Taranto, Italia
L’affare Ilva è un affare nazionale. Non tanto come interesse, ma come paradigma. È l’esempio di come tutto va, tra tempi biblici, ricatti, salvataggi in corner e supplenza della magistratura. Quest’ultima espressione è impropria e fa un po’ ridere se non ci fosse da piangere come al solito.
La magistratura infatti è istituzionalmente preposta alla supplenza: interviene quando altri non adempiono i propri doveri o violano norme di legge. Nessuno si meraviglia se il muratore costruisce case o il medico cura ammalati, solo quando un giudice mette riparo (o cerca di farlo) ad un illecito molti protestano. La realtà è che il rispetto della legge dà fastidio a quei molti che, direttamente o indirettamente, alcuni pure incolpevolmente, beneficiano della violazione di legge. Mozioni, raccomandazioni, studi, convegni, promesse, programmi, tempi lunghi, tempi brevi; ma l’imperativo, come in tanti altri campi (il grande Marchionne docet), è inequivocabilmente «o mangi questa minestra o salti dalla finestra», che si risolve senza metafore in “o il lavoro o la vita”; nel senso che accetti di lavorare col rischio-prospettiva di perdere la vita o comunque la perdi per assenza di lavoro. La nuova filosofia del libero arbitrio, senza aggettivo. Poi ci sono i salvataggi in calcio d’angolo. Siamo i massimi esperti mondiali. A temporeggiare ha cominciato Quinto Fabio Massimo (curiosità dei ricorsi storici e delle allegorie, ha liberato Taranto da Annibale nel 209 a. C.), volete che tradiamo gli insegnamenti degli avi? Così si prende tempo. Corrono i ministri, dialogano e promettono, loro prima non c’erano – altra specialità nostrana, arrivare sempre dopo, se ‘alla insaputa’ è ancora meglio – e perciò bisogna vedere le priorità e i tempi, e coordinare, coordinare, rapportarsi, rapportarsi, sospendere, sospendere, in attesa, in attesa. In attesa che dal calcio d’angolo arrivi il gol e si perda la partita. Dicevamo il paradigma. Taranto rappresenta tutto e tutti. Inquinamento – da rifiuti, elettromagnetico, da rumori … – disastri ambientali – da urbanistica e naturali da carenza di cure – corruzione, che tutto lega e fa lievitare. Tutta una rincorsa a mettere toppe. Ma devono essere flessibili, lasciare in qualche modo aperto il buco. Perché non si può pregiudicare chi lavora, chi già abita dentro, chi ha faticato tanto per … Benissimo. Allora, prima di metterci in viaggio (costruire una casa, avviare una industria, smaltire rifiuti …) controlliamo che la macchina funzioni: gomme a pressione, motore che non inquina, benzina sufficiente e, se proprio occorre, freni efficientissimi e senza pietà. Ma forse il fatto è che a noi piacciono proprio le partite. E che c’è di meglio di Diritto al Lavoro contro Diritto alla Salute?
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