STORIE DI FANTASMI NELL’ANTICA ROMA
Una storia di fantasmi ha per oggetto, in generale, i fantasmi, ossia entità paranormali. Racconti fantastici ad oggetto il soprannaturale, con fini differenti come paure o morali, in generale hanno degli elementi caratteristici dell’ambiente narrato (case abbandonate, nebbia, lume di candela, ambienti notturni, tombe, scheletri, mostri, streghe, spaventapasseri, zucche, armature animate, determinati animali, drappeggio bianco o nero, etc.). Nelle Lettere, Plinio il Giovane (I-II sec. d.C.) riporta alcune storie sui fantasmi. In una lettera indirizzata a un conoscente, Sura, dal titolo “Esistono i fantasmi?” riporta la seguente storia: “C’era ad Atene una casa molto grande, su cui aleggiava però una triste fama. Nel silenzio della notte si sentiva rumore di ferraglia e, a prestare maggiore attenzione, uno strepito di catene, dapprima piuttosto lontano, poi più vicino: all’improvviso appariva uno spettro, un vecchio rifinito dalla magrezza e dallo squallore, con la barba lunga e i capelli arruffati; ai piedi aveva dei ceppi, alle mani delle catene che andava scuotendo. Perciò gli abitanti della casa, terrorizzati, trascorrevano nell’insonnia terribili notti d’angoscia; stare sempre svegli li faceva ammalare e la paura crescente li portava alla morte. Anche di giorno infatti, sebbene il fantasma non si manifestasse, quell’immagine ritornava loro in mente come se l’avessero davanti agli occhi e lo spavento era diventato più duraturo di ciò che lo generava. Ragion per cui la casa rimase vuota e abbandonata completamente in balia dello spettro; tuttavia sulla facciata c’era un cartello, casomai qualcuno, ignaro di una tale magagna, la volesse acquistare o prendere in affitto. Capitò ad Atene il filosofo Atenodoro, lesse il cartello e, saputo il prezzo della casa, che gli parve sospetto perché molto basso, si informò e venne a sapere ogni cosa: ciononostante, anzi a maggior ragione, la prese in affitto. Appena cominciò a imbrunire, volle che gli si preparasse un letto vicino all’ingresso, chiese tavolette, stilo, lume, fece ritirare tutti i suoi servitori nelle stanze più interne, mentre lui concentrò pensiero, occhi e mano nella scrittura affinché la mente, se lasciata libera, non si creasse gli spettri di cui aveva sentito parlare e inutili paure. Dapprima, come sempre, c’era il silenzio della notte; poi ecco che viene scossa della ferraglia, vengono smosse delle catene. Lui non alza gli occhi, non posa lo stilo, ma fa coraggio a se stesso e alle proprie orecchie. Allora il trambusto aumenta, si avvicina, e già lo si sente come se fosse sulla soglia di casa, già come se fosse all’interno. Atenodoro si volta e vede distintamente lo spettro di cui gli avevano parlato. Se ne stava in piedi e faceva cenno col dito come uno che chiama. Atenodoro a sua volta fa cenno con la mano di aspettare un po’ e si dà da fare con lo stilo e le tavolette cerate. Mentre scriveva lo spettro continuava a fargli risuonare le catene negli orecchi. Atenodoro si volta di nuovo e lo vede che fa il cenno di prima: senz’altro indugio prende il lume e lo segue. Il fantasma procedeva a passo lento, come appesantito dalle catene. Dopo avere svolto verso il cortile della casa, svanì improvvisamente, lasciando da solo il suo accompagnatore. Rimasto solo, Atenodoro strappò erbe e foglie e le usò per segnalare un punto. Il giorno dopo si reca dalle autorità e le invita a far scavare in quel punto. Furono trovate, avviluppate da catene, delle ossa, che il corpo, decomposto per l’azione del tempo e della terra, aveva lasciato nude e corrose dai legami. Vennero ricomposte e sepolte a spese pubbliche. Dopo un’adeguata sepoltura, la casa non fu più visitata dagli spiriti del defunto.” In una storia successiva invece, Plinio introduce la veste bianca del fantasma, dove in un passo scrive che “Due individui in tunica bianca si introdussero dalle finestre”, tagliando i capelli ai soggetti presenti. Nel primo racconto, si scorge una dicitura morale, ossia la degna sepoltura e il rispetto che si deve ai defunti; mentre nella seconda storia, il carattere è premonitore, come lo stesso Plinio dice: “segno che avevo scampato un pericolo imminente”. Cos’altro aggiungere?
Foto: cisterna di epoca romana presso Via San Silvetro, Monte Compatri.
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