Tartaruga marina. Torna a nuotare, dopo le cure e la riabilitazione
Torna a nuotare, dopo le cure e la riabilitazione
La settimana scorsa è stato rimesso in libertà un grande esemplare di tartaruga marina
È una grigia mattina d’autunno, al largo della costa di Ischia, Valeriana scivola in acqua con un sonoro “splash!”. In mare, anche loro tuffatisi dalla barca da ricerca dell’Istituto Anthon Dohrn di Napoli, l’aspettano due subacquei che riprenderanno il suo tuffo e le sue prime pinneggiate. “Indossa” una leggera quanto complessa attrezzatura oceanografica che trasmetterà a un satellite non solo la sua posizione, ma anche le caratteristiche delle acque che solcherà nei prossimi mesi. Valeriana non vedeva l’ora di tuffarsi, anche se l’acqua autunnale comincia a diventare freddina.
Un mese passato nel reparto di riabilitazione dell’Istituto napoletano e le operazioni diagnostiche per verificare il suo stato di salute le danno un aspetto un po’ annoiato e per tutta la navigazione tra Mergellina e Capo Miseno non ha smesso di sbuffare. Adesso ha voglia di sgranchire le pinne e, magari, mangiucchiare qualche medusa. Perché Valeriana è una tartaruga marina della specie Caretta caretta, recuperata in mare al largo di Ventotene circa un mese fa, perché non riusciva ad immergersi e quindi a mangiare. Trasportata via mare a Napoli, grazie alla Nave Scuola della Guardia di Finanza di Gaeta, è stata affidata alle cure del team di specialisti che da anni si occupa di curare e studiare questi affascinanti rettili marini, seguendoli poi nei loro lunghi viaggi successivi al rilascio in mare: uno degli individui ha attraversato in lungo e in largo il Mediterraneo, arrivando fin quasi in Turchia.
Ogni anno, sono decine le tartarughe marine che vengono ricoverate a Napoli: grandi e piccole, con problemi di facile soluzione o patologie gravissime, avvelenate dall’ingestione di pezzi di plastica o con il carapace tranciato dalle eliche dei motoscafi. Qui arrivano anche le tartarughe che, come Valeriana, provengono dai mari laziali e che, a causa delle condizioni di salute particolarmente serie non è possibile reimmettere subito in libertà. Lo scorso mese di giugno altre tre di esse sono state liberate presso l’Area Marina Protetta delle Secche di Tor Paterno, al largo della costa romana.
“Questi sono successi che ci inorgogliscono – sottolinea Vito Consoli, direttore della Direzione Ambiente della Regione Lazio – e motivano il nostro lavoro. Tutelare e studiare questi animali è fondamentale per comprendere meglio quali siano le azioni necessarie per la conservazione della biodiversità del mare.”
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