia Merlin, virtuosa pianista (15-19 aprile);

Soul è un concerto della More than Gospel diretto da Vincenzo De Filippo (26-29 maggio).

 

Chiusura con Maggio corsaro, due spettacoli di drammaturgia italiana contemporanea:

– La consuetudine frastagliata dell’averti accanto di Marco Andreoli diretto e interpretato da Daniele Pilli e Claudia Vismara (12-17 maggio);

– L’uomo più crudele del mondo scritto e diretto da Davide Sacco (20-22 maggio).

 

Numerosi gli appuntamenti in calendario in Sala Mosaico – rinnovata piccola sala del teatro – con incontri, letture, mise en espace dedicate alla poesia e alla letteratura; da novembre ad aprile si conferma inoltre la presenza di Vittorio Viviani – ogni giovedì alle ore 18.00 – con Quel copione di… che, a partire dalla novellistica italiana, riflette sulla situazione di oggi.

Come di consueto – saranno proposti nel corso dell’anno appuntamenti dedicati ai ragazzi con Il Vascello dei piccoli e si rinnoveranno le collaborazioni con il Romaeuropa Festival, Flautissimo, Roma Fringe Festival.

 

Sono in vendita on line e al botteghino del Teatro Vascello gli abbonamenti per la prosa Zefiro (a 9 titoli), Eolo (a 5 titoli a scelta). Ponentino è invece una card libera a 5 titoli tra le proposte di danza, musica, circo e progetti speciali di teatro.

 

È previsto inoltre un cambiamento negli orari della programmazione: sabato ore 19.00, domenica ore 17.00, tutti gli altri giorni alle ore 21.00.

 

L’Art Theatre BioBistrò è aperto tutti i giorni a partire dalla mattina.

 

Biglietteria:

Prosa intero € 25, ridotto over 65 € 18, ridotto under 26 € 15

Abbonamenti

ZEFIRO abbonamento fisso a 9 spettacoli (posto e turno fisso)

turno a scelta tra martedì, mercoledì, giovedì: 162,00 euro

turno a scelta tra venerdì, sabato, domenica: 180,00 euro

EOLO abbonamento a combinazione a 5 spettacoli (posto e turno fisso)

turno a scelta tra martedì, mercoledì, giovedì: 90 euro

È possibile effettuare il cambio turno con un costo supplementare di € 5,00;

esclusivamente per i nostri vecchi abbonati il cambio turno sarà possibile senza costi aggiuntivi.

 

Progetti Teatro intero € 25, ridotto over 65 € 18, ridotto under 26 € 15

Progetti Musica, Danza e Circo intero € 20, ridotto over 65 € 15 ridotto under 26 € 12

Flautissimo intero € 20, ridotto over 65 € 15, ridotto under 26 € 12

* per il concerto degli Avion Travel inizio spettacolo h 18: Intero € 25 ridotto over 65 € 18 ridotto under 26 € 15

Maggio corsaro posto unico € 15

Vittorio Viviani quel copione di… posto unico € 12,00 compreso di aperitivo

Ponentino card € 60,00 a 5 spettacoli a scelta tra le proposte di teatro, musica e danza, l’abbonamento non è valido per le proposte inserite negli abbonamenti EOLO e ZEFIRO.

 

TEATRO VASCELLO STRUTTURA DOTATA DI ARIA CONDIZIONATA

Via Giacinto Carini, 78 – 00152 Roma

Tel. 06.5881021/06.5898031

www.teatrovascello.it promozione@teatrovascello.it

 

 

 

16 settembre 2019 h 21 Progetti Musica

CALENDARIO CIVILE CIRCOLO GIANNI BOSIO

ROMEOSINI GRECITA’

di e con Moni Ovadia

e con:  Roberta Carrieri, voce e chitarra

Dimitris Kotsiouros, bouzouki e oud

 

Moni Ovadia rilegge i grandi poeti greci contemporanei capaci di trovare una voce autentica, moderna e umanissima agli dei e agli eroi dell’antica Grecia.

“Noi pensiamo greco, perché tutto il nostro apparato concettuale è di derivazione greca. Dobbiamo piuttosto chiederci come parlavano i greci, che voci avevano e da questo cercare di capire che queste lingue portano anche i travagli di duemila anni di storia. E’ una lingua semplicemente sublime perché porta dentro di sé i segni della dominazione turca, tutti i barbarismi, tutto il cosmopolitismo levantino. E’ una lingua grandiosa, multanime, dove trovi parole veneziane, slave, turche, una lingua che porta tutto il Mediterraneo in sé.

Quando l’Unione Europea ha umiliato la Grecia ha umiliato la nostra origine, una sciagura dal punto di vista simbolico. E allora vogliamo dire che la Grecia di oggi è la Grecia viva che viene dalla Grecia di allora che era viva”.

 

 

4-5-6 ottobre 2019  venerdì h 21 – sabato h 19 – domenica h 17 Progetti Danza

BALLETTO DI ROMA

Hu Robot

Spettacolo in atto unico

Ideazione e Regia Ariella Vidach, Claudio Prati

coreografia di Ariella Vidach

in Co-Produzione con Lis Lugano In Scena
Ariella Vidach Aiep / Avventure In Elicottero Prodotti

con il Sostegno di Mibact | Next Regione Lombardia
Comune Di Milano | Decs Canton Ticino Swisslos, Comune di Lugano

Disegno sonoro e programmazione audio max/msp

Paolo Solcia, Riccardo Santalucia e Alessandro Perini

Disegno luci Stefano Pirandello

Programmazione grafica vvvv Sebastiano Barbieri

Realtà aumentata e visione robotica Giovanni Landi

Scenografia ed elementi visivi Claudio Prati

Designer elementi UR10 Gisto – Alessandro Mason

Drammaturgia Ariella Vidach e Claudio Prati in collaborazione con Enrico Pitozzi

Maitre/assistente alle coreografie Anna Manes

Assistenza alla programmazione UR10 Massimiliano Davi /Max Effects

 

HU_robot è una coreografia che esplora la robotica e la realtà aumentata, aprendo lo spazio scenico a inedite possibilità percettive. In una geometria non euclidea, i danzatori si smaterializzano e si moltiplicano, replicati in immagini, riprese ed elaborate da un robot in scena. In un passo a due tra l’umano e il suo doppio, tra uomo e macchina, si realizza la perturbante esperienza della nostra contemporaneità, tesa tra la fascinazione nei confronti del progresso scientifico e la paura per l’allontanamento dall’organico. In una drammaturgia astratta, la danza trasforma gli eventi in un’esperienza sinestetica e polisensoriale che “proietta” letteralmente lo spettatore sui fondali della scena, coinvolgendolo in un confronto serrato con l’alterità.

 

Stiamo vivendo il tempo dell’effettiva integrazione fra uomini e automi e la continua frequentazione con macchine che sembrano dotate di facoltà tipiche del genere umano, come la parola e il comportamento, suscitano molte domande e dubbi. Quali sono gli effetti psicologici ed etici di questa coesistenza ed interazione sempre più profonda ed intima? Quali sono le nuove forme e modalità di comunicazione e fino a che punto si possono spingere le relazioni fisiche e psichiche tra uomo e automa? Due robot possono dialogare tra di loro e in che lingua lo fanno? È accettabile provare emozioni per un robot e pensare di utilizzarli come badanti o partner sessuali?

La performance propone visioni e prospettive in relazione alle domande poste e agli aspetti che creano più inquietudini e timori, focalizzando l’attenzione sulle forme di comunicazione, di dialogo e d’interazione tra la nuova generazione di robot collaborativi ed esseri umani. Utilizzando la tecnologia per potenziare l’osservazione, lo sguardo e l’ascolto dell’altro da sé, il lavoro propone l’esperienza empatica ed immersiva di una dimensione inorganica, artificiale, infinita e disponibile fuori dall’ordinario. In questo modo, uno “sguardo” ed un “ascolto” aumentato possono portare a comprendere meglio la dimensione virtuale che permea sempre di più la nostra esistenza.

 

I coreografi e registi:

Ariella Vidach / Coreografa e danzatrice Nata ad Umag (Croazia), si forma nella New York degli anni Ottanta con i protagonisti della danza postmoderna americana da Trisha Brown, Twyla Tharp, Dana Reitz, a Steve Paxton e Bill T. Jones. Inizia la sua produzione proprio nella metropoli statunitense con la realizzazione di performance che saranno presentate anche in Europa.

Torna a Milano nel 1990 e nel 1996 costituisce la compagnia di danza Ariella Vidach – AiEP, con la quale produce performance multimediali che affiancano alla ricerca coreografica l’interesse per il rapporto tra corpo e tecnologia.

Dal 2015 realizza numerose produzioni, tra cui: .Mov, presentata in occasione dei mondiali di ciclismo di Mendrisio, Relais, Bodhi, Vocset, selezionato alla NID 2014 Piattaforma della danza italiana, e ID, commissionato dall’Istituto Italiano di Cultura a New York e presentato all’interno di European Dreams, manifestazione realizzata in collaborazione con altri 4 paesi per la promozione della danza europea negli Stati Uniti. Realizza molti progetti site specific in collaborazione con Urban Experience e all’interno della mostra Body Worlds Carnem presso la Cattedrale della Fabbrica del Vapore. Continua la sua attività di ricerca e produzione e l’impegno nella divulgazione del rapporto tra danza e tecnologie interattive. È attiva anche nel sostegno dei giovani autori con il progetto residenze NAOCREA (2009-2017), di cui è direttrice artistica. Nel 2016 realizza lo spettacolo Temporaneo Tempobeat e collabora con artisti di rilievo internazionale come Moni Ovadia e Studio Azzurro per lo spettacolo Delfi Cantata. Nel 2017 crea la performance HABITdata e collabora con CAREOF e Nico Angiuli per il progetto The Tool’s Dance, vincitore del Bando MigrArti 2017 del MiBACT. Vive a Milano, dove insegna alla Scuola Paolo Grassi e all’Accademia di Belle Arti di Brera.

 

Claudio Prati / Videoartista e regista Nato a Berna nel 1954, dopo il diploma cantonale di scuola magistrale di Ginnastica e Sport presso il politecnico federale di Zurigo, frequenta dal 1982 al 1986 l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, diplomandosi in scultura con il prof. Alik Cavaliere, e la scuola del Piccolo Teatro nel corso specializzazione mimo e pantomima. Dal 1986 al 1988 studia alla New York University con il prof. Peter Campus nei corsi M.A di Videoart e Special Project Mixed Media. Studia Contact Improvisation presso il Movement Research e il PS122, e danza contemporanea negli studi di M.Cunnigham e A.Nikolais, partecipando ad alcune performance della compagnia di  Elisabeth Streb e Yoshiko Chuma. Nel 1988 ritorna in Europa e fonda a Lugano l’associazione culturale Avventure in Elicottero Prodotti (AiEP) con cui produce performance multimediali e organizza rassegne, workshop di teatro, danza e nuove arti visive. Nel 1996 crea con Ariella Vidach la Compagnia Ariella Vidach – A.i.E.P., con cui produce spettacoli e performance interattive presentate in numerosi festival europei. Nel 1998 è membro della giuria internazionale del prestigioso “Premio PIXEL IMAGINA – INA” a Montecarlo. Realizza come regista diversi lavori di video danza, come Elicon Silicon (1994), Exp (1997) e altri co-prodotti dalla RSI come E-motions (2000 menzione speciale al festival Coreografo Elettronico di Napoli), Les Buffers (2003) Cromosonic (2007). Dal 2005 cura la regia di Meet The Media Guru, una rassegna che presenta le personalità culturali internazionali più significative del nostro tempo. Guida dal 2005 al 2011, come capofila per la svizzera, i progetti Interregg  INnet e Tec Art Eco, laboratori, seminari e festival dedicati al rapporto tra performance, teatro, danza, multimedia, interattività ed ecologia. Tra il 2009 e 2011 è condirettore artistico dei progetti NAO Nuovi Autori Oggi impegnandosi nella promozione e diffusione dei saperi legati alle nuove tecnologie alle nuove generazioni di autori.

 

 

PROGETTI TEATRO

ven.11/10/2019 h 21

sab.12/10/2019 h 19

dom.13/10/2019 h 17

The night writer. Giornale notturno

Testo, scene e regia Jan Fabre

Con Lino Musella

Musica Stef Kamil Carlens

Drammaturgia Miet Martens, Sigrid Bousset

Traduzione Franco Paris

Direzione tecnica Geert Van der Auwera / Javier Delle Monache

Disegno luci Wout Janssens

Fonica Marcello Abucci

Direzione di produzione Gaia Silvestrini

Produzione Troubleyn/Jan Fabre e Aldo Grompone

e FOG Triennale Milano Performing Arts / LuganoInscena-LAC / Teatro Metastasio di Prato /TPE – Teatro Piemonte Europa / MARCHE TEATRO / Teatro Stabile del Veneto

Produzione esecutiva e distribuzione Aldo Miguel Grompone

in collaborazione con Romaeuropa Festival

 

The Night Writer. Giornale notturno è un autoritratto.

Jan Fabre di notte scrive e disegna. The Night Writer raccoglie, come in un flusso, i suoi pensieri sull’arte e sul teatro, sul senso della vita, sulla famiglia, sul sesso, sull’amore: dai vent’anni di un giovane di provincia, sino alla maturità dell’artista celebrato in tutto il mondo.

Come in una confessione, un mettersi a nudo con spregiudicatezza, con ironia e crudeltà, il copione raccoglie diverse pagine dei diari personali dell’autore, oltre a brani tratti dai suoi scritti per il teatro: ‘La reincarnazione di Dio’ (1976), ‘L’Angelo della Morte’ (1996), ‘Io sono un errore’ (1988), ‘L’imperatore della perdita’ (1994), ‘Il Re del plagio’ (1998), ‘Corpo, servo delle mie brame, dimmi…’ (1996), ‘Io sono sangue’ (2001), ‘La storia delle lacrime’

(2005), ‘Drugs kept me alive’ (2012).

Lino Musella dà corpo a questo “diario umano” e restituisce l’irrestituibile: da grande attore incarna con verità, con poesia, con commozione, con ironia e con intelligenza questo carico di vita e di pensieri, con la stessa potenza, vitalità e bellezza, con cui l’autore li ha trasferiti su carta. Quando ero più giovane me lo dicevano tutti i giorni con un dito ammonitore

‘Tu vivi sul filo del rasoio

Sei una candela che brucia da sotto e da sopra (…)’

Io brucio sempre

Persino quando voi pensate che io non faccia niente

Brucio più violentemente di quanto concesso e previsto

Brucio e non solo per me

Ma anche per dare

Fuoco e luce agli altri

Proprio come dagli altri ho ricevuto

Fuoco e luce

La lettura del diario ci introduce alle molteplici, contraddittore e intriganti sfaccettature di Jan Fabre, che si rivela di volta in volta visionario, disarmante e scaltro, pungente e commovente, provocatorio ed esitante, sovversivo e orgoglioso della propria tradizione figurativa fiamminga. (…) Emerge poi un’evidente e significativa discrepanza

tra la vita del giorno, ricca comunque di impressioni, sensazioni, lavoro, performance, mostre, progetti e quella – se possibile ancora più intensa – della notte, intima, lacerante, sconvolgente, colma di furia creativa, ora meditativa, ora “sanguigna”. L’affermazione di una curiosità senza limiti e di un’inesauribile energia ruotano già in queste pagine intorno al ruolo del corpo, un corpo che è nel contempo spirituale e materiale, culturale e

viscerale, sede del pensiero ma anche di sangue, urina, sperma, nucleo dell’eterno flusso di nascita-morterinascita. (…) Un ritratto al rosso profondo e coinvolgente.

