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SULLE OROGINI DELLA DIOCESI TUSCOLANA (5)

Maggio 22
07:42 2020

Con i secoli VIII e IX nel tuscolano si rileva la presenza di alcune chiese o comunque luoghi di culto monastico come quello sul monte Algido (‘S. Michele Arcangelo’), ma soprattutto, e forse già dall’VIII secolo, vi sono quelle chiese – di cui si ha una importante informazione – ubicate in quella parte del territorio tuscolano che per la prima volta viene indicata come ‘Frascata’. Si tratta della notizia ripresa dal Liber pontificalis intorno alle donazioni effettuate dal papa Leone IV (847) e poi da Benedetto III (855) alle chiese di S. Maria, San Sebastiano, San Vincenzo: “Ipse vero sepius memoratus et beatissimus papa obtulit in basilica Sancti Sebastiani martyris, qui in Frascata consistit, vestem pretiosissimae claritatis, cum cruce similiter de crisoclabo et gammadias ”(Duchesne, ‘Liber pontificalis’ II,121 I.15). Ed ancora: simul etiam fecit ecclesia beati Sebastiani martyris, quae ponitur in Frascata, canistrum exafoti de argento mundissimo, pens. Lib., II legente de nomine almifici praesulis et beati Sebastiani (ib. II,120 l.27), (riportati anche da A. Ilari, ‘Frascati tra Medioevo e Rinascimento’, 1964). Anche se citati anch’essi nel ‘Liber pontificalis’, nulla si sa della chiesa di S. Vincenzo, né dell’Oratorium beati Gregorii papae che Lugari ritiene non situate in Frascati (cf G.B. Lugari, L’origine di Frascati. La distruzione del Tuscolo, Roma 1891, pp.65-66), mentre quella di S. Maria potrebbe esser identificata nel luogo della futura santa Maria in Vivario, e quella di san Sebastiano (che viene denominata addirittura ‘basilica’) era ubicata quasi sicuramente nel luogo dove nel 1500 si costruirà quel xenodochium che diventerà l’ospedale S. Sebastiano. Le donazioni dei papi erano state elargite probabilmente per riparare i danni dovuti alle incursioni dei saraceni in Roma e dintorni. Leone IV nello stesso periodo fece donazioni anche alle chiese di Preneste e di Ostia.  Poteva la ‘basilica’ di San Sebastiano che doveva essere di un certo rango, fungere da cattedrale e quindi da sede della diocesi labicana (‘tuscolana’) in territorio di ‘Frascata’? Può essere un’ipotesi plausibile in quanto nella città di Tuscolo i templi pagani forse non erano del tutto trasformati in chiese cristiane e la famosa famiglia Conti non era ancora insediata nella ‘rocca’ che infatti riprenderà nuova vita col secolo X, poi anche con l’erezione di chiese e monasteri (con San Nilo, 1004, ‘Crypta ferrata’) su precedenti antiche ville e rovine. Inoltre, come abbiamo già notato, il Rocchi distingueva nettamente il territorio Labicano dal Tuscolano ed il primo successivamente verrà ‘inglobato’ nel secondo assumendo una unica definizione.  Contro l’ipotesi che la ‘basilica’ di San Sebastiano potesse identificarsi con la sede della cattedrale tuscolana c’è il fatto che con il termine di ‘basilica’ si designavano le chiese parrocchiali, mentre alla chiesa vescovile veniva normalmente riservato il termine ‘ecclesia’, però, come si è notato, la chiesa di S. Sebastiano viene anche chiamata ‘ecclesia’! (cf V. Bo, Storia della parrocchia, Edizioni Dehoniane, Napoli 1990,vol II, p.26I).

I vescovi ‘labicani’ iniziano a firmarsi labico-tuscolani o tuscolo-labicani, con il vescovo Benedetto, intervenuto al Concilio romano del 998 e con Giovanni II Conti, intervenuto ad un sinodo (1040 ?), e poi con Giovanni III (1063-1081). Con Giovanni III avrebbero assunto definitivamente il titolo di ‘tuscolani’, ma si hanno comunque notizie contradditorie in merito, come si nota per la consacrazione di papa Pasquale II (il monaco Raniero di Bieda, 1099), da parte di Oddo Ostiensis, Mauricius Portuensis, Gualtierus Albanensis, Milo Praenestinus, Offo Nepenesinus, Bovo Lavicanus”(cf Duchesne Liber Pontificalis, t.II, p.296).

