Una storia d’amore, un algoritmo che dura tutta la vita, basato sull’irrazionalità di due caratteri diversi, opposti, che come tali però, finiscono per attrarsi in ogni occasione dell’esistenza. Potrebbe essere sinteticamente questa, la trama della delicata storia d’amore presentata il 22 novembre al Teatro civico di Rocca di Papa e magistralmente interpretata da Edy Angelillo e Michele La Ginestra: Radice di due.
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Marcello Gatta, classe 1920, morto a novembre scorso, va ricordato. Non solo per l’alta qualificazione personale, non solo per egli firmato nel 1997 il vocabolario del dialetto rocchiciano, fatica non banale, “tributo d’onore al Paese dove sono nato, testimonianza della nostra cultura”. Viene, l’opportunità di ricordarlo, dalla considerazione che da lui, e da altri come lui attrezzati, sarebbe potuto venire a Rocca di Papa un livello di pubblica amministrazione pregiato, mai realizzato nel periodo repubblicano.
Quando ero piccola, mia nonna possedeva un minuscolo quadretto: era un’immagine plastificata e incorniciata che rappresentava il panorama di Rocca di Papa sullo sfondo di Monte Cavo. La foto era ritoccata: probabilmente il fotografo aveva voluto rendere più accesi i colori e il paesaggio. Mi piaceva molto quel piccolo riquadro: mi regalava allegria, un flash dei tempi andati, quando sulla vetta arrotondata del monte non spiccavano ripetitori e tralicci invasivi e invadenti. Quando lo osservavo appeso sul muro dello stretto corridoio colpito dal riflesso di una calda luce pomeridiana la mente tornava indietro nel tempo.
De lle quattro fronnacceChe ngora pe pocu ngima ai ramiFau compagnia ai cellettiA quaduna remane llu verdeDai riazzi coloratu coi gessetti,are teu ngiallu slavatu,are nu rosciu ngrumatu.Ntantu ‘a sera calaTegne
La regola da cui deriva l’aggettivo ROCCHIGIANO non la troverai. Non c’è. Così come non esiste la regola che santifichi ROCCHEGGIANO. L’appellarsi delle popolazioni è un porto franco che non riconosce regole, elimina previsioni, si smarca da ogni schema. Vediamo. Chi la regola ipotizza, elenca quattro suffissi: -ese, -ense, -ano, -igiano, che già risultano abbondanti per stabilire un punto fermo.
Si è conclusa il 7 ottobre 2009 la Conferenza di Servizi, iniziata ad agosto 2009, alla quale, oltre al Parco dei Castelli Romani e il comune di Rocca di Papa, hanno partecipato il Ministero dello Sviluppo Economico, l’Ispettorato Territoriale del Lazio, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, la Regione Lazio, l’ARPA Lazio, la Soprintendenza Beni architettonici e paesaggistici della Provincia di Roma, Rieti e Viterbo, e le società televisive RTI Spa e RaiWay Spa.
Un’esilarante commedia ha inaugurato la nuova stagione nel Teatro civico di Rocca di Papa: il 4 ottobre, la Turandot di Carlo Gozzi, ha offerto agli spettatori un piacevole intrattenimento, carico di umorismo contagioso. Due gli atti, ambientati nella corte della crudele regina che sottopone i suoi pretendenti a una prova fatale: trovare la soluzione ai suoi indovinelli o la morte.
Dea natura tuttu è belluTuttu sfila,tuttu spiomma,tuttu se combina Come trento ‘a na mente fina,‘a cima è deu monteU fiume è dea valleI penzieri so dell’uommini,ma l’uommini de chi so?Se
Una volta si usavano le serenate per manifestare i propri sentimenti all’amata, viste le scarse occasioni d’incontro, durante le quali poter dare sfogo alle passioni e alla voglia di dire
L’analisi è conclusa, il risultato è questo: siamo una società che non ha più un centro di forze etiche capaci di unire i cittadini come una forza di gravità invisibile, fatta di rispetto delle regole, di eguaglianza di cittadinanza, di riconoscimento della capacità. In pratica, quella sorta di colla morale capace di tenere insieme una comunità di individui liberi e autonomi si è essiccata, sfrenando l’individualismo più accentuato. La dimensione privata (intesa per giunta come la sfera dove “tutto è lecito”) ha preso il posto più alto nella classifica dei valori, rilasciando autorizzazione ad acquistare potere e privilegi, non importa con quali mezzi.
Contro il ballo, niente da dire. Se il ginocchio regge, a ballare voglio imparare. Il ballo mantiene, diverte, aggrega. Compatta. Si separano poco poco le coppie ballerine, secondo statistica. Tutti lo sappiamo, non serve propaganda. Così, Pompa piena, per la “fiesta” nostrale. Tante esibizioni, tanta movida, tanto gradimento. Tanti ringraziamenti. A chi anche quest’anno l’ambaradam ha ammannito. Però.
Un tuffo nel passato: immaginare di essere trasportati su un vagone tra i boschi, sentire il profumo della natura, chiudere gli occhi ed incontrare con la fantasia quelle donnine del secolo scorso che in foto (tratta dal libro “Rocca di Papa in cartolina” di Massimo Saba) salutano dal “famoso” ponticello di Via delle Barozze (tristemente soprannominato “della discordia” per una poco cavalleresca gara di precedenza tra le vetture in transito). Mentre, nel vetusto edificio della STFER nel Piazzale della Funicolare, continuano a scorrere le immagini di una Rocca che fu, la mente vaga, ma torna al presente e ripensa alla passeggiata tra i vicoli appena conclusa con un gruppo di “forestieri” e non.
Tu te catameni e te ‘mbardanziscipecché ‘ncapisci, te credi de sta trento a ‘nmazzu de rosepecché ‘nza come stau ‘e
‘N Rocchicianu d’ari tempi‘ffezzionatu etera ‘ssai a ‘n gallettu e stea ‘ttentia ‘n lasciallu solu mmai.S’o portea pur’au liettucome ‘n
Tenemo passa settant’anniE coi sordi alemo sempre penatu,au soggiornu coll’Anzianimagara gnunu pe’ contu siuqua vota ha penzatuma mai tra noa
I capelli luonghiJe cappanu l’uocchiEdè ciucu,ciucu co do cianghette e i pedalini bassatiN’dovina chi edè?Tiburzio! Che quando cure pare n’lampuChe
Reggirennome au Pratu Manginu aio repenzatu a Leopardi Giacominu e a llu capolavoru finu che pressappuocu sona sosì.
![Rocca di Papa](http://www.controluce.it/notizie/wp-content/uploads/2008/04/saldari-rocca-papa-200x157_c.jpg)
Negli scritti raccolti ne I miei ricordi, Massimo d’Azeglio parla della vista che può godere dal balcone della sua camera