Franco Paris

 

Il nuovo assolo del geniale Jan Fabre, il primo scritto in italiano per l’ottimo Lino Musella, ci consegna l’incrollabile certezza che il teatro sia il solo luogo (mentale, creativo, fisico) che nell’epoca del virtuale sia riuscito a conservare la sua spiritualità.

Jan Fabre con un assolo tutto nuovo, in cui si racconta, si rivela, si nasconde, ci provoca, ci affascina ma per interposta persona… Questo alter ego è Lino Musella, interessante attore che ama spesso esibirsi in spettacoli fuori dagli schemi consueti, ricco di estro e di intelligenza. … Ascoltando le sue parole è possibile penetrare dentro l’officina artistica di questo inventore di teatro, performer, coreografo, artista visivo che se ne infischia dei generi

avendoli profanati tutti e che mantiene l’incrollabile certezza che il teatro sia il solo luogo (mentale, creativo, fisico) che nell’epoca del virtuale sia riuscito a conservare la sua spiritualità. Maria Grazia Gregori, delteatro.it

 

L’artista fiammingo, che di tante ricerche della scena di oggi è stato un ispiratore e precursore, si racconta, si confessa per bocca di un bravissimo attore italiano, Lino Musella, in uno spettacolo che unisce la sfrontata messa a nudo di sé a un alto grado di costruzione formale… Questo attore, approdato in tempi recenti a una deflagrante maturità espressiva che ne fa uno dei talenti

più sfaccettati del panorama teatrale attuale, riesce a trovare misteriose sintonie con l’inquieta personalità di Fabre, che traduce in una gamma di umori ora rochi, ora malinconici, ora come venati da un vago e sottile struggimento… Il testo, che mescola dichiaratamente verità esistenziali e finzioni narrative, spezzoni poetici e appunti occasionali, tratta gli argomenti più disparati, la famiglia, il fratello morto, il rapporto con la propria mente, i processi creativi. È curioso notare come anche le sensazioni

più delicate si intreccino in lui con un che di estremo, e persino il culto della bellezza sia associato a una vocazione conflittuale e sovversiva. Renato Palazzi, Il Sole 24ore

 

Giornale notturno, sprezzante zibaldone di rapide illuminazioni («Ogni vera bellezza è scomoda») e altrettanto fulminei turbamenti, redatto con irrequietezza nel corso di notti insonni. Ora questo diario giovanile, composto da pensieri sull’arte e sul teatro, sul senso della vita e sulla famiglia, è diventato un omonimo spettacolo, diretto

ovviamente dallo stesso Fabre… artista che ha trovato nel teatro lo spazio privilegiato di sperimentazione e nelle pratiche performative il luogo di confluenza di linguaggi e umori.

Matteo Marelli, Il Manifesto

 

Jan Fabre (Anversa, 1958) è artista visivo, regista e autore teatrale, da quarant’anni tra le figure più innovative della scena internazionale. Le sue opere sono state presentate nelle più importanti rassegne internazionali, tra cui la Biennale di Venezia, la Biennale di Lione, la Biennale di San Paolo, dOCUMENTA a Kassel. È il primo artista a cui il Museo del Louvre dedica un’importante mostra monografica (L’ange de la metamorphose, 2008). Negli ultimi

anni sono state allestite in Italia diverse personali dedicate alla sua opera: tra le più importanti ricordiamo quella di Palazzo Benzon di Venezia (Anthropology of a planet, 2007), del MAXXI di Roma (Jan Fabre. Stigmata, 2013) e quella realizzata nel centro storico di Firenze (Spiritual guards, 2016). Tra le più recenti pubblicazioni in Italia:

Giornale notturno III (1992-1998), Edizioni Cronopio, Napoli, 2019, il terzo di tre volumi che raccolgo i diari personali dell’artista. Per Editoria&Spettacolo è uscito a marzo 2019 Jan Fabre. Teatro I primo volume di un progetto editoriale per la pubblicazione di tutti i testi per il teatro.

 

Lino Musella (Napoli, 1980), Premio Hystrio Anct 2015, ha lavorato tra gli altri con Antonio Latella, Mario Martone, Valter Malosti, Serena Sinigaglia; ha recitato nelle serie tv The Young Pope di Paolo Sorrentino e Gomorra. Dal 2009 anima, con Paolo Mazzarelli, la Compagnia Musella Mazzarelli, con la quale ha dato vita agli spettacoli Due Cani-ovvero la tragica farsa di Sacco e Vanzetti (2009), Figlidiunbruttodio (Premio In-box

2010), Crack Machine (2011), La Società-Tre atti di umana commedia (2012), Strategie Fatali Premio Hystrio alla Drammaturgia 2016), Who’s the King (2018).

 

PROGETTI TEATRO

dal 14 al 20 ottobre 2019

ROBERTO LATINI

lun. 14/10/2019   h 21

La delicatezza del poco e del niente

Roberto Latini legge Mariangela Gualtieri

poesie di Mariangela Gualtieri

regia Roberto Latini

musica e suono Gianluca Misiti

luci e direzione tecnica Max Mugnai

produzione Fortebraccio Teatro
  Compagnia Lombardi-Tiezzi

 

Da “Ossicine”, “Voci tempestate”, “Sermone ai cuccioli della mia specie”, “So dare ferite perfette”, “Fuoco centrale”, “Paesaggio con fratello rotto”, alcune delle più belle confidenze della meravigliosa poetessa cesenate, in una serata per voce sola. Un concerto poetico di parole lucciole e tenerezze e incanti e quella capacità che hanno i poeti di stare nei silenzi intorno alle parole.

Roberto Latini, attore, autore e regista, si è formato a Roma presso lo Studio di Recitazione e di Ricerca teatrale diretto da Perla Peragallo, dove si è diplomato nel 1992.
Vincitore negli anni dei premi intitolati Wanda Capodaglio, Prova d’Attore, Bruno Brugnola e Sergio Torresani, ha ricevuto il PREMIO SIPARIO nell’edizione 2011 promossa dall’Associazione Nazionali dei Critici di Teatro, il PREMIO UBU 2014 e 2017 come Miglior Attore e il PREMIO DELLA CRITICA dall’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro nel 2015. Ha diretto il Teatro San Martino di Bologna dal 2007 alla primavera del 2012. E’ il fondatore della compagnia Fortebraccio Teatro, volta alla sperimentazione del contemporaneo, alla riproposizione dei classici e alla ricerca di una scrittura scenica originale.

 

 

merc.16 e giov.17/10/2019 h 21

Il Cantico dei Cantici

adattamento e regia Roberto Latini

musiche e suoni Gianluca Misiti

luci e tecnica Max Mugnai

con Roberto Latini

produzione Fortebraccio Teatro Compagnia Lombardi – Tiezzi

con il sostegno di Armunia Festival Costa degli Etruschi

durata 50 minuti senza intervallo

 

Roberto Latini vincitore del Premio Ubu 2017 come Miglior attore o performer

Gianluca Misiti vincitore del Premio Ubu 2017 come Miglior progetto sonoro o musiche originali

 

Note di regia

Il Cantico dei Cantici è uno dei testi più antichi di tutte le letterature.

Pervaso di dolcezza e accudimento, di profumi e immaginazioni, è uno dei più importanti, forse uno dei più misteriosi; un inno alla bellezza, insieme timida e reclamante, un bolero tra ascolto e relazione, astrazioni e concretezza, un balsamo per corpo e spirito.

 

Se lo si legge senza riferimenti religiosi e interpretativi, smettendo possibili altre chiavi di lettura, rinunciando a parallelismi, quasi incoscientemente, se lo si dice senza pretesa di cercare altri significati, se si prova a non far caso a chi è che parla, ma solo a quel che dice, senza badare a quale sia la divisione dei capitoli, le parti, se si prova a stare nel suo movimento interno, nella sua sospensione, può apparirci all’improvviso, col suo profumo, come in una dimensione onirica, non di sogno, ma di quel mondo, forse parallelo, forse precedente, dove i sogni e le parole ci scelgono e accompagnano.

 

Non ho tradotto alla lettera le parole, sebbene abbia cercato di rimanervi il più fedele possibile.

Ho tradotto alla lettera la sensazione, il sentimento, che mi ha da sempre procurato leggere queste pagine. Ho cercato di assecondarne il tempo, tempo del respiro, della voce e le sue temperature.

Ho cercato di non trattenere le parole, per poterle dire, di andarle poi a cercare in giro per il corpo, di averle lì nei pressi, addosso, intorno; ho provato a camminarci accanto, a prendergli la mano, ho chiuso gli occhi e, senza peso, a dormirci insieme. vi prego, non svegliate il mio amore che dorme”r.l.

 

ven. 18/10/2019 h 21

sab.19/10/2019 h 19

dom. 20/10/2019 h 17

SEI. E DUNQUE, PERCHÉ SI FA MERAVIGLIA DI NOI?

da Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello

drammaturgia e regia Roberto Latini

musica e suono Gianluca Misiti

luci e direzione tecnica Max Mugnai

con PierGiuseppe Di Tanno

produzione Compagnia Lombardi – Tiezzi Fortebraccio Teatro

 

Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre, chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sè, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!..(L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore.)

 

VENEZIA A ROMA prosa

dal 24 al 27 ottobre 2019 martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21

sabato ore 19 – domenica ore 17

giov 24/10/2019 h  21

ven. 25/10/2019 h  21

sab. 26/10/2019 h  19

dom. 27/10/2019 h 17

TEATRO DELLA TOSSE

GIOVANNI ORTOLEVA – SAUL

liberamente tratto dall’Antico testamento e da Saul di André Gide

regia Giovanni Ortoleva

prima regionale (2019)

liberamente tratto dall’Antico Testamento e da Saul di André Gide
regia Giovanni Ortoleva
drammaturgia Riccardo Favaro, Giovanni Ortoleva
con Alessandro Bandini, Marco Cacciola, Federico Gariglio
scenografia Marta Solari
musiche Pietro Guarracino
movimenti di scena Gianmaria Borzillo
produzione Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, Teatro i, Arca Azzurra Produzioni
in collaborazione con AMAT, Comune di Ascoli Piceno
nell’ambito di Marche in Vita. Lo spettacolo dal vivo per la rinascita dal sisma
progetto di MiBAC e Regione Marche coordinato da Consorzio Marche Spettacolo

 

DESCRIZIONE

Dopo la prima assoluta dello spettacolo di Leonardo Manzan, Cirano deve morire, la Biennale College Teatro riserva al Festival il debutto di un altro giovane regista: Giovanni Ortoleva, 26 anni fiorentino, destinatario della menzione speciale, che presenta Saul, liberamente ispirato ad André Gide e all’Antico Testamento.

“Quello di Saul è forse il primo mito consegnatoci dalla tradizione occidentale a narrare il tema del fallimento individuale; e il fallimento è oggi l’orizzonte più buio, quello che sembra attendere un pianeta che non è stato capace di prendersi cura di sé stesso, un sistema sociale basato su un’economia che non ha saputo controllarsi. Ho scelto di raccontare la storia di Saul per affrontare questo fantasma. La nostra drammatica incapacità di affrontare la débâcle, in fondo, mi diverte molto.” (Giovanni Ortoleva)

 

6 novembre 2019 h 21.00 – Flautissimo 2019

Le illusioni perdute [Prima assoluta]

drammaturgia su “Le illusioni perdute” e “Splendori e miserie delle cortigiane”

di Honoré de Balzac

con Giancarlo De Cataldo

musiche eseguite dal vivo Rita Marcotulli

 

La curiosità di Honoré de Balzac si annidava ovunque. Allo stesso modo, Giancarlo De Cataldo indaga nei meandri dell’opera del grande maestro letterario per cercare un paragone nella società dei giorni nostri. Usi e i costumi della Francia dell’800 diventano metafora dell’Italia di oggi, scissa tra Nord e Sud, tra città e provincia. Attraverso l’analisi del passato, De Cataldo racconta difatti la difficoltà dell’oggi di sentirsi al posto giusto. Sorretto dall’esecuzione sopraffina di Rita Marcotulli, lo spettacolo accompagna il pubblico in un flusso costante tra quello che fu e quello che è, lasciandolo ad intime riflessioni e ancestrali domande.

 

PROGETTI DANZA

13-14-15 novembre 2019 h 21

Compagnia Excursus / PinDoc

ALMA TADEMA

Coreografia e regia Ricky Bonavita

Ricerca musicale, musiche originali ed editing sonoro Francesco Ziello

Disegno luci Danila Blasi

Costumi Daniele Amenta e Yari Molinari

Assistente coreografia Valerio De Vita

Interpreti i danzatori della Compagnia Excursus

Organizzazione e coordinamento Letizia Coppotelli

Produzione PinDoc

con il contributo di Mibac, Regione Siciliana e Regione Lazio

 

ALMA TADEMA è la nuova produzione di Ricky Bonavita per la Compagnia Excursus / PinDoc, disponibile da novembre 2019.

Produzione di danza ispirata alle opere del pittore ottocentesco Lourens Alma Tadema, che hanno influenzato l’immaginario collettivo con rappresentazioni dell’antichità classica, e determinato il gusto scenografico di film hollywoodiani come Ben Hur o Il Gladiatore di Ridley Scott.

Lo spettacolo invita il pubblico ad immergersi in una narrazione episodica ed astratta di cui sono protagonisti i danzatori e le loro interrelazioni, collocate in uno spazio complesso definito da corpo, architettura ed ambiente e che comprende oltre l’orizzonte idealistico ottocentesco visioni della Roma odierna, Città Eterna che reinterpreta la propria storia stratificata nella cultura urbanistica ed architettonica contemporanea.

 

Ricky Bonavita,

coreografo e danzatore; docente di tecnica di danza moderna e contemporanea presso l’Accademia Nazionale di Danza a Roma, insegnante ospite di università europee come Norges Dansehøyskole, Oslo; University of Tartu Viljandi Culture Academy, Estonia; Konzervatoř Duncan centre, Praga.

Attivo come coreografo dal 1988 Bonavita è una presenza affermata nel panorama della danza italiana dal 1994 con la Compagnia Excursus fondata da lui stesso e Theodor Rawyler, Dal 2018 condivide con Giovanna Velardi la direzione artistica di PinDoc, associazione che produce il lavoro di dodici compagnie e coreografi italiani sostenuta dal MIBAC e dalla Regione Sicilia.

Insieme a Danila Blasi e Theodor Rawyler cura inoltre la direzione artistica del Festival TenDance, festival di danza contemporanea dell’associazione Rosa Shocking sostenuta dal MIBAC e dalla Regione Lazio.

 

VITTORIO VIVIANI – QUEL COPIONE DI…

14 novembre 2019 – 9 aprile 2020  Sala Mosaico tutti i giovedì alle h 18

VITTORIO VIVIANI

Quel copione di Shakespeare & Co

Le novelle italiane che fecero l’Europa

ovvero Prima l’Italiano!

20 giovedì al Teatro Vascello di Roma

Produzione La Fabbrica dell’Attore  Teatro Vascello

 

Non solo Shakespeare ha copiato dalle novelle italiane ma anche altri celebri, e meno celebri, autori Elisabettiani, da Ben Jonson a Beaumont e Fletcher,  a John Webster. Questo perché il valore delle novelle, con quella lingua e con quelle storie, era universale.

