Quando ero bambina, nelle stellate notti estive, capitava di non andare a letto presto; era concesso restare in piedi a giocare a nascondino con i cugini, tra gli alberi di castagno, nel grande prato che circondava la mia casa, vicino al pollaio o all’orto. Tra i filari, profumo di “pomodorella” che raccoglievamo a fiuto quando il nonno ce la chiedeva dopo cena, per strofinarla sul pane bagnato all’acqua: piccoli peccati di gola che prolungavano il suo piacere e saziavano quell’appetito un po’ capriccioso. Molto spesso capitava che noi nipoti più grandi gli facessimo compagnia quando accompagnava in macchina, a Velletri, Rina e Flavia, due cuoche che lavoravano in una trattoria di famiglia: erano due donne molto diverse tra loro, ma complementari.