Sulla chiusura della Solvay di Spinetta Marengo
Nella foto – Il polo chimico nel bel mezzo del paese
Se 50 anni di battaglie, decine di anni di rappresaglie licenziamento compreso, decine di udienze e processi fino alla Cassazione (tutti vinti), si materializzassero in medaglie, Lino Balza sarebbe di gran lunga il più decorato della storia dell’antagonismo verso il polo chimico di Spinetta Marengo (AL), nel secolo scorso dominato da Montedison e in questo da Solvay. Se, pur scappato lontano dal luogo del delitto, a rinnovarlo si rincorrono i semestrali controlli per tenere a bada il tumore che gli ha regalato la fabbrica, chi scrive dovrebbe essere il più vendicativo delle migliaia di Vittime. Eppure, in tonnellate di articoli (vedi il dossier “Basta PFAS!”), non ho mai chiesto la chiusura dello stabilimento, orgoglioso che quelle battaglie hanno salvato altrettante vittime e posti di lavoro. Forse ho sbagliato?
Ad ogni buon conto, oggi è Solvay che dice di essere costretta chiudere. Senza i Pfas (PFOA, C6O4, ADV), dice la multinazionale belga, le produzioni spinettesi gamma algoflon non sono più economicamente competitive. Non c’è ragione per non crederle osservando il mercato e soprattutto la bufera che si sta scatenando nel mondo contro i tossici e cancerogeni PFAS che imperversano in tutti i settori merceologici, dai biberon all’astronautica. Ovvio il parallelo con Eternit e Ilva. Dunque la chiusura è una eventualità reale e non una minaccia, come sembrano interpretarla i succubi sindacati con il ricatto all’opinione pubblica dei posti di lavoro in pericolo (per inciso: tanta preoccupazione non si è mai manifestata -salvo da chi scrive- mentre la fabbrica si stava riducendo ad un quarto). Anche se questa minaccia, agitata dai giornali compiacenti, finora ha pagato. Dagli USA ci sono le prove e le sanzioni (!) che Solvay ha nascosto i danni del Pfoa fin dal secolo scorso. In Italia, in Procura ad Alessandria giace l’esposto del 2008 a mia firma che sancisce l’uso anche di C6O4 e ADV e soprattutto la loro enorme presenza nel sangue dei lavoratori custodita nelle cartelle cliniche top secret. Addirittura nel 2002 il giornale della CGIL aveva decretato ai lavoratori i rischi del PFOA mentre in tutto il mondo lo stavano mettendo al bando.
L’esposto del 2008 era stato preceduto dagli esposti di tre lavoratori iscritti alla nostra associazione (subito licenziati) e sarà seguito -fino ad oggi- da una decina di denunce del “Movimento di lotta per la salute Maccacaro”, e perfino da video-interviste degli scarichi in Bormida, nonché da servizi delle Iene. Eppure la minaccia ricattatoria da allora per (altri) dieci anni ha pagato. Addirittura la Provincia, a trazione regionale leghista, nel 2019 ha rinnovato l’autorizzazione alla produzione di C6O4: a conferma degli occhi chiusi del precedente centrosinistra, e nascondendosi dietro il ministro dell’ambiente grillino che non ha mantenuto l’impegno “Limiti Zero PFAS”. A smuovere la palude, oltre ai Movimenti, oggi è intervenuta la magistratura con due processi: uno in ritardo a Vicenza contro la Miteni di Trissino e l’altro con incredibile ritardo contro Solvay. A Vicenza il procedimento penale è in corso, ad Alessandria si sta avviando con indagati (solo manager?) per disastro ambientale e omessa bonifica. Concentriamoci su quest’ultimo perché è ancora più complesso, non essendo limitato ai Pfas.
Infatti la Cassazione ha sentenziato un “Disastro ambientale di amplissime proporzioni” e lo ritiene causato da Solvay ed Ausimont le quali “dopo aver assunto la gestione del sito….., constatato il prosieguo della contaminazione …..avrebbero dovuto direttamente adottare i rimedi per scongiurare pericoli alle persone ed all’ambiente…….eventualmente anche interrompendo la produzione e gli sversamenti nel sito…”. Questo per il passato. Per il presente ha sentenziato a Solvay che “..una bonifica in atto non legittima la possibilità di continuare ad inquinare il sito”. Ebbene vanno precisati due punti (peraltro sfuggiti alla trasmissione Report). La bonifica in atto è finta con le sue cosiddette barriere idrauliche, è clamorosamente smentita dalle pur parziali indagini idrogeologiche ed epidemiologiche. E si tenga conto che nel processo non era stata considerata la parte della mia lunga testimonianza riguardante i Pfas… in quanto sostanze non presenti nel capo di imputazione… in quanto con rilevate nel cocktail in falda… in quanto l’Arpa si era dimenticata di cercarli. Oggi ci sono anch’essi, insieme a cromo esavalente, solventi clorurati e fluorurati, cloroformio, arsenico eccetera. Se estendiamo la drammatica situazione falde e acquedotti all’inquinamento atmosferico, si ricordi che in Procura abbiamo documentato il disastroso funzionamento delle centraline di controllo (ammesso perfino dall’Arpa).
In conclusione, quando Solvay parla di chiusura è perché sa di essere completamente inadempiente rispetto alla Cassazione sia per il passato che per il presente, quindi i suoi manager sono passibili di dolo. Di solito gli industriali ritengono compensato negli stipendi dei dirigenti il rischio penale, e dunque, per il futuro, gli strapagati avvocati proveranno di nuovo a trascinare per le lunghe il nuovo processo, in modo che l’azienda continui a produrre senza garanzie fino a che le converrà. Poi chiuderanno baracca e burattini. A meno che la magistratura ordini la fermata degli impianti come il Tar a Taranto, i belgi contano molto sulla transizione ecologica del nuovo governo, più essa durerà più faranno profitti. Per noi la transizione è quella invece che le Vittime “transizionano” all’al di là. Senza riceve giustizia (vedi “Ambiente Delitto Perfetto “ di Barbara Tartaglione e Lino Balza, prefazione di Giorgio Nebbia). Vi pare giusto che un bambino con la leucemia sia risarcito con 10mila euro?
Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro.
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