E le novelle, come tutte le altre forme d’arte, raccontavano il famoso “Stile Italiano” a cui tutta l’Europa faceva riferimento. Valori come grazia, eleganza, cultura, buone maniere, e la “sprezzatura” di Baldassarre Castiglione (oggi diremmo, più o meno, “understatement”), sono i pilastri di questi gustosi, arguti ed esemplari racconti.

Vale a dire, il “con-vivere civile”.

A quel tempo, gli europei, le corti europee, riconoscevano che veniva “prima l’italiano!”, inteso come lingua, con la quale si comunicava in tutto il continente, come arte e come cives. L’italiano faceva l’Europa unita.

 

Leggere queste novelle, da Boccaccio a tutti i novellieri rinascimentali, è anche un atto di orgoglio per recuperare un nostro primato.

Per difenderci e contrastare la barbarie che sempre più sembra montare.

Rinascimento come Risorgimento, per resistere a una decadenza che non meritiamo.

 

Queste novelle parlano, incredibilmente, di noi oggi. I temi sono la protervia del più forte, quasi sempre del maschio; la violenza sulle donne; la volontà delle donne di conquistare autonomia, libertà; l’ingordigia del più ricco, l’avarizia, le guerre. O, per converso, la pace; la necessità d’amore, di amicizia tra gli uomini; i modi eleganti e cortesi, il rispetto reciproco; la necessità dell’attività lavorativa, base della redistribuzione del benessere; e, soprattutto, raccontano dello spirito, dell’ironia che debbono sempre accompagnare l’azione umana.

Le novelle raccontano quella che noi, oggi, chiamiamo democrazia.

Leggere queste novelle è anche un atto politico.

Come i famosi dieci giovani dell’inizio del Decameron, noi ci riuniremo, in un convivio,  nelle sale del Teatro Vascello, per venti giovedì, per isolarci un attimo dalla peste della barbarie incombente al fine di ritrovare, raccontando queste storie, l’energia per affrontarla, quella peste. Col sorriso, l’arguzia, l’eleganza e col nostro Aperishakespeare finale.

Vittorio Viviani interpreta e commenta le novelle italiane che fecero l’Europa.

Viviani accompagna  il pubblico per un’ora di racconto affabulatorio, divertente ed emozionante, di sentimenti e di aneddotica, per esaltare il valore unico e la preziosa raffinatezza delle novelle italiane. E per la riscoperta della lingua vivida, espressiva, teatrale, moderna dei nostri novellieri.

 

IL PERCORSO

Al primo appuntamento partiremo dal racconto sulla peste a Firenze nel 1348 col mirabile reportage di Boccaccio nell’Introduzione alla Prima Giornata del Decameron.

 

I TEMI

IL RACCONTARE SALVA LA VITA

DEMAGOGIA DEL POTERE E ILLUSIONE

GELOSIA E POSSESSIVITÀ

VIOLENZA SULLE DONNE

BEFFE, BEFFATI E FAKE NEWS

FAMIGLIA ALLARGATA

LIBERTÀ D’AMARE

EROS, AMORE E GIOIA DI VIVERE

 

 

 

16 novembre 2019 h 19.00 – Flautissimo 2019

Il resto della settimana [Prima assoluta]

di Maurizio De Giovanni

con Peppe Servillo

musiche eseguite dal vivo Natalio Mangalavite

autore maurizio de giovanni

 

A Napoli il tempo si ferma tra una domenica pomeriggio e l’altra, quando la città si raccoglie intorno ad un pallone e le differenze sociali sbiadiscono fino a scomparire. Siamo dentro un bar della città vecchia, colorato dagli archetipi della società partenopea, tra una sfogliatella, un fritto fumante e l’ultimo pettegolezzo, in un chiacchiericcio diffuso che molto rappresenta la città. Servillo, in una magistrale interpretazione dell’opera di Maurizio De Giovanni, prende per mano lo spettatore e lo accompagna attraverso gli odori che salgono tra i tavolini del bar, tra le viuzze piene di vita e le passioni e paure dei suoi abitanti, in quel flusso di vita quotidiana che si nasconde dietro la sensuale passione del calcio che Napoli sola possiede.

 

 

17 novembre 2019 h 17.00 – Flautissimo 2019

L’animale che mi porto dentro [Prima assoluta]

di e con Francesco Piccolo

Quella che Francesco Piccolo racconta è la formazione di un maschio contemporaneo, specifico e qualsiasi. Il tentativo fallimentare, comico e drammatico, di sfuggire alla legge del branco – e nello stesso tempo, la resa alla sua forza. Perché esiste un codice dei maschi; quasi tutte le sue voci sono difficili da ripetere in pubblico, eppure non c’è verso di metterle a tacere. Tanti anni passati a cercare di spegnere quel ronzio collettivo per poi ritrovarsi ad ascoltarlo, nel proprio intimo, nei momenti più impensati. In un mondo da sempre governato dai maschi, capirli è la chiave per guardare più in là. Per questo il racconto si nutre di tutto ciò che incontra – Sandokan e Malizia, i brufoli e il sesso, l’amore e il matrimonio, l’egoismo e la tenerezza – in un andamento vivissimo ma riflessivo, a tratti persino saggistico, che ci interroga e ci risponde, fino a ridisegnare il nostro sguardo.

 

20 novembre 2019 h  21.00 – Flautissimo 2019

Mare

liberamente tratto da “Donne di mare” e “La danza delle streghe” di Macrina Marilena Maffei

di e con Francesca Pica

supervisione di Elena Bucci

scenografia e costume di Domenico Latronico

disegno luci di Simona Parisini

sarti Rita Rubino e Marco Serrau

 

In un sogno lucido, brillante, emozionante e avventuroso, due donne si incontrano. Miti, simboli e figure arcaiche, ora amichevoli ora minacciose, svelano le isole Eolie e la loro feroce bellezza, tra storie di majare, pescatrici e serpi con i capelli.

Mare, delicato e potente al tempo stesso vive nella splendida interpretazione di Francesca Pica, che porta lo spettatore per mano in un Sud in cui realtà e fantasia si confondono. Mare è un gioco di scatole cinesi in cui vita e morte vegliano l’una sull’altra tra le onde, in un eterno presente che muta ogni cosa e la lascia com’è.

 

 

24 novembre 2019 h 18.00  – Flautissimo 2019

Avion Travel

Peppe Servillo, voce
Mimì Ciaramella, batteria
Peppe D’Argenzio, sax
Flavio D’Ancona, tastiere
Duilio Galioto, piano e tastiere
Ferruccio Spinetti, contrabbasso

 

A distanza di 15 anni dal loro ultimo album di inediti “Poco Mossi gli altri Bacini”, risalente al lontano 2003, gli Avion Travel tornano con “Privé”, un disco fedele allo spirito di produzione indipendente e alle atmosfere della trilogia composta da “Bellosguardo”, “Opplà”, “Finalmente Fiori” e realizzato dopo aver ricostruito lo staff operativo dei loro inizi, con Mario Tronco nel ruolo di produttore artistico e supervisore, oltre che di arrangiatore e musicista.

Gli Avion Travel si sono ricongiunti in formazione originale per quello che è stato il Retour nel 2014, poi protrattosi fino agli inizi del 2017. Nell’estate dello stesso anno, dopo la scomparsa di Fausto Mesolella e un periodo di esitazioni e riflessioni, il tour è ripreso in quintetto con la new entry di Duilio Galioto alle tastiere.

 

 

MAI PIU’ SOLI PROSA

dal 26 novembre al 1° dicembre 2019

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

Vincent Van Gogh L’odore assordante del bianco

di Stefano Massini

con Alessandro Preziosi, Francesco Biscione, Massimo Nicolini, Roberto Manzi, Alessio Genchi, Vincenzo Zampa

 

scene e costumi Marta Crisolini Malatesta, disegno luci Valerio Tiberi, Andrea Burgaretta

musiche Giacomo Vezzani, supervisione artistica Alessandro Preziosi

regia Alessandro Maggi

una coproduzione Khora.teatro, TSA Teatro Stabile d’Abruzzo

prodotto da Alessandro Preziosi, Tommaso Mattei, Aldo Allegrini

 

personaggi e interpreti

Vincent Van Gogh               Alessandro Preziosi

Dottor Peyron                       Francesco Biscione

Theo Van Gogh                   Massimo Nicolini

Dottor Vernon-Lazàre         Roberto Manzi

Gustave                                 Alessio Genchi

Roland                                  Vincenzo Zampa

Voce Vincent bambino       Davide Piccirillo

 

Testo vincitore del Premio Pier Vittorio Tondelli Riccione Teatro 2005         

 

Le austere e slavate pareti di una stanza del manicomio di Saint Paul. Come può vivere un grande pittore in un luogo dove non c’è altro colore che il bianco? È il 1889 e l’unico desiderio di Vincent è uscire da quelle mura, la sua prima speranza è riposta nell’inaspettata visita del fratello Theo che ha dovuto prendere quattro treni e persino un carretto per andarlo a trovare. Attraverso l’imprevedibile metafora del temporaneo isolamento di Vincent Van Gogh in manicomio, interpretato da Alessandro Preziosi, lo spettacolo è una sorta di thriller psicologico attorno al tema della creatività artistica che lascia lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Il testo vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005 per la “…scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva” (dalla motivazione della Giuria n.d.r.) firmato da Stefano Massini con la sua drammaturgia asciutta ma ricca di spunti poetici, offre considerevoli opportunità di riflessione sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea. Sospensione, labilità, confine: la scrittura di Massini, nella sua galoppante tensione narrativa, offre la possibilità di una vera e propria indagine in quei luoghi, accidentati e mobili, soggetti interni di difficile identificazione, collocati nel complesso meccanismo della mente umana. Il serrato dialogo, sottinteso, tra Van Gogh e suo fratello Theo, propone non soltanto un oggettivo grandangolo sulla vicenda umana dell’artista, ma piuttosto ne rivela uno stadio sommerso. “Van Gogh – sottolinea Alessandro Preziosi – assoggettato e fortuitamente piegato dalla sua stessa dinamica cerebrale si lascia vivere già presente al suo disturbo. È nella stanza di un manicomio che ci appare. Nella devastante neutralità di un vuoto”. E dunque, è nel dato di fatto che si rivela e si indaga la sua disperazione. Il suo ragionato tentativo di sfuggire all’immutabilità del tempo, all’assenza di colore alla quale è costretto, a quello strepito perenne di cui è vittima cosciente, all’interno come all’esterno del granitico “castello bianco” e soprattutto al costante dubbio sull’esatta collocazione e consistenza della realtà.

 

MAI PIU’ SOLI PROSA

dal 3 all’8 dicembre 2019

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

Compagnia Scimone Sframeli, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale,

Teatro Biondo Stabile di Palermo, Théâtre Garonne-scène européenne Toulouse

in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia

SEI

di Spiro Scimone

adattamento dei Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello

regia Francesco Sframeli

con Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Giulia Weber, Bruno Ricci, Francesco Natoli, Mariasilvia Greco, Michelangelo Zanghì, Miriam Russo, Zoe Pernici

scena Lino Fiorito, costumi Sandra Cardini

disegno luci Beatrice Ficalbi, musiche Roberto Pelosi

durata 65 minuti

 

Scimone e Sframeli sono artisti molto amati e pluripremiati in Italia così come all’estero. Per la prima volta si misurano con Pirandello e con i Sei personaggi in una versione calorosamente festeggiata dal pubblico e dalla critica che, dopo una lunga tournée, arriva finalmente a Roma. E ciò che salta subito all’occhio è la capacità che i linguaggi dei due autori – diversi ma complementari – hanno di dialogare tra di loro.  La commedia pirandelliana perde il suo alone di ancestrale moralismo e scopre invece i rapporti concreti tra le persone.

Scimone lavora sulla parola, ‘ riscrivendo’ con grande fedeltà il testo originario, ma denunciandone apertamente quelle che oggi sarebbero inutili forzature.

È lui stesso a interpretare il capocomico della compagnia in prova mentre Francesco Sframeli, che firma la regia, è un misuratissimo ‘padre’, ovvero il motore colpevole del dramma. Con loro in scena un folto gruppo di bravi ed affiatati interpreti tra i quali molti i giovanissimi. “Sei – affermano Scimone e Sframeli – nasce dal bisogno di mettere insieme il nostro linguaggio teatrale con la lingua del grande maestro. Durante il lavoro di elaborazione, abbiamo ridotto il numero dei personaggi, eliminato o aggiunto scene e dialoghi, sostituito qualche termine linguistico, ma senza stravolgere la struttura drammaturgica dell’opera originale.”
“Siamo in un teatro, gli attori di una Compagnia, stanno per iniziare la prova di uno spettacolo che, forse, non debutterà mai. Improvvisamente un corto circuito lascia tutti al buio; il tecnico che dovrebbe riaccendere la luce non si trova e la luce arriverà solo con l’apparizione, in carne ed ossa, dei Sei Personaggi rifiutati e abbandonati dall’autore che li ha creati.

I componenti della compagnia, sconvolti da questa improvvisa apparizione, pensano che i “Sei” siano solo degli intrusi o dei pazzi e fanno di tutto per cacciarli via dal teatro. Ma, quando il Padre, inizia il racconto del “dramma doloroso” che continua a provocare sofferenze, tensioni e conflitti familiari; l’attenzione e l’interesse da parte degli attori e del Capocomico, verso i personaggi, cresce sempre di più e l’idea di farli vivere sulla scena diventa sempre più concreta e necessaria. Vivere in scena non è solo il desiderio dei personaggi; è anche il sogno degli attori. Entrambi, sanno che la loro vita in scena può nascere solo attraverso la creazione di un rapporto, attori /personaggi, di perfetta simbiosi.  Un rapporto che si crea, di volta in volta, di attimo in attimo, durante la rappresentazione. Nella rappresentazione è indispensabile la presenza dello spettatore. Ed è proprio l’autenticità del rapporto attore/personaggio/spettatore la vera magia del teatro che ci fa andare oltre la finzione e la realtà.”

Spiro Scimone Francesco Sframeli

 

Dalla rassegna stampa:

Splendido adattamento del testo pirandelliano. I Sei personaggi trovano l’autore: Spiro Scimone. Gianfranco Capitta, il manifesto

 

È bellissimo Sei di Spiro Scimone con Francesco Sframeli e un compagnia di attori, perlopiù giovani, di grande spessore. Il testo è asciugato, portato a una misura intima, profonda.

Che dire di questo Pirandello filtrato da Scimone, acre umorista, che ci prende di sorpresa? Che piace. Un Pirandello fuori chiave, affrontato come “in digest” e con felice chiave umoristica come forse avrebbe desiderato il maestro.

Se il ruolo dei personaggi e degli attori che dovrebbero rappresentarli è -per così dire- ridotto all’osso il senso del testo c’è per intero. L’apparizione dei personaggi è bellissima: appaiono come personaggi usciti da un quadro di Campigli della serie dedicata al circo.

Maria Grazia Gregori, delteatro.it

 

Interpretato con sensibilità e maestria inarrivabile tutta a sottrarre da Francesco Sframeli, un Padre rintanato in se stesso, nell’errore e nella sofferenza, con il contraltare spudorato, ferino, ferito della giovane Figliastra di Zoe Pernici, una rivelazione di aggressività smarrita, in una compagnia perfetta nello stupore, nella brutale presa di coscienza che non sappiamo dove stia la recitazione e dove l’esibizione delle carni lacerate. Un capolavoro, finalmente.

