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Su quel ramo del lago di Nemi

Agosto 20
12:38 2018

Su quel ramo del lago di Nemi C’è un bar. Un bar, apparentemente, come tanti altri ce ne sono. Ma. Tra una tortina di fragole e fatine colorate, tra collanine e braccialetti, tra un espresso e un digestivo, spicca il testone di Mussolini. Si. Proprio lui. In un bar. Già. E non solo uno. Ahinoi, sono tanti i busti. In ceramica, in bronzo ed altri metalli. Per tutti i gusti e di tutte le dimensioni. A far bella mostra di sé, inoltre, vini imbottigliati con etichette che ritraggono il “duce” nel suo profilo migliore, penne, portachiavi, calendari, targhe e manganelli, “Italia agli italiani” dicono gli accendini neri, ad esempio. Tanti gadget che vorrebbero catapultarci, esaltandola, in un’epoca tra le più buie della storia. Tutti racchiusi in una vetrina splendida splendente. Tutti in un bar, cioè, da definizione un: “​locale pubblico dove si possono consumare, da seduti o in piedi al banco, bevande e cibi leggeri”. Questo è il nodo della questione. Un bar che decida di ampliare la propria offerta con oggetti no food, è tenuto semplicemente ad affiancare alla licenza di somministrazione una autorizzazione comunale alla vendita di prodotti non alimentari. E fino qui ci siamo. Nello specifico, però, ​può un esercizio pubblico, al suo interno, esporre e vendere prodotti palesemente legati all’epoca fascista e, per di più, in tal misura? Questo ci domandiamo. In risposta ci viene in aiuto la Legge n° 645 del 1952 o legge Scelba in attuazione della norma costituzionale che, all’articolo 4, così recita:

Apologia del fascismo. – Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità indicate nell’articolo 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 400.000 a lire 1.000.000 (1). Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni (4). La pena è della reclusione da due a cinque anni e della multa da 1.000.000 a 4.000.000 di lire se alcuno dei fatti previsti nei commi precedenti è commesso con il mezzo della stampa (1). La condanna comporta la privazione dei diritti previsti nell’articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del c.p., per un periodo di cinque anni (5). (1) La misura della multa è stata così elevata dall’art.113, quarto comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell’art.32, secondo comma, della legge sopracitata. (4) Comma così sostituito dall’art.4, D.L. 26 aprile 1993, n. 122. (5) Così sostituito dall’art.10, L. 22 maggio 1975, n. 152.

Per questo motivo è stata presentata una segnalazione alle autorità di pubblica sicurezza affinché vengano effettuati i dovuti controlli e si accerti la liceità o meno del caso in esame. Ci auguriamo che in un momento storico e sociale in cui imperversa lo squadrismo (illecito) da spiaggia, e la caccia all’uomo nero, gli organi preposti intervengano per porre un freno all’esibizione pubblica del periodo fascista. Insomma chi deve fare, faccia. Chi volesse andare altrove, vada. Quel bar su via dei laghi, (ops…) è sicuramente poco raccomandabile e il nostro senso civico ci impone di non girare lo sguardo altrove.

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