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Stoicismo ed epicureismo: contatti e divergenze – 2

Stoicismo ed epicureismo: contatti e divergenze – 2
Gennaio 10
02:00 2007

Epicuro

Epicureismo e stoicismo, filosofie critico-costruttive

Innanzitutto, l’epicureismo, ed è questo un fondamentale punto di contatto con lo stoicismo, appartiene a quel tipo di filosofie che vengono denominate critico-costruttive,come per esempio il marxismo. Le filosofie critico-costruttive non si limitano ad una registrazione passiva dei fatti della realtà, ma ne forniscono una rielaborazione e interpretazione personale, onde pervenire alla formulazione di giudizi di valore. Esse incentrano l’indagine su problemi di natura etica, e in particolare sulla ricerca dei mezzi attraverso cui gli uomini possono raggiungere la tranquillità e la serenità dello spirito. Stoicismo ed epicureismo si propongono di costruire una filosofia che si pone come obiettivo principale quello di assicurare all’uomo la felicità, indicandone le vie più idonee a raggiungerla. L’etica epicurea, ugualmente alla stoica, assume come premessa fondamentale l’identificazione della felicità con l’atarassia o imperturbabilità, ovvero con quella serenità d’animo che consegue all’assenza di emozioni e turbamenti o, comunque, all’estirpazione radicale degli stessi. Tale comunanza di ideali fra le due principali scuole dell’ellenismo contribuisce già notevolmente a ridurre le distanze tra due filosofie considerate tradizionalmente antitetiche e inconciliabili.

La dottrina epicurea

A conferma di quanto detto, esaminerò brevemente l’etica epicurea. Quest’ultima, contrariamente a quanto si crede, appare ben lontana dall’identificarsi con la ricerca di un edonismo sfrenato e senza regole. Se è vero, infatti, che gli epicurei, diversamente dagli stoici, assumono come guida della condotta umana il piacere (virtus = η΄δονή), tuttavia tale principio non si traduce nell’invito a condurre un’esistenza dissoluta e amorale. Infatti, secondo Epicuro, non tutti i piaceri vanno perseguiti ma soltanto quelli stabili, ovvero necessari alla salute del corpo e della mente e finalizzati ad allontanare le sofferenze e i turbamenti. Tra i principali turbamenti dell’uomo Epicuro annovera il timore degli dei e della morte. In particolare, si dovranno abbandonare i piaceri inutili da cui deriva un dolore maggiore e, al contempo, sopportare i dolori da cui deriva un piacere maggiore. In tal modo, secondo l’epicureismo, l’uomo facilmente potrà accedere alla felicità, intesa come raggiungimento dell’atarassia (non soffrire nell’anima) e dell’aponia (non soffrire nel corpo). La dottrina epicurea non può pertanto confondersi con un volgare edonismo, fondamentalmente per due motivi. Il primo è che essa pone alla base della sua speculazione un ideale a cui tendere, mi riferisco espressamente alla teoria della felicità concepita come assenza di turbamento e dolore; il secondo invece è che tale etica, anche se non conferisce alla ragione quel ruolo di assoluta egemonia che le era stato riconosciuto dallo stoicismo, tuttavia assegna alla stessa una funzione fondamentale, quella cioè di discernere tra i piaceri che devono essere coltivati e quelli invece che occorre rimuovere e allontanare. A questi due motivi se ne aggiunge un terzo che contraddice l’edonismo attribuito all’epicureismo e rappresenta una novità rispetto allo stoicismo: il culto dell’amicizia (φιλία) che fu caratteristico della dottrina e della condotta pratica degli Epicurei. L’amicizia è il più grande dono che la vita ci offre. Pur derivando dall’utile, essa rappresenta un bene in sé. L’amico, secondo Epicuro, non è né chi cerca sempre il proprio utile né chi non lo cerca mai, poiché il primo considera l’amicizia semplicemente come un ‘do ut des’, il secondo, invece elimina completamente la fiduciosa speranza di aiuto che si può ricevere da un vero amico.

Conclusione

In conclusione, pur presentando evidenti aspetti di distinzione, sia lo stoicismo che l’epicureismo vedono nella filosofia la via per raggiungere la felicità, intesa come liberazione dalle passioni. Il valore che queste due dottrine assegnano alla filosofia è, dunque, puramente strumentale: il fine è il conseguimento della felicità. Mediante la filosofia l’uomo si libera da ogni desiderio irrequieto e molesto, così come da ogni opinione falsa e irragionevole e dai turbamenti che ne derivano. Solo partendo da questi presupposti si può cogliere la fondamentale unità d’ispirazione etica che anima le due grandi filosofie dell’ellenismo, diverse ma non antitetiche, opposte ma non inconciliabili.

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