Massimo Marino, Doppiozero

 

Scimone Sframeli non hanno sostanzialmente alterato l’impianto del testo originale. L’hanno sfrondato, semplificato. E Scimone l’ha in parte riscritto, soprattutto per quanto riguarda il gergo degli Attori riportandolo a quelle sue costruzioni linguistiche ripetitive, un po’ da cunto popolare, senza coloriture dialettali ma improntate a cadenze sottilmente siciliane. Ma il vero prodigio di Scimone Sframeli e dei loro giovani compagni di lavoro consiste nel riuscire a far sembrare che questi fantasmi dell’immaginario siano del tutto inconsapevoli di appartenere a un testo che ha segnato la storia del teatro, senza l’aura di solennità che accompagna certe grandi interpretazioni pirandelliane.

Renato Palazzi, il Sole24Ore

 

Perfetto meccanismo tra comicità e feroce ironia, i Sei personaggi pirandelliani esaltati da Scimone Sframeli.

Vincenzo Bonaventura, La Gazzetta del Sud

 

Progetti circo

12-13-14-15 dicembre 2019 giovedì e venerdì h 21 – sabato h 19 – domenica h 17

CIRCO EL GRITO

Uomo calamita
Scritto e diretto da: Giacomo Costantini

Con: Uomo Calamita, Wu Ming 2, Cloyne

Testo e libro originale: Wu Ming 2

Musiche: Fabrizio “Cloyne” Baioni

Ideazione e costruzione di macchinari: Simone Alessandrini

Occhio esterno: Giorgio Rossi

Occhio interno: Fabiana Ruiz Diaz

Consulenza alla drammaturgia: Luca Pakarov

Costumi: Beatrice Giannini

Luci: Domenico De Vita

Produzione: Circo El Grito

Coprodotto da: Fondazione Pergolesi Spontini, Sosta Palmizi

Realizzato grazie al sostegno del Ministero dei Beni Culturali e Regione Marche

 

Tra spericolate acrobazie, colpi di batteria e magie surreali, la voce dal vivo di Wu Ming 2 guida lo spettatore in un circo clandestino durante la seconda guerra mondiale: Uomo Calamita è la storia di un supereroe assurdo che combatte l’assurdità del fascismo.

“L’Uomo Calamita era diventato il bandito più

ricercato della zona, con un premio di dieci chili di sale

per chi forniva indicazioni utili alla sua cattura.

Si diceva che i nazisti, per scovarlo, avessero costruito

una bussola apposta, e trappole piene di rottami, per attirarcelo dentro.” Wu Ming 2

Suggestioni magnetiche

Wu Ming Foundation e Circo El Grito incrociano i loro sentieri distillando un oggetto narrativo non identificato che contamina il linguaggio della pista e quello della carta, i funambolismi del corpo e quelli della lingua, le note di uno spartito con le frasi di un racconto e con i gesti di un circense.

In scena vedrete l’Uomo Calamita alle prese con i suoi superpoteri. Che ci crediate o no, resterete col fiato sospeso mentre prova in segreto i suoi pericolosi esercizi di equilibrismo magnetico.

E se non bastassero i suoi virtuosismi in altezza a farvi tremare le budella, ci penserà Cloyne che sulla batteria sfoga tutta la sua rabbia da quando i nazisti gli hanno ammazzato il fratello. Wu Ming 2 non solo racconta la loro storia ma ne prende parte. Sarà lui a cimentarsi in un esercizio dalla cui riuscita dipenderà la vita dell’Uomo Calamita. Siamo circensi, quando sfidiamo la morte lo facciamo sul serio: in uno dei suoi numeri l’Uomo Calamita è incatenato, appeso per i piedi, immerso dentro una vasca d’acqua. L’unica chiave capace di aprire il lucchetto che lo immobilizza è dentro una cassaforte che si aprirà solo se Wu Ming 2 riuscirà nell’esercizio di mentalismo.

Processo creativo

Lo spettacolo ideato da Giacomo Costantini, con la collaborazione di Wu Ming 2, ha assunto come modello di lavoro il dialogo tra il processo di creazione di un dramma circense e la costruzione del soggetto narrativo di un romanzo storico. I due autori si sono confrontati in un fecondo scambio durante due anni di creazione: se Costantini ha potuto appoggiarsi sugli approfondimenti storici e narrativi del libro in costruzione, Wu Ming 2 – man mano che avanzava con la scrittura – ha visto concretizzarsi in gesto circense l’universo che stava scrivendo. Prima che venisse conclusa la scrittura

scenica dello spettacolo è stato coinvolto il compositore batterista Cloyne. In Uomo Calamita la musica è interamente eseguita dal vivo e, al pari del circo e della letteratura, è stata parte integrante del percorso di creazione dello spettacolo.

 

 

 

 

 

MAI PIU’ SOLI PROSA

dal 17 al 22 dicembre 2019

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

Fotofinish
di Flavia Mastrella e Antonio Rezza
con Antonio Rezza

e con Ivan Bellavista

(mai) scritto da Antonio Rezza
allestimento Flavia Mastrella

assistente alla creazione Massimo Camilli
disegno luci Daria Grispino, macchinista Andrea Zanarini
organizzazione Stefania Saltarelli

produzione RezzaMastrella, La Fabbrica dell’Attore-Teatro Vascello

 

Il Teatro Vascello è la casa di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Leoni d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia 2018, quest’anno i due artisti tornano con tre diversi spettacoli: Fotofinish, Bahumut, Anelante.

Fotofinish, il primo spettacolo proposto, è la storia di un uomo che si fotografa per sentirsi meno solo.
Apre così uno studio dove si immortala fingendosi ora cliente ora fotografo esperto.
E grazie alla moltiplicazione della sua immagine arriva a credersi un politico che parla alla folla.
Una folla che non c’è.
Ma che lo galvanizza come tutte le cose che non avremo mai.
Tra un comizio e l’altro arriva a proclamarsi costruttore di ospedali ambulanti che si spostano direttamente nelle case dei malati.
E all’interno di questi ospedali c’è sempre lui: sotto le vesti del primario, sotto quelle del degente e sotto quelle delle suore cappellone che sostituiscono la medicina con gli strumenti della fede.
Ben presto, grazie all’inflazione della sua immagine, è convinto di non essere più solo.
E continua nelle sue scorribande politiche delegando se stesso alla cultura per costruire impossibili cinema dove l’erotismo differisce dalla pornografia solo per qualche traccia labile di dialogo. E ipotizza incendi e sciagure, ipotizza uscite di sicurezza per portare in salvo lo spettatore medio che lui stesso rappresenta.
Di tanto in tanto torna dal fotografo che è per costringersi a scattarsi nuove foto. E impazzisce a poco a poco. Ma mai completamente.
Qualcuno poteva forse pensare che, col trascorrere degli anni, il fenomeno Antonio Rezza-Flavia Mastrella fosse destinato a trovare un po’ di pace, se non il senso della ragione; e invece questa ragione ha sviluppato i suoi artigli fino a raggiungere la follia pura, ma elaborando il pensiero con un’acutezza così forsennatamente logica da fare a pezzi la sedicente realtà, assunta e cavalcata con criteri rigorosamente matematici.
Franco Quadri

 

dal 26 al 31 dicembre 2019  prosa

giov. 26/12/2019 h  21

ven. 27/12/2019 h  21

sab.28/12/2019 h 19

dom. 29/12/2019 h  17

lun.30/12/2019 h 21

mar.31/12/2019 h 21 speciale capodanno

BAHAMUTH

di Flavia Mastrella Antonio Rezza

con Antonio Rezza

e con Ivan Bellavista

e Neilson Bispo Dos Santos

liberamente associato al “Manuale di zoologia fantastica” di J.L. Borges e M. Guerrero

(mai) scritto da Antonio Rezza

habitat di Flavia Mastrella

assistente alla creazione Massimo Camilli

disegno luci Maria Pastore rielaborato da Daria Grispino

macchinista Andrea Zanarini

organizzazione Stefania Saltarelli

una produzione RezzaMastrella – La Fabbrica dell’Attore  Teatro Vascello

 

Tre prologhi, un corpo

Un uomo steso fa le veci del tiranno.

E cede il passo all’atleta di Dio che volteggia sulle sbarre con le braccia della disperazione.

E poi un nano, più basso delle sue ambizioni, che usa lo scuro per fare, e la luce per dire.

Frattanto qualcuno cade dall’alto e si infila i piedi nella gola.

E quindi la realtà figurata delle vittime del povero consumo, connotate da assenza di astrazione, con il padrone unto dall’autorità del denaro.

Ma si affaccia Bahamuth, l’essere supremo, che dopo breve apparizione si sottrae al tempo e al giudizio. Mentre la merce si mescola a corpi fatti a pezzi.

Pezzi di uomo ancora da nascere ma già immolati alla meschinità costituita.

E viaggiatori dell’anima con il corpo stanco, alloggiati come bestie a copulare nel grande albergo della carne mozza. Intanto le sfilate della vanità su corpi zoppi e deceduti.

E un amico che parla senza voce e sente senza orecchie. Ma il senso della vita si incontra solo all’infinito dove l’uomo fa la fine del capretto da sgozzare. Brufoli e depressioni tristemente accomunati con le bibite a ghiacciare le parole nella gola. Ma la corsa al vestire il corpo nudo e verme non da tregua all’uomo pellegrino, mentre le braccia del padrone, camuffate da proletariato, saltano al ritmo di una danza di classe. E l’orologio segna sempre l’ora in cui un passerotto castrato, si affaccia e grida la sua costernazione sotto forma di cucù, per poi rientrare diligente nella trappola del tempo. Editti a favore di chi non ha. Urla squassanti di chi non è.

Urla come indiani, urla che non vengono capite perché non le si vuol capire.

Ma come Bahamuth sostiene il mondo, così le immagini si sovrappongono.

E il gran finale, con i personaggi a fare la figura degli sguatteri mentre l’autore che li muove è il gerarca dalla lingua biforcuta.

L’autore è il male dell’opera.

 

Dal giocattolo a Bahamuth

In una scatola appena accennata, un uomo trascorre l’agonia che lo porterà a una nuova vita fatta di rigurgiti tribali e storie passate, inquinate da problematiche contemporanee.

Il lavoro di ideazione dello spazio scenico è durato due anni.

Ho concepito la scatola e gli altri elementi scultorei per l’allestimento scenico di Bahamuth

pensando a un grande giocattolo, sviluppando l’idea delle sculture in tasca * (una ricerca di

microscultura che porto avanti dal 2004). L’allestimento scenico è composto da pochi elementi –

L’abito rosa, in stoffa e metallo, spersonalizza la materia uomo, dando vita a un personaggio antropomorfo che si muove sul palcoscenico col carisma di un essere mitologico incline a problematiche conservatrici. Il volo è un elemento simile a un ventaglio ingigantito, azzurro e arancio di stoffa e legno: la scultura non riesce a decollare per motivi di spazio e diventa componente estetica, emblema della potenzialità ignorata…. I quadri di scena mutanti frammentano il corpo recitante che si moltiplica col movimento e racconta di un sé contaminato, reattivo fino allo sfinimento. Gli oggetti sono ridotti al minimo…Bahamuth vive di atmosfere e non considera gli orpelli che umanizzano la situazione giocattolo, e dirigono la percezione alla facile comprensione. La scatola, giocattolo di metallo, legno, stoffa verde e aria, determina un vincolo

formale e provoca un’urbanizzazione dello spazio composto di piani d’aria, definiti da rette quasi mai parallele. Il giallo fluorescente delle aste, le dimensioni spropositate, i rapporti di equilibrio distorti, danno all’uomo d’oro, che vive l’ambiente, la possibilità di sfinirsi nell’immobilità e in seguito di estendersi e saltare affiancato dai due ragazzi blu, intesi come elementi dinamici.

I due giovani mettono in moto le possibilità meccaniche della struttura, ruotano le ali leggere e svolazzanti che chiudono la scatola e si mostrano indaffarati intorno al fardello uomo, entrano in scena frantumando la solitudine del protagonista e la staticità della scultura.

La scatola, elemento filiforme dall’equilibrio bizzarro, possiede solo l’illusione della chiusura, è vibrante nello spazio e soprattutto è dipendente alle sollecitazioni dell’umano.

Antonio è partito dall’immobilità di un uomo steso.

La storia dello spettacolo è nel ritmo: i passi, le frasi, I frammenti narrati, sono tenuti assieme dal corpo – parola. Il susseguirsi delle vicende è una costruzione creata con le regole del montaggio cinematografico; Bahamuth si svolge in uno spazio esterno – interno che logora la percezione del tempo e lo reimposta. La sequenza drammaturgica è costruita mettendo in relazione i frammenti di storie con i movimenti e con i ritmi sonori della parola recitata in corsa.

La triade parola – corpo – spazio si manifesta in forma biforcuta, a tratti sintetica e metaforica e in altri momenti estremamente rappresentativa.

La successione degli eventi nell’ambiente giocattolo, devia la percezione del reale dall’immagine persuasiva.

* le sculture in tasca sono materia appena accennata composta con il criterio del mare… con ironia parlano un linguaggio codificato nel particolare e stravolto nelle dimensioni Teatro leggero

 

L’allestimento scenico di Bahamuth è veloce da montare come Pitecus, Io e Fotofinish

La stoffa e il metallo sono le materie che rispondono meglio alle mie esigenze di leggerezza.

In Bahamuth ho inserito anche degli elementi di legno per rafforzare la stabilità della scatola.

Questa innovazione nella materia mi ha molto divertito ed era necessaria affinché venisse fuori la

forma del giocattolo con tutto il suo sapore.

La struttura mangia spazio e l’allestimento dell’ambiente che accoglie la rappresentazione, sono per me due opportunità scoperte nel 2003 con la nascita dello spettacolo Fotofinish

Bahamuth mi ha permesso di sviluppare queste due intuizioni, ma mentre prima parlavo di

estensione lineare ora affronto la capacità spaziale del singolo elemento scultoreo.

Flavia Mastrella

 

Come corpo pensavo

In quanto carne pensavo di conoscermi.

E invece mi sorprendo di come, ancora una volta, la mente mandi il corpo a soffrire per poi

rintanarsi nella facilità del pensare.

Mi muovo da molto con le membra a sfiancare e quindi dovrei aver compreso l’indole del

patimento.

Ma nel caso di Bahamuth ho scoperto che gli organi interni hanno una coscienza viva se sottoposti a un’andatura sussultoria e verticale. Nelle opere precedenti il mio incedere è stato lento nella sua difficile armonia e poi veloce nel pendolare circolare e incessante. Ma ciò che incessa quasi mai decessa e cioè, qualunque carne con le ossa attaccate si abitua se ben addestrata.

E quindi, dopo Fotofinish ero certo che il massimo del movimento fosse stato raggiunto.

Creare un qualcosa di più faticoso era arduo e poco intelligente.

Ma nella scatola le corse laterali me le son proibite dall’inizio. L’allestimento di Flavia Mastrella ha suggerito soluzioni azzardate.

E ho cominciato a fare del mio corpo un assoluto verticale, con salti da fermo e in progressione che danno il ritmo alle interiora.

E ciò lo percepisco mentre mi esibisco.

Sento il cuore affaticarsi e la milza intenerirsi, sento lo stomaco in subbuglio, per nulla offeso da un compito non suo.

