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Takashi Murakami

Ottobre 10
22:00 2010

Un saggio su Takaschi Murakami assai emblematico nel sottotitolo: la rivincita di un nerd, ovvero un otaku, parte di una sottocultura “animata” da continui fermenti e che, nel suo fondersi col pop, assume la denominazione poku per contrazione. In un panorama artistico contemporaneo che prende sempre più forma ed espressione attraverso materiali inusuali o comunissimi, multimedialità e contaminazioni teatrali, l’autrice intravede un modello di sintesi tra Oriente ed Occidente nella reciprocità di una contaminazione che vede l’artista giapponese protagonista della risultanza di una serie di fenomeni: dal dopoguerra alla pop art e i manga tentando ancora di coniugare a tutto questo la tradizione. L’atomica è il retaggio “del complesso rapporto di amore e odio tra America e Giappone”, mentre gli anni Settanta segnano non solo l’adolescenza dell’artista ma anche l’ascesa commerciale dell’animazione made in Japan. Ben delineato è l’excursus storico sui manga, quel che ne emerge è la costante generazionale di riaffermare necessità di comunicazione nello stravolgimento di riferimenti caratterizzati perlopiù da un’equivoca sessualità, individualismo e infantilismo. Tra i tanti fenomeni, sottogeneri e tendenze analizzate, risalta quella del rorikon per esprimere un “complesso da Lolita” dei maschietti. L’aspetto critico di Murakami a questo mondo nasce, in primo luogo, dall’apparente esteriorizzazione di colori e mondi fantastici, poiché in grado di demitizzare e riproporre cliché attuali. Andy Warhol, non a caso, figura come una sorta di mentore dell’artista giapponese. La commercializzazione dell’arte e la sua serializzazione con varianti in dettagli rappresenta per entrambi un rendere l’oggetto industriale unico nel suo essere alla portata di tutti. Il punto che tuttavia lega maggiormente il percorso di ambedue è la creazione di una factory, ma mentre per l’artista americano assume toni verticistici dove tutto ruota sulla propria persona, nel caso dell’altro subentrano formule collaborative motivate da meritocrazia nei confronti dei talenti più meritevoli, fintanto di arrivarne a sponsorizzare la stessa carriera. L’opera d’arte, attraverso i processi di mercato, ridesta interesse ritagliandosi spazi e collocazioni oltre stretti vincoli critico-ideologici, lo fa integrandosi come una sorta di cavallo di Troia, in quanto esplicita contraddizioni e degenerazioni di quanto ci circonda. D’altra parte, l’opportunità di generare ricchezza dal prodotto artistico sono, per un outsider, indispensabile strumento di percezione d’integrazione. Murakami analizza il mercato, i fattori scatenanti il desiderio, le necessità di novità, quali vuoti culturali determinino i tempi e le nevrosi connesse, l’arte perde quindi “il suo carattere più puro” per divenire “un prodotto consumistico”, assumendo contorni d’intrattenimento e spettacolo. Compila perfino una “guida per il successo” nel 2005, constatando l’ineluttabile dipendenza della creatività al capitale accumulato. Non mancano, tuttavia, aspetti più strettamente spirituali, nessi con la tradizione buddista e scintoista tanto nei sui lavori quanto nelle performance realizzate per presentarli. Con la moda, tramite Marc Jacobs, s’innesta addirittura un processo senza precedenti, che vede una produzione artistica di settore attraverso realizzazioni limitate, fintanto da insinuare una “orientalizzazione dell’Occidente”. Altre ascendenze dell’artista nipponico vengono ricollegate al Post Human e la menegerialità artistica del ex agente di borsa Jeff Koons, in tendenze che evidenziano tecnologia e manipolazione nella perdita d’identità manifestando un’irreversibe scomparsa dei valori. Con Hirst viene correlata “la sfrontatezza per neutralizzare” quanto rappresenta un’ “accademica presentazione dell’arte”, ma anche una critica alla subordinazione culturale dall’America che si compie con una desacralizzazione della cultura occidentale in Murakami. In Neon Genesis Evangelion si arriva persino a sostituire il Cristo sulla croce con Lilith posta a sigillo dei tempi. Inoltre, attraverso la retrospettiva da Rauschenberg a Murakami 1964-2003, viene posto in rilievo lo “spostamento di asse e di sfere di influenze”. Stati Uniti e Giappone vengono a sostituirsi, nell’ordine, alla vecchia Europa. Dal Mc al Sushi si consolida il passaggio di un’egemonia di orientamenti, che d’altronde sono da sempre espressione dei tempi.

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