Si è ipotizzato che i presuli risiedessero a Tuscolo fino alla sua distruzione (1191) o poco prima, quando fu demolito anche il tempio del SS. Salvatore e la sua icona trasportata a Tivoli, così come quella della Madonna che fu trasferita a Grottaferrata (Abazia). Le vicende di questi vescovi tuttavia sono rimaste per lo più in ombra, in quanto la storia si è soffermata soprattutto sui papi (ben 4!) imposti dalla famiglia dei Conti, e coinvolti, con più o meno onore, nelle varie vicende politiche ed ecclesiastiche del papato di Roma. I non molti abitanti di Tuscolo peraltro già dal 1167-1172 avevano abbandonato la città andando ad ampliare ulteriormente l’insediamento di ‘Frascata’ e dei vicini colli, mentre al vescovo, titolare di turno della diocesi – ormai da tempo ‘tuscolana’ – fu data come sede (provvisoria) la Chiesa di santa Maria in Monasterio in Roma. Il card. Baronio (smentito comunque anche dal Tomassetti) affermava che, subito dopo la distruzione di Tuscolo, la sede dei i vescovi tuscolani si trasferisse a Frascati, il che non è pertinente dal momento che la chiesa di S. Maria in Vivario divenne cattedrale – e quindi chiesa del vescovo – solo nel 1537/38 per volontà di papa Paolo III (che era stato vescovo tuscolano dal 1519 al 1523).

Forse già con Nicola De Romanis, dal 1205 – ma con più certezza dal 1219, con Nicola di Clermont – i vescovi tuscolani risiederanno a Roma, in Santa Maria in Monasterio sull’Esquilino mentre, forse già nel 1200 poteva essere in funzione la piccola chiesa di S. Maria in Vivario che fu però riedificata soprattutto nel 1400 (col card. D’Estouteville) e intorno alla quale si svolgeva la vita degli abitanti della parrocchia di Frascata, mentre il cardinale-vescovo lasciava ad un suo vicario la cura ‘pastorale’ dei fedeli.

Fu con il papa Paolo III (Alessandro Farnese) nel 1537/38 che Frascati, e quindi la diocesi tuscolana, ebbe la sua cattedrale nella chiesa di Santa Maria in Vivario e il ‘castrum Frascati’ fu innalzato al rango di città; da allora diversi papi frequentarono la Frascati ‘novella Tusculum’, con la loro corte soprattutto per la villeggiatura estiva e stilando da qui diversi atti ufficiali anche per la chiesa universale. Si può affermare senza smentite che questa è l’origine di una ‘vera’ diocesi tuscolana con una sua precisa organizzazione definita meglio dopo il Concilio di Trento (1543-1563). Ci fu pertanto una lunga sequenza di vescovi che ebbero il titolo di ‘tuscolani’ e alcuni di loro salirono al soglio pontificio. è E’ da notare però come spesso questi cardinali-vescovi ambivano solo al titolo di prestigio e alla vicinanza di Roma (come era stato nel passato senza curarsi direttamente della pastorale diocesana), mentre è noto un solo vescovo tuscolano nato a Frascati che diverrà cardinale, senza peraltro voler indossare mai la porpora in quanto non volle dismettere il saio di francescano cappuccino: Ludovico Micara che ‘governò’ con mano ferma la diocesi e fu anche ‘papabile’. Ma in genere i cardinali tuscolani difficilmente visitavano la diocesi, e molti di essi, nonostante l’obbligatoria visita pastorale annuale, lasciavano talvolta l’incombenza a qualche loro delegato coadiuvato dai principali esponenti del clero locale (cancelliere, vicario, arciprete, ecc.).

Ma come si svolgeva la vita della comunità cristiana nella diocesi tuscolana dalle sue origini ad oggi? (5. Continua)

 

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