Insomma avverto un corpo diverso, sottoposto alla trazione verticale che ne esalta l’allungarsi non della vita ma almeno delle membra tutte.

E mi sorprendo ancora di come, mentre la pelle se ne va a finire, la mente la costringa a spasmi insperati e vigorosi.

E per questo il pensiero è inferiore.

 

Come urla sentivo

L’ inserimento delle urla come suono costituisce il nuovo orecchio di uno spettacolo fatto per i soli occhi. Privilegio di chi vede è il non capire ciò che un altro fa. Le parole aiutano la miseria della media comprensione. Le urla fanno la musica senza le mani. La gola non si suona con le dita a meno che non ci si voglia soffocare. E nessun urlo può essere raggiunto dalle mani, tirato fuori e mostrato a chi ci guarda.

Insomma con le urla ci si accorcia il patibolo. Ma questo sembra un atteggiamento pessimista di chi non ama la vita a sufficienza. E invece no, io amo fare quello che non si può comprendere.

In questa opera ultima le urla unificano le parole intere: le urla sono fatte solo di vocali allungate che cingono la preda del concetto e la mandano a morire nella testa di chi ignaro si attarda a capire.

Io sono il mio tamburo e mi suono al ritmo mio.

Antonio Rezza

 

PROSA

ven. 3/1/2020 h  21

sab. 4/1/2020 h 19

dom. 5/1/2020 h  17

ANELANTE

di Flavia Mastrella Antonio Rezza

con Antonio Rezza

e con Ivan Bellavista, Manolo Muoio,Chiara A. Perrini, Enzo Di Norscia

(mai) scritto da Antonio Rezza

habitat di Flavia Mastrella

assistente alla creazione Massimo Camilli

una produzione RezzaMastrella – La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello – Teatro Piemonte Europa

 

In uno spazio privo di volume, il muro piatto chiude alla vista la carne rituale che esplode e si ribella. Non c’è dialogo per chi si parla sotto. Un matematico scrive a voce alta, un lettore parla mentre legge e non capisce ciò che legge ma solo ciò che dice. Con la saggezza senile l’adolescente, completamente in contrasto col buon senso, sguazza nel recinto circondato dalle cospirazioni.

Spia, senza essere visto, personaggi che in piena vita si lasciano trasportare dagli eventi, perdizione e delirio lungo il muro. Il silenzio della morte contro l’oratoria patologica, un contrasto tra rumori, graffi e parole risonanti. Il suono stravolge il rimasuglio di un concetto e lo depaupera. Spazio alla logorrea, dissenteria della bocca in avaria, scarico intestinale dalla parte meno congeniale.

 

MAI PIU’ SOLI PROSA

dal 10 al 16 gennaio 2020 (17, 18 e 19 gennaio repliche fuori abbonamento)

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

La tempesta

di William Shakespeare

traduzione Nadia Fusini

adattamento Roberto Andò e Nadia Fusini

regia Roberto Andò

scena Gianni Carluccio

costumi Daniela Cernigliaro

musiche originali Franco Piersanti

flautista Roberto Fabbriciani

light designer Angelo Linzalata

suono Hubert Westkemper

 

personaggi e interpreti

(in ordine di apparizione)

Prospero                   Renato Carpentieri

Miranda                     Giulia Andò

Ariel                           Filippo Luna

Calibano                   Vincenzo Pirrotta

Ferdinando               Paolo Briguglia

Gonzalo, Iris             Fabrizio Falco

Trinculo, Antonio     Paride Benassai

Stefano, Alonzo       Gaetano Bruno

 

collaborazione artistica Alfio Scuderi

aiuto regia Luca Bargagna

scenografi realizzatori Giuseppe Ciaccio, Sebastiana Di Gesù, Carlo Gillè

assistente ai costumi Agnese Rabatti

il regista ringrazia per la collaborazione Alex Vella

produzione Teatro Biondo Palermo

 

La tempesta, ultimo capolavoro di William Shakespeare e suo definitivo congedo dalle scene, è un congegno teatrale prodigioso, in cui s’incrociano alcuni temi che prefigurano l’orizzonte della modernità: lo sguardo occidentale a confronto con quello dell’altro, la realtà e l’illusione, l’incantesimo della mente e il potere come complotto e usurpazione, il mistero della giovinezza e l’incombere della fine.

Roberto Andò – regista abituato a muoversi agilmente tra cinema e teatro – rilegge La tempesta attraverso il fluire, grandioso e imprevedibile, della mente di Prospero, assecondando l’incedere minuzioso e incalzante del suo piano per congedarsi dal mondo e iniziare la figlia Miranda al mistero dell’esistenza. Protagonista è Renato Carpentieri, un attore giunto alla sua piena maturità, qui affiancato da un cast di eccellenti interpreti.

Scrive Andò nelle sue note: “penso che La tempesta sia un geniale omaggio al teatro, e una delle commedie più profonde che siano state dedicate al senso della vita. È l’opera della rigenerazione, dove il naufrago, il disperso, l’usurpato ritrovano il filo interrotto delle loro esistenze. Se c’è una ragione per cui ancora oggi questa commedia ci parla, è nell’idea, per nulla semplice o banale, che l’essere umano sia destinato a convivere con la tempesta, e che dopo ogni tempesta debba fare chiarezza dentro di sé.

La tempesta appartiene a quel florilegio di opere accomunate dalla tardività, affratellate cioè da uno stile attraverso cui autori diversi hanno espresso in forma drammatica il proprio rapporto col mondo. Nel capolavoro di Shakespeare, apparentemente, tutto sembra destinato alla conciliazione, non a caso si tratta di una favola. Eppure, anche nella Tempesta domina il tono della retrospezione, ma il poeta vi trasfonde uno spirito nuovo, di pietosa serenità, e la fa coincidere con la metamorfosi degli esseri umani che vi sono rappresentati.

Nella visione che abbiamo voluto darle con Gianni Carluccio, l’isola è diventata una casa disastrata (allagata dalla pioggia e dal mare?), di cui Prospero ha fatto il laboratorio di una speciale esplorazione dell’anima, un interno-esterno circondato da un mare all’inizio in tempesta, poi calmo, e, alla fine, quando Calibano resta il solo abitante dell’isola, di nuovo in preda a un disordine di cui non si prefigura l’esito.

Renato Carpentieri, un attore giunto all’essenza del suo grandissimo talento, mi dà la certezza di un Prospero memore di quell’accento che ancora si ritrova in certi preziosi, e isolati, intellettuali del Sud, mossi da una disperata intelligenza, e, insieme, da una infinita disposizione al fantasticare, offesi dall’intollerabilità del reale, ma vocati a una dolente dolcezza, a un indomabile furore”.

 

Dalla rassegna stampa

Una valanga di applausi, successo per Carpentieri-Prospero e Filippo Luna-Ariel, stralunato e aereo. Vincenzo Pirrotta è calibano, “cannibale” perfetto. Splendide le scene di Gianni Carluccio, sostanza stessa dello spettacolo.

Maria Lombardo, La Sicilia

 

Spettacolo elegante e ricco di spunti visionari. Prova di alta maturità di Renato Carpentieri. Calda è la lettura di Roberto Andò, un omaggio alla teatralità di elegante fattura e denso di suggestioni visive che si avvale di un ottimo cast.

Giudo Valdini, La Repubblica Palermo

 

Uno spettacolo di grande impatto, Andò ci restituisce appieno il senso del viaggio nella coscienza, del percorso interiore di un uomo piegato dalla sorte.

Giuseppe Distefano, cittànuova

 

 

27 gennaio 2020 lunedì h 21 PROGETTI MUSICA

CALENDARIO CIVILE CIRCOLO GIANNI BOSIO

LA MAMMA STA TORNANDO, POVERO ORFANELLO

La giornata della Memoria

di Jean Claude Grumberg

versione italiana di Giacoma Limentani

con: Emanuele Carucci Viterbi, Giovanna Daddi, Dario Marconcini

canzoni: Viviana Marino

regia : Dario Marconcini con la collaborazione artistica di Stefano Geraci

produzione: Ass.ne Teatro Buti

illuminazione e scene: Riccardo Gargiulo con la collaborazione di Maria Cristina Fresia

 

Un bambino di 62 anni chiama sua madre, vorrebbe tanto che lo prendesse per mano e trascorressero insieme una domenica felice. Delle voci gli rispondono, dei personaggi gli appaiono: la madre con i suoi rimproveri, un Dio che può far ben poco, un anestesista inquietante, un invadente direttore di una casa di riposo e, infine, il padre che non ha mai conosciuto e che gli chiede come vanno ora le cose nel mondo, dopo il nazionalismo, la caccia ai diversi, i campi di concentramento…

 

Grunberg è autore tragico della più nobile tradizione ebraica dove la memoria e l’ironia si confondono senza derisioni e esagerazioni. E’ un autore che pur portando su di se’ i segni della discriminazione subita da bambino, della solitudine e del dolore (suo padre, sarto ebreo, morì in un campo di sterminio), nei suoi scritti adotta uno stile delicato dove il passato è come rimosso, mai citato, ma che inconsapevolmente, dalle domande, dalle ansie, dalle nenie, dai ricordi, riaffiora tenero e spietato pur ovattato e nascosto da un sorriso amaro. Con “La mamma sta tornando povero orfanello ” continua la nostra ricerca su testi di autori del 900 poco conosciuti e poco rappresentati in Italia.

 

 

MAI PIU’ SOLI PROSA

dal 28 gennaio al 2 febbraio 2020

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

La Locandiera

di Carlo Goldoni

regia Andrea Chiodi

con (in ordine alfabetico)
Caterina Carpio, Caterina Filograno, Tindaro Granata, Mariangela Granelli, Fabio Marchisio

scene e costumi Margherita Baldoni, assistente alla regia Maria Laura Palmeri, disegno luci Marco Grisa musiche Daniele D’Angelo, realizzazione costumi Maria Barbara de Marco

produzione Proxima Res

 

Sorprende e a fa sorridere La locandiera, apparente, spensierata commedia amorosa, classico goldoniano dal carattere universale e squisitamente moderno, nella versione della Compagnia Proxima Res di Tindaro Granata. L’astuzia, la diplomazia e le debolezze del cuore della donna sono i temi che danno ritmo a questa brillante edizione, fedele all’originale, ma non priva di trovate che la rendono una piacevole novità. Un allestimento essenziale ma formalmente elegante e curato, un affiatato gruppo di interpreti, una recitazione fresca e vivace fanno il resto.

Nei suoi Memoires Carlo Goldoni racconta di essersi avvicinato al teatro da bambino, giocando con delle poupettes. È così che Andrea Chiodi ha immaginato di far interagire gli attori con delle piccole bambole, per rappresentare in modo efficace i rapporti tra i personaggi di questa straordinaria macchina teatrale. “E’ una locandiera che agisce tutta intorno ad un grande tavolo – spiega il regista nelle sue note – tavolo da gioco e tavolo da pranzo, così chiaro il che cosa avviene sopra e meno chiaro che cosa avviene sotto; una locandiera che è sicuramente la rappresentazione del Don Giovanni letterario ma al femminile, con i personaggi che appaiono e scompaiono tra una moltitudine di costumi del repertorio del teatro di Goldoni”.

 

 

 

Dalla rassegna stampa:

“Questa rappresentazione nitidamente stilizzata è piacevole ed elegante e gli attori vi si inseriscono con una vivace adesione: Mariangela Granelli è una Mirandolina di forte personalità, spavaldamente manipolatrice fin quasi al limite del cinismo, Emiliano Masala un Ripafratta a suo modo amarognolo, sottilmente malinconico, mentre Tindaro Granata conquista la platea divertendosi a disegnare un marchese di Forlimpopoli sul filo di una travolgente esuberanza istrionica, e Caterina Carpio e Francesca Porrini si moltiplicano con la consueta verve nel dare vita ai restanti personaggi ”.

Renato Palazzi, delteatro.it

 

Riecheggiano canzoni popolari fiorentine della prima metà del novecento a ricordare l’ambientazione toscana. In questo ambiente essenziale ma ricercato si muovono gli attori nel costruire gli intrighi della commedia, tra esilaranti caricature, abili cambi di ruolo e affascinanti caratterizzazioni dei personaggi. A movimentare la scena dei giochi amorosi giungono anche due commedianti sotto false spoglie, Ortensia e Dejanira, le quali offrono al pubblico, insieme al Marchese, momenti di assoluta comicità”.

Camilla Lama, teatro.perinsala.it

 

Non è l’intera opera a essere rappresentata, ma solo alcune delle scene più celebri, introdotte dalle parole del loro ideatore. Nelle sue Memoireis, pubblicate nel 1787, Goldoni si lascia infatti trasportare dai ricordi, fornendo una sincera analisi dei suoi personaggi, fra cui Mirandolina…l’impressione, è di essere in una grande sartoria teatrale nella quale, finito il lavoro ordinario, i vestiti di scena prendono vita e raccontano essi stessi le storie per cui sono stati creati”.

Giada Marcon, Scene contemporanee.it

 

“C’è poco da fare: quando c’è un’idea precisa dietro a una messa in scena e quando la direzione registica ha perfettamente chiaro dove voglia andare a parare e padroneggi gli strumenti per farlo, il resto ne consegue. Così qui Andrea Chiodi sceglie di rappresentare quel gran teatro che sono i rapporti umani e lo fa attraverso il minuetto farsesco dell’annoiato gioco di una locandiera, che, corteggiata, adorata e omaggiata dai suoi avventori, s’incapriccia nel far innamorare giusto il solo che le ostenta misoginia.

Francesca Romana Lino, Rumor(s)cena

 

 

 

 

 

MAI PIU’ SOLI PROSA

dal 4 al 9 febbraio 2020

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

DIO RIDE

Nish Koshe

di e con Moni Ovadia

e con le musiche dal vivo della Moni Ovadia Stage Orchestra
Maurizio Dehò, Luca Garlaschelli, Albert Florian Mihai, Paolo Rocca, Marian Serban

luci Cesare Agoni, Sergio Martinelli
scene, costumi ed elaborazione immagini Elisa Savi
progetto audio Mauro Pagiaro

regia Moni Ovadia

produzione CTB Centro Teatrale Bresciano, Corvino Produzioni

 

È sul modello di Oylem Goylem, di cui ricorre il 25° anniversario, il nuovo spettacolo di Moni Ovadia Dio ride il cui sottotitolo, Nish Koshe in yiddish vuol dire “così così”.

Protagonista è il vecchio ebreo errante, con nuove storie e nuove musiche eseguite dal vivo da un gruppo di cinque straordinari musicisti: «Una zattera in forma di piccola scena approdava in teatro venticinque anni fa – scrive Ovadia – trasportava cinque musicanti e un narratore di nome Simkha Rabinovich, che raccontava storie di gente esiliata e ne cantava le canzoni. Dopo un quarto di secolo, Simkha e i suoi compagni tornano per continuare la narrazione di quel popolo in permanente attesa, per indagarne la vertiginosa spiritualità con lo stile che ha permesso loro di farsi tramite di un racconto impossibile eppure necessario, rapsodico e trasfigurato, fatto di storie e canti, di storielle e musiche, di piccole letture e riflessioni alla ricerca di un divino presente e assente, redentore che chiede di essere redento nel cammino di donne, uomini e creature viventi verso un mondo di giustizia e di pace». Sul palco con Ovadia – autore, interprete e regista – ci sono i musicisti della Moni Ovadia Stage Orchestra (Maurizio Dehò, Luca Garlaschelli, Albert Florian Mihai, Paolo Rocca e Marian Serban), che suonano dal vivo.

