Vincere una battaglia non è vincere una guerra. Non ci si può permettere il lusso di distogliere l’attenzione da una vittoria che, seppur lontana e difficile, va ricercata, va conquistata. Il 15 dicembre 2010 si esultava ad Albano Laziale, si gioiva in piazza di notte tra gli alberi illuminati ad avvisare che da lì a pochi giorni sarebbe arrivato il Natale, e quale più bel regalo ci si poteva aspettare se non venire a sapere che il Tar del Lazio sentenziava la morte del progetto che voleva portare la morte ai Castelli Romani: l’inceneritore! La vittoria ottenuta dal Coordinamento NOINC, da liberi cittadini contro il ‘cancrovalorizzatore’ che la lobby dei rifiuti laziale, capitanata dall’avvocato Cerroni e coadiuvato dalla politica nostrana, voleva realizzare dentro la discarica di Roncigliano.
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Usare il termine ‘rifiuto’, come facciamo noi quotidianamente, è l’uso più inappropriato che si possa fare della lingua italiana. L’uomo è in grado di dare alla materia nuove forme e, nel loro riutilizzo, è ulteriormente nascosto il senso dell’opera umana. Incenerire o conferire in discarica sono i metodi più ignobili che esistano per chiudere il ciclo di queste risorse, erroneamente definite rifiuti. La recente sentenza del TAR emessa nei confronti dell’inceneritore di Albano, oltre ad aver messo in luce le gravi nefandezze giuridiche di tutto l’atto amministrativo per l’impianto d’incenerimento di Roncigliano, ha precisato come sia compito delle Amministrazioni locali mettere in atto pratiche di riciclo del tutto differenti da quelle impiegate fino ad ora.