Letterato finissimo, critico letterario dalle intuizioni fulminanti, editore, poeta e scultore della parola, Marco Onofrio, classe 1971, è uno dei talenti artistici più limpidi e originali dei Castelli Romani, dove – benché originario di Roma – vive e opera da oltre vent’anni (attualmente risiede a Marino). L’occasione per parlarne è duplice: il recente conseguimento della medaglia del Senato (I classificato al Premio CAPIT “Terzo millennio”) per la sua monumentale opera su Dino Campana, e la pubblicazione del suo sedicesimo libro, il volume di poemetti “Disfunzioni”, in uscita proprio questi giorni per i tipi di Edizioni della Sera. Onofrio è, come si suol dire, un autore “a tutto tondo”: scrive poesia, narrativa, teatro, saggistica, critica letteraria. Tra le sue opere ricordiamo la tragicommedia grottesca “La dominante”, il poemetto di civile indignazione “Emporium” (rappresentato con successo in alcuni teatri romani e precorritore del movimento mondiale degli indignados), i saggi critici “Ungaretti e Roma” e “Nello specchio del racconto” (la prima monografia sull’opera narrativa di Antonio Debenedetti, maestro del racconto breve). “Disfunzioni”, l’ultimo nato, è il suo ottavo libro di poesia, dopo le sillogi “Squarci d’eliso”, “Autologia”, “D’istruzioni”, “Antebe”, “È giorno”, il poemetto civile “Emporium” e i poemetti filosofici “La presenza di Giano”.