Artista ironico e auto-ironico, narratore dotato di una lucidità e di una profondità fuori dal comune e intellettuale poliedrico, Ovadia ha alle spalle una solida carriera artistica, quasi interamente dedicata alla conservazione e alla diffusione dell’antica cultura yiddish e dell’Europa dell’Est. Bulgara la nascita, greco-turca la famiglia del padre, ebraico-serba quella della madre. questo il suo albero genealogico: un crocevia di culture che dalla biografia si riflette sulla vocazione artistica.

Dalla rassegna stampa:

Gli anni passano per tutti e la “terra promessa” cambia i suoi confini ma la maestria e l’intimo divertimento che Moni Ovadia mostra in scena quando maneggia l’amato impasto di cultura yiddish e musica klezmer non perdono di smalto e sono ancora capaci di sorprendere ed emozionare.

Maria Grazia Gregori, delteatro.it

 

Dio Ride-Nish Koshe (così, così) di Moni Ovadia segue le orme di Oylem Goylem, una immersione nella cultura ebraica della diaspora e dell’esilio espressa in yiddish e con la musica Klezmer, una panoramica di umorismo, battute fulminanti e citazioni dotte… Ne risulta un affresco nostalgico di un mondo di riso e di pianto, di pensiero e d’intelligenza.

Magda Poli, Il Corriere della sera

 

Dal 17 al 23 febbraio 2020 PROSA

FABRIZIO GIFUNI

Lun. 17/2/2020 h  21

Fabrizio Gifuni

Fatalità della rima

Fabrizio Gifuni legge Giorgio Caproni

ideazione e drammaturgia, Fabrizio Gifuni

 

Fabrizio Gifuni ci accompagna da anni in un sorprendente viaggio nel multiforme corpo della lingua italiana.

Le “officine di lavoro sempre aperte” di Gadda e Pasolini, ma anche il mondo di Pavese o la “carne che si rifà verbo” nella dirompente forza della lingua di Testori. Senza mai dimenticare Dante.

A questo spartito appassionato e vitale non poteva mancare la musica leggera e profondissima di Giorgio Caproni.

Un’incursione nella selva acuta dei suoi pensieri, nella fatalità della rima, nelle segrete gallerie dell’anima di uno dei più grandi poeti del ‘900 italiano.

18-23 febbraio 2020 Con il vostro irridente silenzio (spettacolo inserito in abbonamento fisso)

 

 

MAI PIU’ SOLI PROSA

dal 18 al 23 febbraio 2020

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

Con il vostro irridente silenzio

Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro

ideazione e drammaturgia di Fabrizio Gifuni

Si ringraziano
Nicola Lagioia e il Salone internazionale del Libro di Torino
Christian Raimo per la collaborazione
Francesco Biscione e Miguel Gotor per la consulenza storica

Aldo Moro durante la prigionia parla, ricorda, scrive, risponde, interroga, confessa, accusa, si congeda. Moltiplica le parole su carta: scrive lettere, si rivolge ai familiari, agli amici, ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni; annota brevi disposizioni testamentarie. E insieme compone un lungo testo politico, storico, personale – il cosiddetto memoriale – partendo dalle domande poste dai suoi carcerieri.
Le lettere e il memoriale sono le ultime parole di Moro, l’insieme delle carte scritte nei 55 giorni della sua prigionia: quelle ritrovate o, meglio, quelle fino a noi pervenute. Un fiume di parole inarrestabile che si cercò subito di arginare, silenziare, mistificare, irridere. Moro non è Moro, veniva detto. La stampa, in modo pressoché unanime, martellò l’opinione pubblica sconfessando le sue parole, mentre Moro urlava dal carcere il proprio sdegno per quest’ulteriore crudele tortura. A distanza di quarant’anni il destino di queste carte non è molto cambiato. Poche persone le hanno davvero lette, molti hanno scelto di dimenticarle.
I corpi a cui non riusciamo a dare degna sepoltura tornano però periodicamente a far sentire la propria voce. Le lettere e il memoriale sono oggi due presenze fantasmatiche, il corpo di Moro è lo spettro che ancora occupa il palcoscenico della nostra storia di ombre.
Dopo aver lavorato sui testi pubblici e privati di Carlo Emilio Gadda e Pier Paolo Pasolini, in due spettacoli struggenti e feroci, riannodando una lacerante antibiografia della nazione, Fabrizio Gifuni attraverso un doloroso e ostinato lavoro di drammaturgia si confronta con lo scritto più scabro e nudo della storia d’Italia.

 

 

PROGETTI DANZA

25-26-27-28 febbraio h 21 – 29 febbraio h 19 – domenica 1° marzo h 17

BALLETTO DI ROMA

Sogno,  una notte di mezza estate

coreografia Davide Valrosso

Atto unico per 8 danzatori: 4 uomini e 4 donne

In co-produzione con il Festival Oriente Occidente – CID Centro Internazionale della Danza

“Sogno di una notte di mezza estate” è una delle opere più affascinanti di William Shakespeare, una commedia immersa in un’atmosfera fantastica, capace di suscitare emozioni e meraviglia. In principio l’opera fu destinata a rappresentazioni private, mentre più tardi il testo fu riadattato come spettacolo pubblico. In bilico tra questa dimensione intima e collettiva, tra surrealismo e folklore, la Compagnia del Balletto di Roma dà origine alla storia fantastica e tenebrosa di coppie d’innamorati che si perdono e s’inseguono in un bosco labirintico, fatto d’insidie e seduzioni.

 

La creazione di Davide Valrosso riflette su due temi fondamentali: la magia e il sogno. Magia non è altro che l’amore, simboleggiato nella commedia dal succo di un fiore magico che agisce sugli occhi: è, infatti, con lo sguardo che ci s’innamora per la prima volta scrutando l’oggetto del desiderio. Altro tema è il sogno, preponderante a tal punto che realtà e fantasia arrivano a confondersi, amplificando lo sguardo su un accadimento a-temporale. L’elemento onirico è reso dalla presenza di corpi vivi e impalpabili che danzando animano Puck, creatura irreale ma sempre presente che muove, a volte anche senza volerlo, i fili delle relazioni umane. Puck è vitalità e caos, gioco e divertimento, senza cattiveria. Puck è l’infante irruento e scherzoso che è dentro ognuno di noi.

 

In termini coreografici la cifra chiave è da ricercarsi in un passaggio fluido da elementi accademici a una danza più materica: tracciati ambivalenti che si nutrono l’uno dell’altro, in un migrare continuo dall’etereo al corporeo. Attraverso un focus intermittente su situazioni scelte, le azioni si sovrappongono come in una dissolvenza incrociata, inglobando sguardi densi d’immaginazione, in un’esperienza di visione che invita continuamente a “giocare di fantasia”. Danzatori in colori pastello e scena di un bianco sognante s’immaginano immersi nella stessa sostanza, fatta di materiali sottili che sussurrano e non descrivono. La coreografia dei duetti e delle parti di gruppo amplifica una densità di presenza voluminosa abbastanza da donare al corpo e alla scenografia una consistenza tangibile e insieme immateriale: saranno gli spiriti irreali dei personaggi a concretizzarsi in un mondo del tutto surreale, ma che ci parla da vicino.

 

Shakespeare ci fa intuire quanto noi esseri umani siamo insignificanti di fronte a cose che non possiamo in alcun modo controllare. Ci fa riflettere su come il caos possa essere artefice del nostro destino, poiché nulla possiamo fare – almeno apparentemente – per contrastarlo. Attraverso la danza del suo “Sogno, una notte di mezza estate” Valrosso ci suggerisce di coltivare il senso trasformativo di questo caos fatto d’inganni, gelosie e tenerezze, accogliendo il potere che pensieri, parole e gesti hanno di farci abbandonare inesorabilmente alla bellezza.

 

PROGETTI MUSICA

6-7-8 marzo 2020 venerdì h 21 – sabato h 19 – domenica h 17

SCUOLA POPOLARE DI MUSICA DONNA OLIMPIA

ORCHESTRA DI VILLA PAMPHILIJ

PRIMA ASSOLUTA
Lucignolo e gli altri

di Fabrizio Cardosa

Singspiel originale per soli, cori e orchestra

diretto da Fabrizio Cardosa

una coproduzione

Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia

Teatro Vascello

Teatro Villa Pamphilj
Vocale Moderno diretto da Cecilia Amici
Coro Giovanile diretto da Maria Grazia Bellia e Marzia Mencarelli
Coro Polifonico diretto da Fabrizio Cardosa
Cori Junior diretti da Maria Grazia Bellia
Cori Junior diretti da Camilla Di Lorenzo

Pinocchio e Lucignolo aspettano il carro trainato dai ciuchini che porta al Paese dei Balocchi; ma il burattino questa volta non si farà tentare dall’omino a cassetta e seguirà il consiglio della Fatina di diventare un bravo bambino. Anche il luogo immaginato da Collodi è qui diventato una città un po’ pazza dove ogni bizzarria è possibile e in cui i più grandi tra il pubblico potranno cogliere divertenti riferimenti alla realtà odierna tra personaggi inverosimili e colpi di scena che faranno anche pensare.

 

MAI PIU’ SOLI PROSA

dal 10 al 15 marzo 2020

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

SCANNASURICE

di Enzo Moscato

regia Carlo Cerciello

con Imma Villa

scene Roberto Crea

costumi Daniela Ciancio

suono Hubert Westkemper

musiche originali Paolo Coletta

disegno luci Cesare Accetta

produzione Elledieffe, Teatro Elicantropo

 

Premio Mario Mieli 2018 ad Imma Villa come Miglior interprete

Premio Le Maschere del Teatro Italiano 2017 ad Imma Villa come Miglior interprete di monologo

Premio della Critica (A.N. C. T.) 2015 come Miglior spettacolo

Premio Annibale Ruccello 2015

Premio PulcinellaMente 2015

 

Scannasurice è il testo che nel 1982 segnò il debutto di Enzo Moscato come autore e interprete. Nel 2015 è stato messo in scena da Carlo Cerciello che ne ha affidato l’interpretazione a una straordinaria Imma Villa (Premio Le Maschere 2017 e Premio Mieli 2018 come Migliore Interprete) ed è diventato negli anni un apprezzato piccolo “cult”. Si è aggiudicato anche il Premio della Critica: Per essere sintesi preziosa ed evocativa tra un testo – quello potente di Enzo Moscato, immagine di una città terremotata e fragile nelle fondamenta della sua articolata struttura così come della sua identità –, un’interpretazione poeticamente superba nella sua drammaticità – quella di Imma Villa, la cui maestria d’attrice restituisce realismo e intensità al personaggio che interpreta con vibrante tensione –, e una regia complessa e accurata – firmata Carlo Cerciello – in grado di valorizzare ogni sua singola componente e, nella sua unitarietà, porsi quale virtuale luogo teatrale e reale, in cui l’estetica si fonde con la recente storia napoletana […].

 

Ambientato dopo il terremoto del 1980 a Napoli, Scannasurice è una sorta di discesa agli “inferi”, di un personaggio dall’identità androgina, nell’ipogeo napoletano dove abita, all’interno di una stamberga, tra gli elementi più arcani della napoletanità, in compagnia dei topi – metafora dei napoletani stessi – e dei fantasmi delle leggende metropolitane partenopee, dalla Bella ‘mbriana al Munaciello, tra spazzatura e oggetti simbolo della sua condizione, alla ricerca di un’identità smarrita dentro le macerie della storia e della sua quotidianità terremotata, fisicamente e metafisicamente.

Il personaggio fa la vita, “batte”. E’, originariamente, un “femminiello” dei Quartieri Spagnoli di Napoli, ma i femminielli di Enzo Moscato sono creature senza identità, quasi mitologiche. Oltre l’identità sessuale, sono quasi magiche. Per questo ne è interprete un’attrice che del personaggio esalta l’ambiguità e l’eccesso. In un dialetto lirico e suggestivo, la creatura a metà tra l’osceno e il sublime distilla imprecazioni esilaranti, filastrocche popolari e antiche memorie in un’alternanza di ritmi e di sonorità rendendo un testo ed uno spettacolo propriamente caratterizzato dalla parola profondamente affascinante.

Cerciello coniuga qui i due finali scritti da Moscato in due momenti successivi: il primo nel 1982, il secondo, su impulso di Annibale Ruccello che ne fece la regia due anni dopo. Di una morte simbolica comunque si tratta, nel segno di un pessimismo che lascia poche vie di fuga.

 

DALLA RASSEGNA STAMPA

 […] straordinaria Imma Villa. Grazie a lei il pubblico, emozionato, commosso, turbato, ferito, esaltato, scopre la gioia ed il dolore di condivisioni che a volte ci concede il teatro. Accade raramente ed è un prodigio ed un dono. E gli applausi sembra non debbano mai avere fine.

Giulio Baffi, la Repubblica

Uno spettacolo che onora la drammaturgia, e la sonorità fosca d’un dialetto lirico.

Rodolfo Di Giammarco, la Repubblica

[…] Una lingua aperta alla contaminazione, che danza in maniera vitale con le parole per ricomporre un universo suo proprio. E non a caso si esprime nella forma pre-drammatica del monologo che impegna l’interprete, una bravissima Imma Villa, a innescare un dialogo continuo con lo spettatore. 

Gianni Manzella, il Manifesto

Cerciello, ancora una volta con lucida intelligenza, punta sulla radicalizzazione del dettato moscatiano […] un’Imma Villa semplicemente strepitosa: carnale, ironica rabbiosa, sperduta e tenerissima, dona una sanguigna e appassionata verità sia ai tarocchi che Cerciello le fa appendere a una corda per richiamare con altrettanta ironia i proverbiali panni stesi ad asciugare sia alla Bella ‘Mbriana e al Munaciello evocati da Moscato come vie di fuga dalle macerie della realtà.

Enrico Fiore, Il Mattino

E’ invece già un piccolo classico Scannasurice di Enzo Moscato interpretato da una straordinaria Imma Villa […] Testo bellissimo e spettacolo fascinoso.

Gianfranco Capitta, il Manifesto

 

Scannasurice di Moscato si basa su un’efficace invenzione visiva (…) la bravissima Imma Villa striscia evocando una figura dall’incerta connotazione sessuale. Il virtuosismo verbale dell’attrice fa del napoletano stretto una musica incalzante, ma in gran parte insondabile.

Renato Palazzi, Sole 24 ore

 

Sono ticinese. Eppure ho assaporato ogni parola, ogni gesto E ho capito le parole, aiutate dal gesto scenico. Ho capito i pensieri, coinvolti dalla forza attoriale. Ho capito la tradizione, seppur lontana dalla mia.  Roberta Niccolò, Timmagazine Lugano

 

MAI PIU’ SOLI PROSA

dal 24 al 29 marzo 2020

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17

FILO FILO’

di e con Marco Paolini
assistenza alla regia Silvia Busato audiovisivi e luci Michele Mescalchin fonica Piero Chinello
direzione tecnica Marco Busetto
prodotto da Michela Signori
produzione JOLEFILM

 

Atteso ritorno a Roma di Marco Paolini con Filo filò, nuova tappa del suo teatro di parola, che ispirandosi alle tradizionali veglie serali dove gli anziani si riunivano per raccontare storie uniche e preziose, prova a riflettere a voce alta su come la vita di tutti noi sta cambiando, grazie o per colpa delle tecnologie, che derivano dalle innovazioni e di cui facciamo uso quotidianamente.

