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Stiamo subendo discriminazioni da giornali “

Agosto 01
21:40 2016

Il giornale online “Noicambiamo” si contraddistingue, rispetto ad altri strumenti di informazione “locale”, per alcuni aspetti sommari. E’ la voce di cittadini organizzati in un movimento politico antipartiti che ha avuto come apice l’elezione a consigliere di Adolfo Tammaro. In seguito è un giornale divenuto la voce privilegiata del M5S, non appena il movimento tammariano ha deciso la propria confluenza nel movimento di Grillo. In tutto questo arco e fino alle porte della campagna elettorale ha accolto poco e con molti commenti critici gli scritti o le iniziative dei comunisti. Dopo la campagna elettorale, aumentato il ruolo di megafono del M5S e della Giunta che ora detiene il potere a Palazzo Colonna, ha escluso del tutto, non accogliendo ormai da settimane e settimane notizie, commenti, comunicati del PCI. Un altro aspetto sommario che caratterizza il giornale è l’ospitalità riservata a commenti sociali e culturali di personalità note. Una di queste è Ivano Ciccarelli. Nella sua ultima proposizione ospitata, si cimenta con un piglio da sociologo circa la questione della povertà nel nostro Paese. Però, anche se apparentemente non è evidente, la proposizione è nettamente politica e filopadronale. Nel senso di filocapitalistica. E proprio questo vorremmo contestare.

  1. Ciccarelli sostiene che, anche in virtù dell’aumento delle fasce di povertà, si può assumere come certezza che il problema per la nostra povera Italia è endemico.

Bene. Stando a questa sua catalogazione, allora ne deriva che in altre parti d’Europa o del mondo occidentale tale fenomeno è assente. E’ così? Risulta a qualcuno che non esistano poveri (moltitudini) in Europa o negli Usa o nel resto dell’occidente capitalistico? Ovviamente non è così. Circa i numeri e le varie fonti occorre sempre ricordare che l’asticella (a seconda che contenga parametri e criteri di un certo tipo o di un altro) può alzarsi o abbassarsi. Tuttavia è sotto gli occhi di tutti che le testimonianze dirette, ovvero le diverse fonti, tutte confermano che (in Italia, in Europa e nel mondo occidentale capitalistico) le persone alla deriva sono sempre di più. Ma, appunto, non essendo affatto un fenomeno “endemico”, esso va letto come causa di un qualche effetto.

  1. Ciccarelli indica “tecnicamente” che la formula che crea povertà è la saturazione dei mercati e la sovrapproduzione delle merci.

No. E’ come dire che un incidente automobilistico è causato dalla potenza erogata dal motore. Non ci siamo proprio. Il motore spento non causa alcun incidente. Una guida sicura e prudente non causa alcun incidente. Quindi, non avere di che produrre, ovvero, produrre meno, non ha come unico parametro eliminare chi era addetto a determinate merci. Ma, si può, scegliendo, diminuire l’apporto produttivo di ognuno (lavorare meno) per consentire a tutti di partecipare al diritto al lavoro (lavorare tutti) proprio come indica la Costituzione. Che cosa cambia in questo modo? Due possibili parametri: a) lavorando meno si dà meno salario abbassando il livello di vita (ritornando vicino al tema della povertà/qualità della vita); oppure si dà lo stesso salario (questa è la proposta comunista emersa tra i temi prioritari del Programma minio del PCI dal congresso di ricostituzione del PCI di fine giugno a Bologna a cui i comunisti marinesi hanno contribuito) togliendo meno accumulo di ricchezze nelle mani (tasche) dell’uno percento della popolazione italiana.

  1. Ciccarelli critica le politiche di welfare succedutesi negli anni. Probabilmente a ragione. Ma affrontando il tema dalla coda e non dalla testa, la critica stessa ripropone l’accettazione del tema sfruttamento del lavoro/frutto del lavoro.

Infatti, pur criticabile, l’aggettivazione della sperimentazione, se denominata reddito di cittadinanza e gestita con le stesse modalità regolamentari (vedi esperienze nei comuni a cinque stelle) farraginose e con tanto di ISEE; nonché utilizzando gli stessi fondi (stornati da utilizzi precedenti) del settore welfare in cosa può mutare? Solo nella gestione. Che è fatto importante, ma non qualificante. Ecco perché, ad esempio, sempre nel programma minimo dei comunisti è inserito il reddito minimo garantito collegato non al recepimento di un contributo economico o di servizi comunali gratuitamente; ma collegato a progetti di lavoro per la dignità che ciò comporta nel caso in cui un giovane, una donna, un uomo, (fuori produzione), debbano accedere al sostegno pubblico. Cioè la parte più chiara del punto in questione: NON un contributo di carità, MA un contributo di dignità. La stessa motivazione sostiene la campagna del PCI per l’abolizione di tutti i Ticket sanitari.

CONCLUDENDO

Se è questo lo stato di cose che riguarda la povertà, ben si comprende che le scelte che determinano queste nefaste conseguenze sono in capo alle scelte di politica economica nazionale ed internazionale. Tutte e due rapportate al sistema capitalistico (di imperialismo e guerre) che gli Usa, la Ue, e i governi italiani stanno conducendo da qualche anno. Quindi il modo migliore per affrontare la povertà è capovolgere questo stato di cose. Non partire da qui significa sperare una cosa stupida. Cioè che cambiando il soggetto politico (M5S) inserito al posto di altri soggetti politici (PD e/o destra) si risolva per maggior accortezza. Non è così. Chi lo dimentica, chi lo tace per scelta, chi lo manipola, fa un grande servigio al capitalismo, ai padroni e a tutti gli sfruttatori. Per questo, sempre noi comunisti abbiamo tra i punti cardine l’uscita dell’Italia dalla NATO (corpo armato dell’imperialismo Usa), l’uscita dalla Ue (incapace di una autonoma visione proposizione politica, capace perfino di chiudere gli occhi di fronte ai BRICS che cercano di proporre una alternativa a guerre e sfruttamenti nel mondo), la fine dei governi servili di questo stampo siano essi diretti da Renzi o da altri.

Maurizio Aversa, segretario del PCI di Marino.

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