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Splendori e miserie… della tivù

Luglio 31
06:08 2018

Non mi intendo molto di lottizzazione della Rai, di spartizione e di occupazione di poltrone, anche se ne ho sempre sentito parlare. Non saprei proprio tracciarne una storia o evidenziare dei cambiamenti, nel corso del tempo.

Ma certo è che, in particolare, ho amato sempre molto la tivù. Quando ero bambina, mio padre aveva comprato la televisione e l’aveva posizionata in salotto. Dopo il mitico Carosello, però, io dovevo andare a letto. A quel tempo, erano in programma, in prima serata (non c’era la seconda), degli sceneggiati (allora si chiamavano così) che proponevano la riduzione per lo schermo di grandi capolavori della letteratura o vite di eminenti protagonisti. Recitavano, in quell’epoca, indimenticabili attori, e mi è rimasto in mente, tra i tanti, Giorgio Albertazzi.

Mio padre, che amava  trascorrere la serata davanti a quella scatola magica, mi permetteva di rimanere un po’ a guardare e io mi facevo piccola piccola, accoccolata in una poltroncina, perché si dimenticasse di me. Dopo un po’, però, arrivava mia madre, in camicia e cuffietta, che si alzava a controllare, visto che si coricava rigorosamente alle ore 20. Mi faceva filare a letto perché dovevo andare a scuola, la mattina. Poi, tornava a dormire e io, sempre più silenziosa e piccola, tornavo nella poltroncina. A quel tempo, la Rai era molto educativa, oltre a divulgare l’italiano come lingua nazionale al posto dei dialetti, e a insegnare a leggere e a scrivere a tante persone (tutti abbiamo sentito parlare di Non è mai troppo tardi, con il leggendario maestro Alberto Manzi).

Gli anni sono passati e, forse, ho cominciato a pensare che la televisione fosse filogovernativa, filoclericale, conservatrice, e che non spendesse al meglio il denaro pubblico (ne avevo trattato anche nella mia tesi di laurea). Così, mi ero parecchio allontanata, per lo meno dall’informazione.

Dopo altro tempo, si è iniziato a discutere sulla possibilità che i canali televisivi privati diventassero nazionali. Ero stata subito molto favorevole perché avevo pensato che, finalmente, l’informazione sarebbe stata plurale e si sarebbero potuti vedere più giornali, guadagnandone in formazione e crescita delle persone. Oggi, dopo anni di esperienza di quello che è stata ed è, in pratica, la tivù privata, considerati i costi-benefici di un giornalismo più aperto, non so se sarei ancora favorevole. Come insegnante, ad esempio, ho combattuto a lungo, in classe, contro il Grande Fratello, che aveva sdoganato l’ignoranza e la volgarità, e contro  molti altri programmi che hanno cambiato in peggio, giorno dopo giorno, i costumi e la morale degli italiani.

Ormai, pur di apparire nel piccolo schermo, siamo disposti a tutto; l’apparire, e non l’essere, è diventato un valore assoluto.

Insomma, la mia passione per la televisione è continuata con alterni e opposti sentimenti. Generalmente, prediligo, appunto, le notizie e la politica. Qualche anno fa, però, mi è capitato di seguire una fiction (adesso si chiamano così). Simpatica, niente di che, molto apprezzata dal pubblico. Peccato che, in una delle ultime puntate, si dicesse che la protagonista doveva perdonare e riaccogliere in casa il marito che, per un po’, se n’era andato con un’altra. Se negli anni duemila, ho pensato, una donna che lavora, autosufficiente, indipendente, intelligente, deve ancora chiudere gli occhi davanti al fallimento della sua relazione con il marito e tenersi in casa il traditore, c’è qualcosa che non va. Posso capire che dovessero farlo le nonne, senza reddito e istruzione, ma viviamo, credo, in altri tempi! Invece, cosa propone la televisione pubblica alla gente? La sudditanza della donna.

Ho smesso immediatamente di guardare le fiction.

Ma si sa, la carne è debole, le serate lunghe e, negli ultimi due anni, mi sono fatta riacchiappare dalle fiction. Questa volta, però, l’esperienza è stata, per me, molto positiva. Le storie presentavano la normalità assoluta di persone divorziate, separate, risposate, figli con problemi di tutti i tipi, persone con diversi colori della pelle, proprio come nella nostra quotidianità. E soprattutto, sono apparsi gli omosessuali e le famiglie arcobaleno, proposti con le stesse problematiche di qualsiasi altra famiglia. Questo modo di raccontare la vita, io lo ritengo un progresso della civiltà perché gli italiani hanno molto bisogno di essere educati su questi soggetti. Nei miei tanti anni di insegnamento, ho visto adolescenti, che certo non lo avrebbero mai cercato né desiderato, diventare gay perché così aveva voluto la natura. E bisogna saperlo. Come bisogna sapere che l’unico modo per combattere la violenza sulle donne, oltre alle denunce, sia educare maschi e femmine alla libertà, alle pari opportunità ma anche all’insuccesso, alla perdita. Se la tivù di stato, allora, orienta il grande pubblico, in modo piacevole, a non essere bullo, omofobico, razzista, maschilista, a rispettare la dignità di tutte le persone, compie davvero il suo servizio pubblico.

Ora, questo governo deve prendersi la Rai. Non voglio definirlo il governo dell’incompetenza ma, sicuramente, il governo di chi non ha mai studiato né lavorato, che si nutre di slogan per manipolare il ventre molle del popolo bue.

Dunque, sento dire che cambieranno i vertici secondo, forse, l’atmosfera che si coglie nell’aria. Speriamo che quest’atmosfera non ci porti tutti, come già sta accadendo purtroppo, a fare il tirassegno, che non fomenti il nostro odio e non ci permetta di sdoganare apertamente tutte le nostre bassezze, che porteranno, inevitabilmente, a un maggior numero di delitti.

Speriamo che non ci sentiamo di nuovo proporre in tivù l’angelo del focolare e molte altre vecchiezze contro quei pochi diritti che, con grande fatica e assurda lentezza, erano stati conquistati. Incrociamo le dita, come si suol dire, perché l’Italia non faccia un altro balzo all’indietro.

In ultimo, mi pare di ricordare, dato che abbondano, in questi tempi, le citazioni, fisiche e verbali, del Duce, che, allora, il popolo bue lo abbia osannato in adunate oceaniche nelle piazze. Poi, però, é stato quello stesso popolo bue che ne ha dileggiato il cadavere, orinandogli sopra e prendendolo a calci.

A conferma del fatto che le masse cambiano opinione.

Un tempo, molto lentamente, oggi velocissimamente!

Nel bene e nel male.

 

Renata Rusca Zargar

www.senzafine.info

 

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