“Non sono un esperto di Internet, non sono un utente dei social – spiega Paolini in una nota- non conosco la meccanica quantistica, né le Neuroscienze e la fisica, né la robotica e le intelligenze artificiali. Ma tutto questo mi riguarda e mi interessa. So che la mia vita sta cambiando grazie o per colpa delle tecnologie che da queste innovazioni derivano e di cui faccio uso anch’io come i miei simili”.

Uno spettacolo dunque per riflettere a voce alta che mette insieme piccole storie unite da un filo di ragionamenti.

La globalizzazione, Internet, l’intelligenza artificiale, la bioingegneria producono accelerazione e discontinuità che danno eccitazione e disorientamento, stupore e nuove abitudini. Le nuove applicazioni hanno bisogno di acceleratori, di incubatori di idee. Allora il filò a teatro serve a rallentare il flusso, a unire i puntini attraverso la forza dell’oralità. Una forma magra di teatro, senza scena e senza personaggi, non una storia ma un filo di storie tenuto insieme con mestiere (quel che basta) e necessità (quella non manca). Come spiega il poeta Andrea Zanzotto il filò era nel Veneto «una veglia contadina nelle stalle durante l’inverno ma anche l’interminabile discorso che serve a far passare del tempo… e niente altro».

Un passatempo, non uno spettacolo quindi. Un racconto dialogante nelle intenzioni di chi lo propone oggi a teatro, un invito agli spettatori a far filò insieme.

 

Filo da perdere ogni tanto per passatempo, ma da ritrovare per far filò.

Filo di lana che lega i discorsi per farli diventare storie che passino di bocca in bocca, di sera in sera, anche per non perdere il filo del presente e per provare a costruire un futuro condivisibile come chiedono con forza le nuove generazioni agli adulti.

E non solo per il clima ma anche per l’aria che tira su tutto il resto.

Marco Paolini

 

 

 

 

PROGETTI MUSICA

dal 1° al 5 aprile 2020 mercoledì – giovedì – venerdì h 21 – sabato h 19 –

domenica h 17

NANDO CITARELLA –  LA PARANZA

Di Voce in Voce ( Cunti  tra Cibo e Canti dell’Antico Mare )

L’uomo ha sempre amato.

Raccontar storie su musiche e parole che si intrecciano ponendo in primo piano le affinità piuttosto che le differenze tra Parola-Musica e Movimento nelle diverse lingue e nei dialetti dell’antico mare, il Mare delle Culture che unisce piuttosto che separare i popoli che lo abitano. Dalle fiabe italiane ai novellini popolari, da quelle della Spagna al tempo del Sultanato di Siviglia al Pentamerone della Napoli seicentesca che incontra Shakespeare (forse di sangue siculo) fino alle farse cavaiole contrapposte alle mille e una notte.

Un mondo che sembra molto lontano, ma che da sempre è radicato

in noi anche oggi nel social-web time dove forse tutto Passa e forse Poco Resta.

Così vogliamo raccontarvi di Caffè dove un tempo(non molto lontano) poeti musici cantori e scrittori si incontravano per scambiarsi idee proposte e scommettere sul futuro di quell’arte a loro sempre cara.Tradizioni-Evoluzioni-Comtaminazioni basate proprio sugli incontri, di porto in porto da mare a mare. Un immaginifico Atlante che si apre tra muse e musiche.Dalle Passioni Amorose et Guerriere alle Passioni del Sacro Popolare e fino al Divertissement e alle Canzonette tardo romantiche. Mondi e Modus che tanto hanno dato alla nostra tradizione musicale da sempre attraversata da parte a parte tra Colto e Tradizionale tra Corte e Cortile tra Fede, Folclore e Rappresentazione, senza mai dimenticare però ne la Radice nell’Identità, nè L’Appartenenza. Un voyage tra musica e parola dove questi due mondi si incontrano e si rappresentano. Graziassaie.                                       Ideazione e Direzione Nando Citarella

Nel programma della settimana ogni giorno sarà presente accantro a Nando Citarella un gruppo Folck ospite.

Food&Folk prg con i suoi cuochi musici

accompagnerà e aprirà il viaggio con piccoli assaggi di cibo povero (il cibo dei cantori, dei pellegrini, dei cuntisti, dei repentistas, dei cuenteros e dei cantastorie) che veniva offerto in cambio del loro Narrar Cantando.

 

PROGETTI MUSICA E TEATRO

dal 15 al 19 aprile 2020 mercoledì – giovedì – venerdì h 21 – sabato h 19 –

domenica h 17

La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello

Ovidio  Heroides  Metamorphosys

Testi di Ovidio

Musiche da Bach a Piazzolla

con Manuela Kustermann e Cinzia Merlin al pianoforte

 

Metamorphosys

Un viaggio di trasformazione attraverso la musica, oltre il tempo. Una profonda riflessione artistica sul concetto di mutamento, di cambiamento e trasformazione.

 

Metamorphosys libera la musica dagli schemi. Riflettendo il rapporto tra passato, presente e futuro, attraverso una nuova consapevolezza estetica lo proietta verso nuovi orizzonti.

Un atto musicale unico che scorre in forma rapsodica attraverso il tempo e senza tempo, creando legami e connessioni tra compositori apparentemente lontani.

Il profondo e viscerale legame con il repertorio classico, la sua identificazione musicale in esso e lo slancio verso la contemporaneità di nuove forme artistiche, sono il fondamento di un’indole creativa che indirizzano la pianista Cinzia Merlin verso nuove esplorazioni.

Il rapporto tra l’arte musicale classica e le nuove tendenze artistiche contemporanee, la portano ad una profonda riflessione sul concetto di mutamento, di cambiamento e trasformazione.

 

Metamorphosys mira ad esprimere un’evoluzione interpretativa nuova, conferendo al repertorio classico un’estetica innovativa che nasce dalle nuove influenze artistiche contemporanee, ma con uno slancio verso il futuro.

Attraverso una sintesi artistica tra passato e contemporaneo, metamorphosys vuole re-interpretare la tradizione classica, impermeandola del cambiamento e della mutazione artistica attuali come valore aggiungo ad essa.

 

Con Metamorphosys Cinzia vuole rompere le “barriere” della musica colta ed aprirne le porte ad un pubblico molto più ampio, generalmente non avvezzo alle grandi sale da concerto, ed avvicinandole ad un mondo ormai troppo fossilizzato nel cliché elitario che lo circonda. Attraverso questa nuova visione e attraverso la contaminazione la musica arriva ad un pubblico molto più ampio e attraverso la contaminazione riesce ad arricchirsi di un potere comunicativo ancora più forte.

 

 

PROGETTI MUSICA

20 aprile 2020 lunedì h 21

CALENDARIO CIVILE CIRCOLO GIANNI BOSIO Il disastro di Chernobyl

BOB DYLAN, PIOGGIA E VELENO

Da “A hard Rain’s a-Gonna Fall” alla ballata popolare italiana

di e con Alessandro Portelli

e con: Piero Brega  – voce, chitarre

Susanna Buffa – voce, chitarra, autoharp

Sara Modigliani – voce

 

Un concerto che è un’esplorazione di una delle più grandi canzoni di Bob Dylan e del suo rapporto con la ballata popolare di tradizione orale: letture dal libro di Portelli e folk ballads

si susseguiranno, in un confronto serrato con le forme della canzone narrativa popolare e della sua storia plurisecolare partendo dal «Testamento dell’avvelenato», di cui si trova traccia nell’Italia del Seicento col titolo di «Lord Randal». Questa ballata, che appare come la radice dell’ispirazione dylaniana, seguendo i canali propri della tradizione orale si è infatti diffusa in tutto il mondo anglosassone arrivando infine in America.

Il concerto rende conto di questi percorsi e di tutti i passaggi che Dylan compie per arrivare alla scrittura del suo capolavoro, evidenziando la sua visione della storia e del futuro – dall’incombente minaccia nucleare ai disastri ecologici del nostro tempo – e mettendo in luce il rapporto che il grande folksinger intrattiene con i linguaggi della musica, della poesia, dell’industria culturale.

I temi affrontati in “Hard Rain” si svilupperanno in altre sue celebri canzoni, che verranno eseguite assieme a canti narrativi della tradizione italiana in cui si affrontano temi simili, evidenziando la rete di legami che collega le tradizioni popolari del mondo occidentale.

 

PROGETTI DANZA

27-28 aprile 2020 h 21

Dancing Partners

Dancing Partners è un progetto in rete avviato nel 2013 per la promozione della danza contemporanea da parte di un team di artisti consolidati di diverse nazionalità. Concepita come iniziativa itinerante, DP fa tappa in ognuno dei Paesi coinvolti (Spagna, Svezia, Inghilterra e Italia) in cui a seguito di una residenza temporanea, luogo di scambio e confronto tra i vari artisti nella sede della Compagnia ospitante, sono programmate performance laboratori, incontri, dibattiti con il pubblico stesso e con gli studenti avvicinati nelle attività di formazione del progetto. DP ha così non solo un fine di promozione del lavoro degli artisti coinvolti, ma un forte radicamento nei territori toccati con attività di formazione di settore oltre che del pubblico. I partner sono Thomas Noone Dance (Spagna), Norrdans (Svezia) e Company Chameleon (Inghilterra) e  Spellbound Contemporary Ballet ( Italia) .. Le diverse componenti,  si trovano a lavorare e mescolarsi in progetti dove il comune denominatore sulla condivisione di un pensiero artistico comune prevale sull’etichetta del singolo ma soprattutto dove l’aspetto della pluralità porta a sostenere iniziative diffuse per l’avvicinamento del pubblico e la promozione della cultura contemporanea: show case in strada, lezioni e incontri presso scuole e università, laboratori per bambini così come per adulti e prove aperte sono solo alcuni dei contenuti che DP accosta alle rappresentazioni di spettacolo nei diversi paesi coinvolti. Dal 2018 il progetto ha avviato un nuovo processo di indagine creativa rivolto a programmi di co-creazione tra le quattro compagini  già sperimentati a seguito di due residenze rispettivamente in Svezia e Spagna, modello che si propone di esportare anche in altre geografie attingendo così alle diverse influenze artistiche delle diverse identità locali nell’approcciare la creazione.

 

NOTE SULLE COMPAGNIE OSPITI 

 

SPELLBOUND CONTEMPORARY BALLET (ITALIA)

Nasce nel 1994, dietro volontà del coreografo Mauro Astolfi che fonda la Compagnia al rientro da un lungo periodo di permanenza artistica negli Stati Uniti. A partire dal 1996 Astolfi condivide il progetto produttivo  con Valentina Marini con cui la Compagnia avvia un processo di intensa internazionalizzazione e di collaborazioni trasversali. Forte di una cifra stilistica inconfondibile esaltata da un ensemble di danzatori considerati tra le eccellenze dell’ultima generazione, Spellbound si colloca oggi nella rosa delle proposte italiane maggiormente competitive sul piano di una dialettica internazionale, espressione di una danza che si offre al pubblico con un vocabolario ampio e in continua sperimentazione, convincendo le platee dei principali Festival di Europa, Asia, Americhe. L’ensemble si avvicina al venticinquennale di attività, un arco di tempo in cui alla produzione di spettacoli di danza ha unito da sempre e con sempre maggiore interesse progetti di formazione ed educazione sia del pubblico che di almeno due generazioni di danzatori. Le attivita’ di Spellbound, oltre alle creazioni di Astolfi, abbracciano una serie di produzioni e progetti in rete con altri artisti e istituzioni su scala internazionale, come il recente “La Mode”, installazione a firma di Tomoko Mukayiama e Tojo Ito che ha inaugurato il National Taichung Theater a Taiwan nell’ottobre 2016. Le attivita’ di produzione sono inoltre sostenute dal Ministero per i beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo a partire dal 2000.

 

 

THOMAS NOONE DANCE (SPAGNA)

Thomas Noone Dance (TND) è una compagnia di danza contemporanea che porta in scena il lavoro dell’omonimo coreografo Noone con l’obiettivo di costruire un’emozionante danza fisica. Dalla sua nascita, nel 2001, TND ha sviluppato uno stile inconfondibile che coniuga un’elevata capacità tecnica dei ballerini a una ricerca su un linguaggio capace di suscitare emozioni utilizzando il corpo come mezzo di espressione artistica andando a produrre oltre 32 creazioni tra spettacoli di formati maggiori e piece per famiglie. Dal 2008 infattila compagnia è  sempre più attiva in progetti socio-culturali utilizzando la danza come strumento di integrazione e coesione, con particolare interesse per i giovani e la danza inclusiva. Dal 2006 TND è diventata compagnia residente al SAT! Theatre, passaggio che ha permesso un notevole ampliamento del repertorio e la messa in scena di nuove iniziative con lo scopo di esplorare obiettivi culturali e socio-educativi diversi per creare ulteriori metodi per comunicare con il pubblico.

 

 

NORRDANS (SVEZIA)

Norrdans è una compagnia di danza con sede nel nord della Svezia. La sua missione è quella di presentare al grande pubblico produzioni di danza contemporanea di alta qualità in tutte le sue forme e con un ampio ventaglio di firme autorizzi  Fin dall’inizio, nel 1995, la struttura ha prodotto un gran numero di spettacoli spaziando da coreografi di grande valore internazionale a progetti curati da nuovi talenti cui dare spazio per produrre. L’ obiettivo è infatti quello di offrire differenti esperienze e di esplorare e sviluppare continuamente l’incontro tra la danza contemporanea e il pubblico.

La compagnia ha sede ad Härnösand, ma è spesso in tour a livello regionale, nazionale e internazionale. Norrdans fa parte della rete NMD – Norrlands nätverk för Musikteater och Dans. Norrdans fa parte inoltre del Scenkonst Västernorrland, un’istituzione culturale regionale di proprietà del County Council di Västernorrland e del comune di Sundsvall. Le produzioni della Compagnia hanno il sostegno dell’Arts Council svedese e del comune di Härnösand e dal 2018 è diretta dal coreografo  Martin Forsberg.

 

COMPANY CHAMELEON (INGHILTERRA)

“Come un camaleonte cambia colore, così anche noi cambiamo il nostro: il contesto – che sia un quartiere popolare o un palco – il medium – sia film o performance dal vivo – attraverso tutti i diversi stili in cui operiamo cerchiamo sempre di scoprire nuovi modi di rappresentazione.”

La compagnia Chameleon, fondata e diretta da Anthony Missen e Kevin Edward Turner  crede nel Dance Theatre come metodo fondamentale per il cambiamento sociale. Il loro lavoro permette allo spettatore di sperimentare l’arte della danza, affrontando in modo creativo i problemi e le difficoltà. La compagnia Chameleon porta dunque in scena storie, racconti e archetipi alla vita con bellezza, forza e intensità. Il loro lavoro ha lo scopo di colmare il divario tra la danza teatrale contemporanea, gli artisti e il pubblico. L’ispirazione per il loro lavoro è di ampio respiro: osservazioni sociali, domande sulla condizione umana, identità e concetti astratti.

