Sulle strade di Roma: la via Aurelia
Narrando le vicende della via Aurelia potremmo iniziare, come più o meno tutti hanno fatto, disquisendo sterilmente sull’origine del suo nome, legato forse al Gaio Aurelio Cotta censore nel 241 a.C. o ad uno dei tre omonimi consoli del 200 a.C., del 144 a.C. e del 119 a.C. o chissà a chi altri, rafforzando così la certezza di quanta incertezza regni sulla conoscenza del nostro passato. Potremmo pure avventurarci nella ricerca del perché del suo doppio tracciato: il più antico Aurelia vetus con origine dalle mura Aureliane del Gianicolo attraverso la Porta Aurelia (oggi Porta S. Pancrazio); l’altro, Aurelia nova, con inizio a Porta Cornelia (poi Porta S. Pietro prima di essere distrutta), presso Ponte Elio (attuale Ponte S. Angelo). Ma a noi piacerebbe andare oltre e per far ciò seguiremo tutta un’altra strada senza mai, però, perdere di vista la nostra via. Come già detto in altra occasione, l’intento è quello di ricercare ove conducessero “tutte le strade” quando Roma ancora non era. Nel caso del tracciato che molto più tardi sarà la via Aurelia ci par di capire che questo, costeggiando dal nord il Mar Tirreno, volgesse a scavalcare il Granicolo, si tuffasse nel Tevere presso l’isola Tiberina per riemergerne dalla sponda opposta, presso l’area dal Foro Boario, a incontrare le vie Latina e Salaria brulicanti delle loro genti. Sull’importanza strategica del Gianicolo quale presidio del guado dell’isola Tiberina, senza scomodare Garibaldi e la Repubblica Romana, basti ricordare come la Mura Aureliane oltrepassassero il Tevere unicamente a cingere l’area transtiberina, con vertice appunto sul Gianicolo a presidio dell’isola e dei limitrofi punti vitali della Città Eterna. Ma allora chi per primo si calò lungo il percorso che in tempi storici conosceremo come via Aurelia? Stando al mito di Ercole, versione latina del greco Eracle, eroe originario dell’Arcadia, tra le dodici fatiche che l’eroe dovette affrontare è annoverata quella inerente i buoi di Gerione, che sembra ci dia qualche indicazione riguardo il nostro quesito. Gerione, gigante dalle tre teste, abita l’isola d’Erizia, sperduta nelle brume dell’Occidente, al di là dell’immenso oceano. Erizia, il paese rosso, immerso nel sole calante; è qui che Gerione possiede immense mandrie di buoi custodite dal suo pastore Eurizione e dal mostruoso cane Ortro. Per raggiungere questa terra remota Ercole si avvale della coppa che il sole (Elio) utilizza ogni sera per tornare alla sua dimora in Oriente. Giunto ad Erezia, Ercole uccide i custodi della mandria e lo stesso Gerione e, impadronitosi dei buoi, riparte alla volta dell’Occidente. Mentre all’andata Ercole percorre il nord Africa per raggiungere le colonne a cui darà il suo nome, al ritorno l’eroe si avventura lungo il tragitto che vede l’Europa affacciarsi nel Mediterraneo occidentale, dapprima lungo la costa Iberica, quindi, ricalcando le orme della futura via Aurelia, lungo quelle della Gallia e della Liguria ove dovrà affrontare tribù bellicose, per poi proseguire attraverso la Tirrenia (Etruria) fino al guado del Tevere. Sorvolando sulle vicissitudini che lo vedranno protagonista nel sito della futura Roma, va sottolineato che presso il Foro Boario (mercato dei buoi) verrà istituito il suo culto presso l’Ara Massima di Ercole. Ma cosa cela questo mito se non una realtà che ad uno sguardo appena critico comparirebbe palese, di quali buoi staremmo parlando se non di quelli maremmani e chi altri potrebbe aver percorso la via costiera tirrenica, se non gli abitanti stessi di quei luoghi, gli etruschi appunto? La via Aurelia, prima di essere tale, era una via etrusca, collegamento vitale tra le metropoli costiere tirreniche che non a caso diviene via Aurelia proprio nel tempo in cui queste vennero sottomesse a Roma: Tarquinia nel (281 a.C.), Vulci nel (280 a.C.), Cerveteri nel (273 a.C.). E di li a poco lo scontro tra Roma e Cartagine dilaterà gli orizzonti romani di là del Tirreno, coinvolgendo pure diffusamente la penisola iberica e dando lo spunto alla realizzazione di un tracciato alternativo a quello marino che permettesse alle legioni romane di raggiungere rapidamente la Spagna, percorrendo il tragitto inverso a quello del mitico Ercole. La via, un tempo pertinente all’Etruria, verrà deviata lungo la costiera ligure e attraverso la Gallia Narborenze ( odierne Costa Azzurra e Provenza) raggiungerà la greca Massalia (Marsiglia) e i suoi territori che costituiranno la prima provincia romana, la Provenza appunto, terminando la sua avventura sul Rodano presidiato dalla piazzaforte di Arelatum (Arles). E non furono solo le legioni di Roma a percorrere quella via, con esse viaggiarono la civiltà e la cultura romane che quantunque “umiliate e offese” dall’imbarbarimento dilagante nel nostro paese rimangono riferimenti fondamentali e luminosi per il resto del mondo. I monumenti romani di Arles sono tenuti quali gioielli preziosi, in particolare l’anfiteatro (Les Arènes) e il teatro (Thèatre Antique), incredibilmente vivi e perfettamente funzionali ad accogliere eventi culturali e spettacoli tra i quali spicca la Corrida Camarguese, esibizione incruenta nella quale il torero deve semplicemente sciogliere dei nastri legati sulle corna dell’animale. Ad agosto Arles ha ospitato la quarta edizione delle “Jurnèes romaines d’Arles”, festival rivolto alla scoperta del mondo romano imperniato sulla proiezione di film e documentari nel teatro, svolgimento di spettacoli a tema nell’arena, sfilate in costume e conferenze. E se passate per Arles non dimenticate di fare un salto al Cafè Van Gog, detto anche Cafè de la Nuit, che il grande pittore immortalò nel quadro Terrazza del caffè la sera (1888).
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