 

 

PROGETTI DANZA

5-10 maggio 2020 martedì – mercoledì – giovedì – venerdì h 21 – sabato h 19 –

domenica h 17

SPELLBOUD

Vivaldiana

Coreografia  Mauro Astolfi

Musica Antonio Vivaldi

Disegno Luci Marco Policastro

Realizzazione manichino  Chiediscena Scenografie

Ideazione e Realizzazione scultorea componenti manichino  Mauro Vizioli

Costumi Mélanie Planchard

Assistente alla coreografia  Alessandra Chirulli

Orchestra Orchestre de Chambre du Luxembourg

Produzione  Les Théâtres de la Ville de Luxembourg; Spellbound Contemporary Ballet & Orchestre de Chambre du Luxembourg con il contributo di Mibac

 

SPELLBOUND CONTEMPORARY BALLET

Nasce nel 1994, dietro volontà del coreografo Mauro Astolfi che fonda la Compagnia al rientro da un lungo periodo di permanenza artistica negli Stati Uniti. A partire dal 1996 Astolfi condivide il progetto produttivo  con Valentina Marini con cui la Compagnia avvia un processo di intensa internazionalizzazione e di collaborazioni trasversali. Forte di una cifra stilistica inconfondibile esaltata da un ensemble di danzatori considerati tra le eccellenze dell’ultima generazione, Spellbound si colloca oggi nella rosa delle proposte italiane maggiormente competitive sul piano di una dialettica internazionale, espressione di una danza che si offre al pubblico con un vocabolario ampio e in continua sperimentazione, convincendo le platee dei principali Festival di Europa, Asia, Americhe. L’ensemble si avvicina al venticinquennale di attività, un arco di tempo in cui alla produzione di spettacoli di danza ha unito da sempre e con sempre maggiore interesse progetti di formazione ed educazione sia del pubblico che di almeno due generazioni di danzatori. Le attivita’ di Spellbound, oltre alle creazioni di Astolfi, abbracciano una serie di produzioni e progetti in rete con altri artisti e istituzioni su scala internazionale, come il recente “La Mode”, installazione a firma di Tomoko Mukayiama e Tojo Ito che ha inaugurato il National Taichung Theater a Taiwan nell’ottobre 2016. Le attivita’ di produzione sono inoltre sostenute dal Ministero per i beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo a partire dal 2000.

 

LES THÉÂTRES DE LA VILLE DE LUXEMBOURG

L’eclettica programmazione dei Théâtres de la Ville cerca di rappresentare tutto ciò che viene suonato, cantato e danzato sul palco con la massima qualità e rispondere alle esigenze di un pubblico in continua crescita. Con un programma incentrato sulla qualità e la diversità, i Théâtres de la Ville si sono guadagnati negli anni una solida reputazione con i loro partner internazionali e hanno potuto stabilire collaborazioni con molte altre prestigiose case di produzione e programmazione e festival. I Théâtres de la Ville hanno l’obiettivo di alimentare la vitalità creativa della scena nazionale, coinvolgendo attivamente i talenti locali nelle coproduzioni internazionali.

Inoltre, sono stati compiuti notevoli sforzi per consentire ai progetti locali di girare all’estero alimentando costantemente partnership con altre sedi europee. Questa strategia di fusione tra creazioni “domestiche” e coproduzioni internazionali ha permesso al Grand Théâtre e al Théâtre des Capucins di aumentare la visibilità del Lussemburgo sia nella Grande Regione che in tutta Europa, e ha anche permesso a giovani artisti lussemburghesi di lavorare a livello internazionale promuovendoli al di là delle frontiere, grazie agli ottimi rapporti con i loro partner.

NOTE DI REGIA

DA PARTE DEL COREOGRAFO MAURO ASTOLFI

In questo nuovo progetto l’idea principale è lavorare ad una parziale rielaborazione ed una integrazione dell’universo Vivaldiano attraverso sonorità contemporanee . Così come Vivaldi era assolutamente consapevole di andare ben oltre i limiti del proprio tempo in un mondo di razionalità, non si preoccupava assolutamente di muoversi contro corrente e fu proprio qui la sua genialità. Da qui l’idea di rielaborare la sua architettura musicale cercando di restituire all’opera musicale le caratteristiche dell’unicità di Vivaldi. L’aspetto che mi interessa e mi diverte portare in scena e’ tutta la quantità di enormi pettegolezzi che c’erano all’epoca sul suo conto. Si raccontava: di un Vivaldi prete che lascia improvvisamente l’altare sul quale officiava e corre in sacrestia per scrivere il suo tema , quello che aveva in mente in quel preciso momento…per poi tornare a finire la messa. Venne denunciato all’inquisizione che però fortunatamente lo giudica come un musicista cioe’ comunque un pazzo e si limita a proibirgli di celebrare Messa. Ho trovato in questo aneddoto una insuperabile fonte di ispirazione per dare forma a una ricerca, in danza, che ponesse insieme i diversi aspetti dell’universo vivaldiano armonizzandone il lato prettamente artistico con le declinazioni umane più istrioniche e talvolta folli. Vivaldi fu il primo musicista che componeva col preciso intento di stimolare il gusto del pubblico. Non di assecondarli, ma di stimolarli.

 

MAI PIU’ SOLI – MAGGIO CORSARO PROGETTI TEATRO

mar. 12/5/2020 h 21

merc. 13/5/2020 h 21

giov, 14/5/2020 h 21

ven. 15/5/2020 h 21

sab. 16/5/2020 h 19

dom. 17/5/2020 h 17

La consuetudine frastagliata dell’averti accanto

di Marco Andreoli

diretto e interpretato da Claudia Vismara e Daniele Pilli

produzione: La Fabbrica dell’Attore teatro Vascello in collaborazione con Ipoliakov

 

La consuetudine frastagliata dell’averti accanto di Marco Andreoli, è un testo

complesso e bellissimo, che ci ha entusiasmato e rapito fin dal primo momento in

cui ci siamo riuniti con l’autore per leggerlo assieme. Difficile anche sintetizzarlo,

visti i suoi innumerevoli piani di lettura.

Potremmo dire che è un testo che parla di coppia, di quell’universo criptico che

sono le relazioni, del loro lento disgregarsi, dell’ostinazione con cui a volte ci si

accanisce per mantenere con se stessi una facciata, una parvenza di felicità… ma

sarebbe riduttivo, perché La consuetudine frastagliata dell’averti accanto è molto

di più. Dovremmo allora dire che parla del tempo, di fisica quantistica, di

possibilità, di quelle scelte che si compiono nella vita e che una volta compiute la

segnano per sempre. Di quanto un istante a volte faccia la differenza tra la vita e

la morte. Un uomo sulla quarantina, Elia, studente di fisica applicata, solo davanti al

pubblico, racconta di quando, quella stessa mattina, ha infilato un tagliacarte a

forma di scimitarra birmana giù per la gola del professor De Marchi, il suo

mentore, colpevole quest’ultimo di aver rifiutato la sua relazione sulla

scomposizione del tempo “in unità sempre più minime, ma pur sempre osservabili

e-in fin dei conti-controllabili”. Si apre una porta. Segue una nota fastidiosa e un

lunghissimo silenzio. Ed ecco che il racconto ricomincia da capo, conducendoci

però questa volta all’interno di una casa. La casa di Elia. Dove ad attenderlo c’è

Laura, altra protagonista di questa storia, in tenuta da casalinga disperata e

decisamente anni ’80 nel look. Indossa un grembiule in fretta e furia. Quindi apre

la porta. I due si salutano: “Cielo e mare…”, “Universo…”. Sembrano le battute di

uno spot scadente. E forse lo sono. Un uomo, una donna e una cucina. Questi gli elementi della nostra storia. Il pubblico segue l’avvicendarsi del loro rapporto, attraverso una narrazione frastagliata e frammentata che pindaricamente balza avanti e indietro nel tempo,

costringendo gli spettatori a ricostruire con minuzia e attenzione quanto

accaduto durante il loro primo incontro, il 9 luglio 1982 in un bar, “anzi no: in un

circolo universitario in cui la somministrazione degli alcolici non è affatto

interdetta”. Una sciarpa rossa segna inesorabilmente il destino di uno dei due

personaggi e diventa lo spartiacque tra ciò che avrebbe potuto essere e ciò che

non sarà mai. Una possibilità mancata. La dilatazione di un istante. E una vita

assieme. Queste tre cose, assieme, sono La consuetudine frastagliata dell’averti

accanto. Lo spettacolo è stato presentato in anteprima il 23 e il 24 novembre 2018 a

Roma a Carrozzerie n.o.t.

 

merc.20/5/2020 h 21 PROGETTI TEATRO

giov. 21/5/2020 h  21

ven. 22/5/2020 h 21

L’uomo più crudele del mondo

drammaturgia e regia di Davide Sacco

con Mauro Lamanna e Gianmarco Saurino

Una produzione La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello

e T.T.R. il Teatro di Tato Russo

in collaborazione con Teatro Bellini, Tradizione Teatro e Divina Mania

 

“UNA SCRITTURA DA THRILLER” LA STAMPA

“UN MECCANISMO PERFETTO” EMILIANO BRONZINO

“UN AVVINCENTE E SNELLO MECCANISMO A OROLOGERIA” L’AVVENIRE

 

SINOSSI:

Una stanza spoglia, in un capannone abbandonato. I rumori della fabbrica fuori e il silenzio totale all’interno. Paul Veres è seduto alla sua scrivania, è l’uomo più crudele del mondo, o almeno questa è la considerazione che la gente ha di lui. Proprietario della più importante azienda di armi d’Europa, ha fama di uomo schivo e riservato.Davanti a lui un giovane giornalista di una testata locale è stato scelto per intervistarlo, ma la chiacchierata prende subito una strana piega.“Lei crede ancora che si possa andare avanti dopo questa notte… lei crede che questa vita domani mattina sarà la stessa che viveva prima?” dirà Veres al giornalista.In un susseguirsi di serrati dialoghi  emergeranno le personalità dei due personaggi e il loro passato, fino a un finale che ribalterà ogni  prospettiva.

 

NOTE DI REGIA:

Fino a dove può spingersi la crudeltà dell’uomo? Qual è il limite che separa una brava persona da un bestia? A cosa possiamo arrivare se lasciamo prevalere l’istinto sulla ragione? Queste domande mi hanno guidato durante la stesura del testo e, successivamente, nella direzione degli attori. Volevamo che il pubblico fosse costantemente destabilizzato e non avesse certezze, che si calasse insieme ai personaggi in un viaggio in cui il rapporto tra vittima e carnefice è di volta in volta messo in discussione e ribaltato.

La “feccia” di cui parlano i protagonisti non è visibile nella scena, fatta essenzialmente di luci fredde e asettiche, ma deve emergere gradualmente fino al finale, in cui speriamo che il titolo dello spettacolo possa diventare nella testa degli spettatori non più un’affermazione ma una domanda per riflettere sulla natura del genere umano.

 

Davide Sacco

Regista e autore. Diplomato all’ICRA Project di Michele Monetta si forma come aiuto regista di importanti registi tra cui Massimo Popolizio, Geppy Gleijeses e Tato Russo. Dirige spettacoli di cui è autore con date in vari teatri d’Italia, tra cui il Lirico di Ferrara, il Teatro Sannazaro di Napoli, i Teatri Parioli e Vittoria di Roma. Dirige da tre anni il Lunga Vita Festival a Roma e il Mercato dell’Arte e della Civiltà all’interno del Napoli Teatro Festival.

 

Mauro Lamanna

Attore, regista e autore. Diplomato al Centro sperimentale di Cinematografia di Roma e specializzatosi all’estero tra Shanghai e New York, inizia a lavorare in teatro come attore e regista. Ha recitato in serie televisive nazionali e internazionali.

 

 

 

Gianmarco Saurino

Attore formatosi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Collabora con diversi esponenti della scena teatrale italiana come Collovà, Cavosi, Giannini, Sabelli, Grossi e Di Maio, prima di approdare al grande pubblico televisivo grazie a ruoli da protagonista in diverse fiction Rai: Non dirlo al mio capo 2, Che Dio ci aiuti 4, C’era una volta Studio Uno.

 

Abbonamento libero “Ponentino” € 60,00 a 5 spettacoli a scelta tra le proposte di teatro, musica e danza, l’abbonamento non è valido per le proposte inserite negli abbonamenti EOLO e ZEFIRO, quindi non estendibile alla programmazione di teatro in abbonamento fisso.

 

PROGETTI MUSICA

26 – 27 – 28 – 29 maggio 2020 h 21

Soul

More than Gospel e un ensemble di musicisti diretti dal maestro Vincenzo De Filippo

 

Il concerto si apre con il canto di una donna non identificata di Pisticci (Mt) tratto dalla

collezione Lomax/Carpitella mentre all’apertura del sipario un coro di 60 elementi, un

quintetto di ottoni, un quartetto di sax, piano, sintetizzatori, chitarra, basso e batteria attaccano A change is gonna come di Sam Cooke.

Il prologo rappresenta l’essenza di tutto il concerto, il cui concetto base è l’esplorazione

di quel misterioso elemento orfico presente nel blues, nel jazz e in generale nella black

music che non è solo tecnico ma soprattutto istintivo, “spirituale” quindi inspiegabile.

More than Gospel ed il maestro De Filippo applicano il metodo già sperimentato in Landscapes e Rock Symphony di attraversare i generi musicali: sinfonico, etnico, rock seguendo un chiaro filo conduttore che in questo concerto è la cosiddetta musica dell’anima: il “soul”.

 

Biglietteria:

Prosa intero € 25, ridotto over 65 € 18, ridotto under 26 € 15

Abbonamenti

ZEFIRO abbonamento fisso a 9 spettacoli (posto e turno fisso)

turno a scelta tra martedì, mercoledì, giovedì: 162,00 euro

turno a scelta tra venerdì, sabato, domenica: 180,00 euro

EOLO abbonamento a combinazione a 5 spettacoli (posto e turno fisso)

turno a scelta tra martedì, mercoledì, giovedì: 90 euro

È possibile effettuare il cambio turno con un costo supplementare di € 5,00;

esclusivamente per i nostri vecchi abbonati il cambio turno sarà possibile senza costi aggiuntivi.

 

Progetti Teatro intero € 25, ridotto over 65 € 18, ridotto under 26 € 15

Progetti Musica, Danza e Circo intero € 20, ridotto over 65 € 15 ridotto under 26 € 12

Flautissimo intero € 20, ridotto over 65 € 15, ridotto under 26 € 12

* per il concerto degli Avion Travel: Intero € 25 ridotto over 65 € 18 ridotto under 26 € 15

Maggio corsaro posto unico € 15

Vittorio Viviani quel copione di posto unico € 12,00 compreso di aperitivo

Ponentino card € 60,00 a 5 spettacoli a scelta tra le proposte di teatro, musica e danza, l’abbonamento non è valido per le proposte inserite negli abbonamenti EOLO e ZEFIRO.

 

Orari botteghino

Da lunedì a venerdì h 10.00 / 21.00

Sabato h 11.00 / 20.00

Domenica h 14.00 / 18.00

 

Orari spettacoli

dal lunedì al venerdì h 21.00

sabato h 19.00

domenica h 17.00

 

TEATRO VASCELLO STRUTTURA DOTATA DI ARIA CONDIZIONATA

Via Giacinto Carini, 78 – 00152 Roma

Tel. 06.5881021/06.5898031

www.teatrovascello.it promozione@teatrovascello.it

 

Il Teatro Vascello si trova nello splendido quartiere di Monteverde vicino al Gianicolo sopra a Trastevere a Roma, con i suoi 350 posti, la platea a gradinata e il palcoscenico alla greca permette un’ottima visibilità da ogni postazione.

 

 

 

 

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